Nan Goldin, la fotografa dei temi scomodi: “Invita a ribellarsi e celebrare l’amore come atto di resistenza”

Fino al 15 febbraio, presso HangarBicocca di Milano, sarà aperta al pubblico la mostra This Will Not End Well, prima retrospettiva dedicata al lavoro della fotografa e filmaker Nan Goldin. una delle artiste di maggior rilievo nel panorama contemporaneo. L'architetta Hala Wardé ha concepito lo spazio espositivo come una sorta di villaggio composto da diversi padiglioni, ciascuno dedicato a un'opera specifica. L'esposizione include: The Ballad of Sexual Dependency (1981-2022), The Other Side (1992-2021), Sisters Saints Sibyls (2004-2022), Fire Leap (2010-2022) e Sirens (2019-2020). Tutti questi lavori, che abbracciano un arco temporale ampio, hanno in comune l'introspezione, l'intimità delle situazioni e dei mondi presentati. Si affrontano temi delicati, temi controversi, dinanzi ai quali l'artista non è mai scappata, ma che ha anzi approfondito col suo occhio: il sesso, l'AIDS, le droghe, la comunità queer, la violenza.
Sono temi che lei ha conosciuto da vicino e che ha portato nella sua concezione artistica, che infatti è legata a doppio filo al suo vissuto personale. Il racconto si trasforma in indagine dell'esperienza umana, facendo quindi sia da testimonianza di un'epoca che da approfondimento più ampio, generazionale. Molti degli scatti, ritraggono suoi amici, familiari, partner, conoscenti. La novità è l'installazione sonora Bleeding (2025) di Soundwalk Collective, realizzata in stretta collaborazione con l'artista, che fa da accompagnamento uditivo nel viaggio dentro il mondo di Nan Goldin. Le curatrici Roberta Tenconi e Lucia Aspesi, intervistate da Fanpage.it, hanno approfondito la natura della mostra.

Perché "This Will Not End Well" quindi "Non finirà bene"?
"Non finirà bene" è ovviamente un paradosso e come tutti i paradossi, non necessariamente rispetta le previsioni. Riflette perfettamente il momento che stiamo vivendo, ma lascia sempre aperta la porta a una smentita.
Cosa vuole dirci l’artista con "You Never Did Anything Wrong"? Cosa ha di diverso dagli altri lavori?
Questa è forse l'opera più astratta e spirituale di Nan Goldin. I Il titolo è tratto da un'epigrafe che l’artista ha trovato sulla lapide in un cimitero di animali. Le immagini alternano lo sguardo intenso di cani, gatti, uccelli, lupi e una tartaruga, tutti protagonisti silenziosi ma eloquenti, alla ripresa di un'eclissi, da cui si dipana un'oscurità quasi mitologica. L’opera si ispira infatti a degli antichi miti in cui sono gli animali a rubare il Sole, provocando l'eclissi. L'opera racconta di un mondo senza persone e ci parla della coscienza delle altre specie e della condizione condivisa dell'abitare il pianeta.

In che modo la fotografa ha ridefinito il rapporto tra arte e vita privata?
Nan Goldin è una narratrice magistrale della quotidianità: le sue fotografie, nate da un impulso profondamente soggettivo, si aprono a una dimensione universale. Attraverso l'esplorazione di temi come l'infanzia, l'identità, la violenza e la dipendenza, le sue immagini restituiscono con forza l’impatto politico ed emotivo di storie spesso relegate ai margini. In questo racconto visivo, la dolcezza e il dolore si intrecciano, componendo un ritratto sincero e potente della nostra esistenza.
Come è cambiato nel tempo il suo uso di slideshow?
Nell'arco di circa trent'anni gli slideshow si sono evoluti in modo significativo, passando da sequenze fotografiche a vere e proprie opere immersive. Dopo "The Ballad of Sexual Dependency", Goldin ha realizzato una dozzina di slideshow, in cui la componente formale e il linguaggio filmico si sono fatti via via più complessi: fonti analogiche e digitali, immagini in movimento, suoni sovrapposti e narrazioni vocali si mescolano per creare emozioni. Ad esempio, "Sisters, Saints, Sybils" (2004-22) si sviluppa su tre schermi, integra estratti video e la voce narrante dell’artista, dando vita a un tributo struggente a tutte le donne intrappolate. "Stendhal Syndrome" (2024) mette in dialogo fotografie di amici con immagini di corpi e gesti tratti da opere d'arte di Canova, Caravaggio, Tiziano. Mentre "Sirens" (2019-20) esplora l'estasi indotta dalle droghe attraverso un montaggio di brevi sequenze da trenta film tra cui Carmelo Bene e Andy Warhol, accompagnati da una colonna sonora originale firmata da Mica Levi.

Nan Goldin ha firmato la lettera per chiedere l'esclusione di Israele dalla Biennale di Venezia e ha accusato Israele di genocidio. Ha dichiarato: "Il mio mercato è crollato da un giorno all’altro a causa del mio sostegno alla Palestina". La fotografa che rapporto ha con l’attivismo e come ha influito sulla sua carriera portare avanti temi scomodi?
Il lavoro di Goldin ha sempre avuto anche una forma di attivismo. Non ha mai esitato ad affrontare gli aspetti più drammatici della nostra società, che si tratti della crisi dell’AIDS, dell'epidemia da oppioidi o della lotta per la giustizia e la dignità. La sua arte è un invito ad abbracciare liberamente la propria identità, a ribellarsi contro l'ingiustizia e a celebrare l'amore e l'amicizia come atti di resistenza.