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Aumentano i casi di acne tra i giovani, il dermatologo: “Si minimizza ma è vera sofferenza psicologica”

L’esperto ha chiarito a Fanpage.it che l’acne è un problema da non minimizzare: “Trattarla non è questione di vanità, ma di benessere”.
Intervista a Prof. Santo Raffaele Mercuri
primario dell'Unità di Dermatologia dell'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano
A cura di Giusy Dente
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Sui social da alcuni anni si è diffuso un hashtag diventato virale: si è cominciato a parlare di skin positive. Il movimento è una sorta di urlo liberatorio da parte di chi, per tutta la vita, si è sentito in difetto, sbagliato a causa della propria pelle, schiavo del fondotinta per coprire i brufoli. L'acne è un problema che si tende a sottovalutare: non è questione di estetica. Ha un impatto psicologico molto serio. Quando diventa un'ossessione, si ripercuote sulla qualità della vita, sull'umore, sulle relazioni sociali. Se l'approccio iniziale, sui social (il luogo della perfezione), era nascondere la "imperfezione", con la skin positive si è cominciato a normalizzarla e mostrarla, per far capire soprattutto ai più giovani che non bisogna vergognarsi, che quello con l'acne è un percorso complesso, ma che si può accettare e affrontare. Ovviamente sono i giovani a pagare di più le conseguenze: comprensibilmente sono i più legati all'immagine, all'apparenza. Proprio i casi di acne giovanile sono in aumento, ma parallelamente cresce anche il numero di chi chiede aiuto, riconoscendo una problematica seria, da trattare in modo mirato con dei professionisti. Fanpage.it ne ha parlato proprio col primario dell'Unità di Dermatologia dell'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.

È vero che i casi di acne tra i giovani sono in aumento?

Sì, le stime internazionali indicano che, dal 1990 al 2021, il peso complessivo dell’acne è aumentato a livello globale. In altre parole, non solo l’acne resta molto comune, ma complessivamente riguarda più persone rispetto a qualche decennio fa. Il picco rimane quello tipico dell’adolescenza, soprattutto tra i 15 e i 19 anni. Un elemento interessante, però, è che l’aumento nel tempo sembra essere più evidente nelle età
ancora più giovani, per esempio tra i 10 e i 14 anni, cioè con una comparsa o almeno una maggiore emersione più precoce. Va anche detto che l’acne è talmente frequente nei ragazzi che parlare solo di aumento può essere fuorviante: è una condizione molto comune da sempre in adolescenza. Quello che oggi appare in crescita, oltre ai numeri complessivi, è anche la domanda di cura: più giovani e famiglie si fanno valutare prima e iniziano trattamenti precoci, spesso con l’obiettivo di ridurre l’infiammazione e prevenire macchie e cicatrici.

Da cosa ha origine?

L’acne non è solo brufoli: è una malattia infiammatoria del follicolo pilo-sebaceo. In chi è predisposto si combinano quattro meccanismi principali: aumento del sebo (spinto anche dagli androgeni della pubertà), alterata cheratinizzazione con tappo del follicolo (comedoni), proliferazione di Cutibacterium acnes e infiammazione. Fattori che possono modulare o peggiorare un’acne già presente includono genetica,
stress, cosmetici o prodotti occlusivi/comedogeni, frizione meccanica (per esempio mascherine, casco), fumo, in una parte dei pazienti pattern alimentari ad alto carico glicemico e alcuni latticini.

La genetica che ruolo ha?

La genetica conta molto: studi sui gemelli stimano una componente ereditaria elevata (ordine di grandezza fino a circa 80% della variabilità) e studi genetici recenti confermano che l’acne è un tratto complesso con molte varianti coinvolte. Questo non significa che è colpa dei geni e basta: i comportamenti possono peggiorare l’andamento, ad esempio manipolare/spremere le lesioni, usare detergenti aggressivi o scrub irritanti, applicare cosmetici comedogeni, esporsi a frizione continua, fumare, sottovalutare lo stress e alcuni eccessi dietetici (alto carico glicemico).

Come si cura?

Non esiste una cura unica valida per tutti, ma esiste un percorso molto ben codificato. Si parte dalla valutazione di quanto è infiammatoria, da quante lesioni ci sono, da dove sono, da quanto tempo stanno lasciando segni e da quanto tempo la persona ne soffre. L’obiettivo non è solo far sparire i brufoli oggi, ma spegnere l’infiammazione in modo stabile e soprattutto prevenire macchie e cicatrici, che sono la vera eredità dell’acne.

Come cambia quindi la terapia, a seconda della gravità del caso?

