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Filippo Volandri: “Sinner non avrebbe mai potuto lasciare il tennis per una colpa che non era sua”

Filippo Volandri in una lunga intervista a Fanpage.it ha parlato dell’imminente ritorno in campo di Sinner a Roma, soffermandosi su diversi argomenti. Il capitano della squadra italiana di Davis ha voluto disinnescare le polemiche.
A cura di Marco Beltrami
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Filippo Volandri non si ferma mai. Il capitano della squadra italiana vincitrice delle ultime due edizioni della Coppa Davis è sempre al lavoro per seguire i suoi giocatori. Allenamenti, tornei, e così via, l'ex tennista numero 25 del mondo non perde occasione per poter valutare i tanti portacolori azzurri che potrebbero essere utili alla causa, confrontandosi anche con i rispettivi team.

Con lui ai microfoni di Fanpage.it abbiamo parlato anche dell'imminente ritorno di Sinner a Roma, soffermandoci inevitabilmente sui momenti di difficoltà vissuti da Jannik, sulle sue attuali condizioni e sugli scenari post sospensione. Volandri ha anche voluto spegnere le polemiche intorno al numero uno al mondo, innescate da alcune dichiarazioni di altri sportivi, come Federica Pellegrini.

Capitano, senti ancora addosso i brividi delle emozioni del duplice trionfo in Davis o sei già proiettato verso i prossimi impegni?
"Vedere il trofeo della Davis girare per le regioni e le province ci rende orgogliosi. Il nuovo obiettivo è già iniziato perché abbiamo le fasi finali della Davis in Italia per i prossimi tre anni e dovremo cercare di fare nuovamente bene".

Hai un momento della doppia vittoria che ti fa emozionare al solo pensiero, qualcosa che porti sempre con te al di là dei risultati?
"Ce n'è più di uno. È sicuramente emozionante quando mi riunisco con i ragazzi per prendere decisioni importanti stando tutti sulla stessa barca. Quella è la parte che a me piace di più. Anche la scelta non scontata contro l'Argentina di puntare sul doppio di Jannik e Matteo, nonostante avessimo due giocatori come Vavassori e Bolelli che formano una coppia fortissima. Il fatto di trovare Andrea e Simone disponibili anche a fare il tifo per gli altri mi ha emozionato moltissimo".

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La sensazione è che comunque chiunque vesta l'azzurro si ritrovi perfettamente integrato e pronto a dare il suo contributo.
"È qualcosa che parte da lontanissimo, non solo quando si è nelle settimane di Davis ma anche quando noi con lo staff della Federazione giriamo e stiamo con loro, con i loro allenatori. Parte dal settore tecnico, di cui io nel maschile sono il direttore: ho la fortuna e il privilegio di lavorare con questi ragazzi da quando sono piccoli. Questo aiuta molto, lo spirito di squadra è molto forte".

Anche perché il tuo lavoro non è solo nelle fasi più calde della Davis, ma è costante durante tutto l'anno.
"Non ho i raduni come l'allenatore della Nazionale di calcio o di pallacanestro. Non ho la possibilità di raggruppare i ragazzi in determinati periodi dell'anno, quindi vado nelle loro sedi di allenamento o sto con loro e seguo i loro allenamenti durante i tornei. Un grande dispendio di energie durante i viaggi non scontato, che però porta grandi risultati. Io e Tathiana Garbin siamo tra i capitani che girano di più il circuito nel mondo".

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Veniamo a Sinner, come lo hai visto nelle interviste e nel periodo della sospensione?
"Non lo vedo perché in realtà non l'ho potuto vedere per un po' di tempo. Lo aspetto come tutti a Roma. Sono stato in contatto con Simone Vagnozzi che mi ha detto che le cose stanno andando nel verso giusto, che Jannik è motivato e si sta allenando bene. Lui come sempre trova il buono anche nelle situazioni difficili. Ha approfittato di questa pausa per fare un lavoro fisico che un tennista magari non ha la possibilità di fare solitamente durante l'anno. Avere così tante settimane a disposizione per lavorare capita raramente. Ha sfruttato la pausa nel migliore dei modi".

A Roma ci sarà un'atmosfera magica e tanta pressione, pensi che lui possa accusare questo peso?
"Roma non è un torneo normale per un italiano, ma è particolare perché tutti si aspettano tanto da te e tu assolutamente vuoi far bene perché è il torneo di casa. Parlando di Jannik, se c'è un giocatore che ha le spalle larghe per poter gestire questo è lui, e sono sicuro che lo farà al meglio. Poi nel caso dovremo avere un po' di pazienza perché tre mesi sono tanti per un tennista lontano dalle gare, ma sono sicuro che farà bene".

Ci vorrà dunque un po' di rodaggio per il numero uno al mondo?
"Il ritmo partita non te lo dà nessun allenamento. Perché nessun allenamento replica quanto si prova in una partita. Jannik avrà bisogno magari di una, due o tre partite per entrare in quel ritmo lì. Forse non sarà il miglior Sinner all'esordio, ma lui ha talmente tante armi che credo che in breve tempo tornerà a essere il giocatore a cui siamo abituati".

Ti ha colpito il fatto che abbia ammesso di aver pensato anche di smettere?
"Ci sono sempre dei momenti complicati in cui dobbiamo essere vicini ai giocatori. Ma credo che Jannik abbia ricevuto talmente tanto affetto dalle persone alle quali reputa di dover prestare attenzione, rispetto ad altre alle quali non offre il suo tempo, da poter superare i momenti difficili. Soprattutto nel suo caso dove si è ritrovato da innocente a scontare un periodo di stop così lungo. Non ho nessun dubbio sul fatto che lui non abbia pensato veramente di lasciare questo sport che ama. Perché è un esempio talmente tanto importante e lui sente la responsabilità di esserlo, da non poter lasciare tutto per una non colpa".

