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Perché i giovani non sanno più instaurare relazioni: i segnali da non sottovalutare

L’isolamento della pandemia ha fatto crescere i casi di ansia sociale nei giovani. Scuola e famiglia sono decisivi per riconoscere il problema e intervenire.
Intervista a Dott. Francesco Cuniberti
psichiatra presso Humanitas Pio X
A cura di Giusy Dente
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Quante volte abbiamo sentito dire frasi del tipo: "È solo un po' timido" oppure "Colpa dell'adolescenza"? Sicuramente alcune fasi della crescita sono più problematiche di altre, ma se per alcuni i momenti di disagio sono solo passeggeri, frutto di superabili difficoltà quotidiane, per altri si tratta di un malessere ben più radicato. Lo psichiatra Francesco Cuniberti ha notato, nei genitori, la tendenza a sottovalutare a volte alcuni campanelli d'allarme, come se ci fosse ancora un certo stigma sui problemi legati all'ansia. Parlare coi propri figli, instaurare un buon dialogo, è la chiave per poterli realmente supportare quando si fanno avanti certe crisi, per evitare che passino inosservate. Intervenire in modo tempestivo agevola la risoluzione del problema, che in alcuni casi si trascina per anni, diventando cronico.

Perché l'ansia sociale nei giovani è in aumento

"C'è di sicuro un aumento di questa problematica e un generale aumento delle richieste di visite. I ragazzi hanno grosse difficoltà" ha ammesso l'esperto. Una delle cause è l'isolamento del periodo del Covid: "Per tanti ragazzi doveva essere il periodo delle prime esperienze, del primo approccio, delle interazioni: quindi quella fascia lì, soprattutto adolescenti, ha patito di più la chiusura e sembra che abbia maggiori difficoltà adesso rispetto ai bambini più piccoli, che ora sono invece nella fase adolescenziale".

Il problema dell'ansia sociale si sta rivelando molto collegato anche all'utilizzo dei social media, piattaforme su cui si trascorre un tempo preoccupantemente in aumento: "Non puoi passare la vita a chattare, hai bisogno anche di interazioni dal vivo. Quando sei in una comunità in cui devi essere sempre prestazionale, sempre perfetto, sempre al massimo è difficile. Questi ragazzi vedono continuamente sui social immagini di corpi perfetti, capelli perfetti, trucchi perfetti: ti senti un disastro. Non tutti reggono questo peso e da lì poi nascono tanti problemi tra cui anche quelli da ansia".

Alcuni studi hanno evidenziato anche una maggiore predisposizione all'ansia sociale nei soggetti molto attivi col gaming online. Si tratta di una sorta di meccanismo di difesa, un modo per esercitare virtualmente quel controllo che non si riesce ad avere nella realtà. In particolare, ha sottolineato l'esperto: "I giocatori online che sperimentano sintomi di ansia sociale hanno maggiori probabilità di altri di rimanere bloccati nei giochi, che forniscono un'alternativa alle interazioni sociali della vita reale e consentono di evitare il disagio legato alle interazioni sociali faccia a faccia. Il mondo virtuale dei giochi online può servire come luogo sicuro per acquisire amici e stabilire relazioni per giocatori socialmente ansiosi che valutano la comunicazione online come meno rischiosa e più efficace di quella faccia a faccia".

Cosa possono fare scuola e famiglia

I genitori e la scuola hanno un ruolo fondamentale, ma serve sensibilità: "Il proibizionismo non funziona. Bisogna parlarne, bisogna fare attenzione a come li usano per capire che cosa fanno, soprattutto se sono tanto giovani. E bisogna ovviamente vedere tutto quello che è l'utilizzo del social rispetto alla vita reale: se passano ore e ore tra game e Tiktok bisogna intervenire, ma bisogna intervenire prima di arrivare a questo punto. Vietarlo da un giorno all'altro causa crisi, agitazione, compromissione del rapporto: bisogna fare molta attenzione e parlarne piuttosto con medici specialisti". Purtroppo, invece, si tende a sottovalutare il problema: "Molto spesso si dice: è timido, è fatto così, è l'adolescenza. Invece c'è chi magari è in un periodo di difficoltà passeggero, ma c'è anche chi ha veramente bisogno di un aiuto e quindi di maggiore attenzione".

I segnali da non sottovalutare

Il primo campanello d'allarme sono i cambiamenti rispetto a tutto quello che veniva normalmente fatto nel quotidiano: "Non vuole andare più a scuola, aumento delle richiesta di uscita anticipata, voti che cambiano, una maggiore chiusura rispetto a prima, magari evita di andare a fare sport. Ecco lo sport è fondamentale, non solo contro l'ansia, ma anche per scaricare le tensioni e combattere lo stress. Soprattutto quelli di squadra aiutano non solo nello sviluppo del fisico, ma anche nell'interazione e nel confronto, con gli adulti e con i pari. Ma insegnano anche il rispetto delle regole e la disciplina. I genitori devono essere molto più presenti per capire quando ci sono dei segnali d'allarme, di chiusura, di evitamento. Bisogna parlare in famiglia, ma questo sempre, non solo quando c'è qualcosa che non va. Perché proprio in quei momento, il ragazzo che non è abituato a parlare e a confrontarsi non verrà a dirti i suoi problemi. Tu genitore quanto tempo hai investito, fin da quando era piccolo, a parlare e confrontarti con tuo figlio? A utilizzare un dialogo con lui? Non è qualcosa che cambia da un giorno all'altro. Spesso sono i nonni che se ne accorgono di più. L'Italia va avanti grazie a loro sia economicamente sia nel mantenimento appunto dei nipoti. Quando ci sono dei cambiamenti, quello deve essere un segnale d'allarme".

L'ansia sociale ha una maggiore incidenza nella giovane età, ma è un problema che si può trascinare per anni e anni se non si interviene: "I genitori devono accettare che gli si venga detto: c'è qualcosa che non va e bisogna intervenire. Non tutti i genitori sono pronti a sentirselo dire. Magari ne soffrono anche loro, si vergognano: c'è ancora tanto stigma e pregiudizio. Un problema di ansia non è la fine del mondo, si può intervenire. Aiutarlo da piccolo è più facile che farlo da adulto. Io vedo tanti universitari che mi dicono: avevo già tanta ansia quando ero al liceo e non hanno mai fatto nulla. L'ansia sociale se non curata diventa cronica e si agisce con più difficoltà. Prima si riconosce il problema, prima intervieni e prima hai dei risultati e un miglioramento. Ovviamente ci deve essere anche una predisposizione biologica, molto spesso anche in famiglia ci sono queste problematiche di ansia che non sono state affrontate che si trascinano: non è solo crescere in un ambiente ansioso che ti fa diventare ansioso, deve esserci anche una predisposizione. I fattori esterni, ambientali, sociali hanno un ruolo importantissimo e non si possono trascurare. Ma se sulla genetica e la biologia possiamo fare poco, su tutto il resto sì".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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