Nelle forme più lievi o soprattutto comedoniche, spesso basta impostare bene la base: una skincare semplice e non aggressiva e una terapia locale fatta con costanza. I cardini sono i retinoidi topici e il perossido di benzoile, a volte l’acido azelaico o combinazioni già pronte. È importante chiarire che i risultati non sono immediati: di solito servono settimane e se si molla troppo presto si ha l’impressione che non funzioni nulla, quando in realtà non si è dato tempo alla terapia di fare effetto. Quando l’acne è più infiammatoria e moderata, la logica è alzare l’intensità ma senza abusare di antibiotici. Le linee guida sono molto nette: gli antibiotici, se servono, si usano per periodi limitati, idealmente non oltre i 3 mesi, sempre in associazione a una terapia topica e con una rivalutazione dopo 6-8 settimane per capire se si sta andando nella direzione giusta. E si evita, per quanto possibile, la combinazione di antibiotico topico e antibiotico per bocca insieme. In molte ragazze, quando ci sono segnali o sospetti di una componente ormonale, può avere senso affiancare una valutazione mirata e considerare opzioni specifiche: anche questo rientra
nel trattamento personalizzato. Nelle forme severe, nodulo-cistiche, rapidamente cicatriziali, molto impattanti sul piano psicologico o resistenti ai passaggi standard, l’isotretinoina orale rimane la terapia più efficace, ma va gestita con monitoraggio specialistico e con tutte le precauzioni note, soprattutto nelle donne in età fertile. È spesso la scelta che consente di cambiare davvero la storia della malattia e ridurre il rischio di esiti permanenti, se usata bene e al momento giusto.

Quando si agisce, invece, sulla cicatrici?

Prima si controlla l’acne attiva, poi si ragiona sugli esiti. Le cicatrici si trattano quando l’infiammazione è spenta o ben controllata, perché altrimenti è come riparare mentre il problema è ancora in corso. A quel punto si valutano procedure come laser, peeling o tecniche combinate, scelte in base al tipo di cicatrice e al fototipo. I dati clinici disponibili finora, su acne moderata-severa, sono incoraggianti: riduzioni importanti delle lesioni infiammatorie e un miglioramento che può continuare nei mesi successivi, con un profilo di sicurezza favorevole anche su diversi tipi di pelle. In pratica è un’opzione per adolescenti e adulti selezionati, soprattutto quando le terapie standard non bastano o quando si vogliono evitare farmaci sistemici; spesso si inserisce in un percorso combinato con skincare e, se serve, altre terapie mirate.

L'acne ha ripercussioni psicologiche?

Sì e vale la pena dirlo con chiarezza perché spesso viene minimizzato. L’acne colpisce il volto, cioè la parte più sociale di noi e arriva proprio in un’età in cui immagine, accettazione e giudizio dei pari contano moltissimo. Anche un’acne non gravissima, se è visibile e continua, può pesare su autostima, relazioni, vita scolastica o sportiva. E può associarsi a ansia, umore basso, ritiro sociale, fino a forme di vera sofferenza psicologica.
In visita andrebbe fatta una domanda semplice e diretta: “Quanto ti condiziona nella vita quotidiana?”. Perché a volte la gravità clinica non corrisponde all’impatto emotivo. Trattare bene l’acne significa anche proteggere la qualità di vita, non solo la pelle. E questo è un messaggio importante per i genitori: non è vanità, è benessere. Inoltre, intervenire presto riduce il rischio di cicatrici, che sono spesso la parte più difficile da gestire e che possono avere un impatto psicologico ancora più duraturo.

Si guarisce definitivamente dall'acne o torna in età adulta in soggetti predisposti?

Nella maggior parte dei ragazzi l’acne tende a migliorare con la fine dell’adolescenza, ma non sempre sparisce per sempre. Va interpretata come una condizione che spesso ha un decorso a fasi: periodi migliori e periodi di riacutizzazione. In chi è predisposto può persistere, oppure ricomparire più avanti, anche in età adulta. E nelle donne non è raro vedere acne adulta o recidive legate a oscillazioni ormonali, stress, cosmetici o cambi di routine. Per questo, l’obiettivo non è soltanto spegnere l’episodio, ma impostare un percorso: terapia d’attacco per controllare l’infiammazione e, quando serve, una terapia di mantenimento per prevenire le ricadute. È un cambio di mentalità che aiuta molto: non è una sconfitta se torna, è una condizione che in alcuni soggetti va gestita nel tempo, con strategie progressive e personalizzate. In pratica: prima si controlla bene, poi si stabilizza e si riduce il rischio di segni permanenti.

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