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Cosa mangiare per evitare la pancia gonfia. I consigli del dietologo contro il gonfiore addominale

Il gonfiore addominale è causato da un accumulo di gas nell’intestino o nello stomaco. Ecco alcuni consigli dell’esperto per non incorrere in questa problematica.
Intervista a Dott. Ciro Vestita
medico dietologo e docente in nutrizione umana e fitoterapia all’Università di Pisa
A cura di Eleonora Di Nonno
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Ho le farfalle nello stomaco” o anche “Se ci penso mi si stringe lo stomaco”. Non sono solo modi di dire ma anche indizi che il nostro intestino è una sorta di “secondo cervello”: elabora stimoli interni ed esterni, ha un ruolo centrale per lo sviluppo del sistema immunitario ed è fondamentale per assorbire nutrienti. Nei periodi di forte stress il corpo aumenta la produzione di cortisolo, un ormone che agisce negativamente sul sistema digestivo, causando gonfiore addominale. Una condizione che è dovuta anche ad altre patologie, come intolleranze o sindrome del colon irritabile. Spesso, però, il gonfiore addominale è la diretta conseguenza di una dieta ricca di cibi che creano fermentazione o di abitudini alimentari scorrette. Contattato da Fanpage.it Ciro Vestita, medico dietologo e docente in nutrizione presso l'Università di Pisa, ha fornito alcuni consigli utili per evitare di incorrere in questa problematica.

Da cosa dipende il gonfiore addominale

Il gonfiore addominale, cioè la sensazione di avere la “pancia gonfia”, è dovuta ad un accumulo di gas nell’intestino o nello stomaco. “Quando non sono presenti patologie, il gonfiore dipende soprattutto dal fatto che tutti noi mangiamo di fretta – spiega il nutrizionista Vestita – Bisogna mangiare lentamente e masticare a lungo il cibo. I latini dicevano “prima digestio fit in ore” ed è così. La prima digestione avviene in bocca”. Non si tratta di un consiglio banale, all’interno della saliva è infatti presente un enzima che permette di pre-digerire gli amidi. Se questo enzima non agisce, gli amidi arrivano nella pancia causando fermentazione e gonfiore. È poi vero il detto popolare: “quando si mangia, non si parla”, una buona norma che impedisce di ingerire troppa aria che andrà poi ad accumularsi nello stomaco e nell’intestino.

Quali cibi scegliere se si soffre di gonfiore addominale

È importante, almeno nella fase acuta del problema, limitare i cibi che creano fermentazione. “Da consumare in maggiore quantità sono gli alimenti nobili. Mi riferisco ai cereali e ai semi oleosi – assicura Ciro Vestita – Zuppe con farro, avena, orzo o miglio sono l’ideale sia per l’alto grado di digeribilità, sia perché si tratta di cibi antinfiammatori (anche molto economici). Sconsiglio vivamente i piatti troppo conditi”. Da evitare sarebbero le bevande zuccherate. “Le tisane sono ottime alleate per il gonfiore addominale. In primis c’è il decotto di zenzero: basta prenderne un po’ e farlo bollire in 300g di acqua e bere una tazzina dopo i pasti. Questo rimedio favorisce una buona digestione” aggiunge Ciro Vestita. Molto utili sono anche aneto, semi di finocchio, cumino o menta, piante aromatiche da inserire nei piatti per stimolare il processo digestivo.

Quali abitudini alimentari seguire

Il nostro stomaco è come un motore, dandogli continuamente benzina si ingolfa. In caso di gonfiore addominale sarebbe meglio evitare spuntini frequenti – continua il nutrizionista – Se proprio si ha voglia di uno snack, sempre meglio preferire la frutta. In particolare la banana che è un alimento completo, ricco di potassio, sali minerali e vitamine”. Un modo per evitare di avere fame fuori dai pasti, facendo quindi tante piccole merende durante la giornata, è quello di seguire il detto della tradizione popolare: "una colazione da re, un pranzo da principe e una cena da povero". Una massima che permette anche di mantenere in salute il proprio organismo. Accanto a questa raccomandazione c'è il consiglio di “mangiare secondo le stagioni”, ovvero una strategia che permette di comprare sempre alimenti al massimo della qualità e dei nutrienti.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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