Perché Sinner ha ripreso Ferrara dopo averlo licenziato: i motivi di una scelta forte e impopolare

Perché Jannik Sinner abbia scelto di affidarsi di nuovo a Umberto Ferrara, è risposta che possono dare solo lui e i più stretti collaboratori. Licenziò il preparatore atletico dopo essere inciampato nel doping per la positività (sia pure infinitesimale) al Clostebol, oggi lo ha richiamato. Ci sono almeno tre, quattro deduzioni ipotetiche a corredo di una scelta del genere, che è una retromarcia clamorosa rispetto alle frasi pronunciate a suo tempo per chiudere il rapporto non senza aver meditato abbastanza: "non mi sento più così tranquillo di continuare con loro" rinforzato da "l'unica cosa di cui ho bisogno ora è aria pulita". Eppure c'è stato qualcosa che ha convinto il fresco vincitore di Wimbledon a turarsi il naso (espressione forte, che rende bene l'idea di una mossa impopolare) e a mettere una pietra sul passato.
Ferrara è la persona che ha costruito la crescita di Sinner fino all'exploit internazionale. Se è diventato il più forte, il merito è indiscutibilmente anche dei consigli, delle dritte, delle tabelle sfiancanti ordite dal professionista. In buona sostanza, è uno di quelli che lo ha portato al top del tennis mondiale e Jannik è lì che vuole restare. La stima nei confronti del preparatore (che non è stato mai fermato e per un po' ha affiancato Matteo Berrettini) è rimasta immutata e il ragionamento a posteriori, scevro dell'emotività e dell'opportunità del momento, a bufera ormai dissolta, si spiega perché consapevole delle sue qualità e mette davanti a ogni più acerrima illazione dei detrattori proprio il lavoro che può svolgere con Ferrara, memore dei benefici.

Sinner ha più volte ribadito innocenza e buonafede in una vicenda nella quale è convinto di essere cascato senza alcuna colpa personale, che gli errori commessi siano stati frutto solo di una leggerezza. E questa opzione non fa altro che sottolinearlo.
Altra considerazione: aver ripreso Ferrara significa anche che Sinner reputi vero e unico responsabile il fisioterapista, Giacomo Naldi. Era stato sì il preparatore a consigliargli la crema dello scandalo perché si prendesse cura dei muscoli dell'alto-atesino ma lo fece senza le dovute precauzioni (non aveva i guanti) e gli trasmise la sostanza vietata per via transdermica dopo aver lui stesso utilizzato quella pomata per medicarsi una ferita. Avrebbe voluto raccontare la sua versione, non fu possibile. A Indian Wells il pasticcio venne a galla, della vicenda si seppe tutto solo in seguito (con il verdetto dell'ITIA) fino all'epilogo dell'accordo con la Wada sulla sospensione di 3 mesi.
Ultima riflessione. Sinner ha già dimostrato di essere impermeabile rispetto al battage che si riverbera sui social (fosse per lui, li spegnerebbe), di avere spalle larghe a sufficienza per reggere pure all'urto mediatico e all'angoscia di certe situazioni, badare il giusto a questioni di "immagine", non lasciarsi influenzare perfino dalle posizioni più scettiche espresse dai colleghi (come Novak Djokovic anche attraverso il sindacato che ha fondato). Anzi, per il modo di rapportarsi a tutto ciò che non fa parte del suo cerchio magico, l'immagine passa da ciò che avviene in campo: gioco, vinco o perdo, sono quello che vedete.

Adesso, dopo aver dato il benservito a Marco Panichi (e al massaggiatore, Ulises Badio), ha fatto un passo indietro lasciando tutti di stucco. Perdono, necessità, buonsenso, reminiscenze di credito professionale o forse altro ancora: le reali motivazioni della risoluzione sono nella testa del numero uno al mondo proiettato verso l'US Open, di cui è detentore. Sono fatti suoi, nel bene o nel male.