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Capitano, sei sempre stato impeccabile nel disinnescare le polemiche in passato, cosa pensi di chi non è stato tenero con Sinner,  compresi altri sportivi di livello come Federica Pellegrini?
"Di tutta questa storia ho apprezzato soprattutto quelli che hanno detto che non si sarebbero espressi perché non avevano le competenze o le informazioni per poterlo fare. Quando io sento persone che giudicano, come per esempio nel caso della Pellegrini, penso magari ha una laurea magistrale in giurisprudenza e noi non ne eravamo a conoscenza, quindi è un avvocato e non lo sapevamo, o si è letta le oltre 40 pagine della sentenza. Ma anche nel caso in cui dovesse averle lette ha dimostrato di non averle capite. Quando poi addirittura provano a emettere le sentenze, quello mi fa storcere il naso. O sei competente e allora hai tutto il diritto di dare un’opinione oppure non sei competente e allora apprezzo quelli che lo hanno ammesso e non si sono esposti. Non vedo la disparità di gestione rispetto ad altri casi, perché tutti i casi sono alla fine diversi".

Infatti chi non si è documentato non ha capito che non c'è stata alcuna disparità di trattamento tra Sinner e altri colleghi.
"Nel caso di Sinner in meno di 48 ore è stata certificata una serie di azioni documentate che ne hanno provato l’innocenza. Quindi quando sento parlare di sospensione mi chiedo: ma sospensione di cosa? In altri casi ci hanno messo mesi per capire il motivo della contaminazione, ma qui non è stato così. A quel punto, quando tu documenti in maniera rapida quello che è successo ed è tutto lampante, non capisco perché Jannik avrebbe dovuto subire una sospensione. Tornando alla Pellegrini ripeto: o ha una laurea di cui non eravamo a conoscenza o ha letto le 40 pagine della sentenza e probabilmente non le ha capite oppure ancora non le ha lette e ha sparato una sentenza sua senza essersi documentata".

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Lo stesso Sinner ha rivelato che non augurerebbe a nessuno di passare quello che ha passato lui.
"Sinner è stato vittima delle circostanze, come documentato. Reputato non colpevole, ha dovuto subire una sospensione per responsabilità oggettiva su un membro del proprio team. Anche lì io non ho la competenza giuridica per poter arrivare fino in fondo. Ma chi si esprime o lo fa perché ha le competenze oppure sarebbe meglio documentarsi o stare zitti".

Tornando al campo, cosa è successo a Zverev e Alcaraz in questi mesi? Hanno accusato la pressione dell'assenza di Jannik?
"Questo lo ha riconosciuto proprio Alcaraz. Nel momento in cui tutti si aspettavano che lui facesse bottino pieno, ha sentito la pressione. Il tennis di oggi non è solo fatto di tecnica o tattica, ma c’è tanta parte mentale e questo incide sulle prestazioni di Alcaraz o sulle scelte di Zverev che decide di andare in Sudamerica. Andare a giocare lì sulla terra è stata una scelta discutibile e lui stesso lo ha ammesso, riconoscendo l’errore di programmazione. Dall’altra parte, nonostante Jannik non fosse in gara, ci sono state le conferme dal punto di vista italiano che il sistema funziona. Sono arrivati i risultati di Musetti, Berrettini, Cobolli, Darderi, Arnaldi… Insomma, quelli di tutti gli altri. Con il numero uno ai box arrivano i risultati dei nostri".

E pensare che prima del trionfo di Cobolli in Romania, non erano mancate le critiche per l'inizio di stagione. Non pensi che manchi un po' di equilibrio?
"In Italia ci vorrebbe un po’ di equilibrio. È normale dopo una prima stagione strepitosa, avere un momento di assestamento, è fisiologico e poi si riparte. È un po’ come una prima volta, così come lo è stato per Arnaldi che si è riconfermato. Insomma, i ragazzi è importante che facciano sempre un passetto in avanti".

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Una notizia buona, ovvero la crescita di Musetti, e una cattiva cioè il problema fisico di Berrettini. Che ne pensi?
"Possiamo anche chiamarlo problema, anche se problema per me non è perché per Matteo è soltanto tutto positivo. Lui è da settembre dell’anno scorso che si allena e compete con continuità, con netto miglioramento settimana dopo settimana e questa è già la notizia più bella del mondo. Se poi arriva un mini-stop ci sta, capita a tutti ed è ovvio che essendo alle porte di Roma ci voglia arrivare al cento per cento e quindi appena sente un fastidio preferisce fermarsi. Vedo comunque che dalla Davis dell’anno scorso si è sempre allenato e ha sempre gareggiato con continuità e qualità. Musetti continua a crescere e fa esperienze nuove maturando come uomo. Lo si vede in campo".

Tu sei stato un grande giocatore e ora sei in panchina, che pensi delle parole di Ferrero nel documentario su Alcaraz sui dubbi sulla sua attitudine al lavoro?
"Non ho visto il documentario e se non vedo faccio fatica a dire la mia. Dall’altra parte ognuno di noi è fatto in maniera diversa: c’è chi ha bisogno di tempi di crescita e maturazione rapidissimi come Jannik e chi ha bisogno di un po’ più di tempo. È la vita di un ragazzo che è un 2003, diventa numero uno del mondo, vince Slam ed è catapultato in un mondo fatto di professionalità ecc ecc. e magari ha bisogno di un poco più di tempo per assestarsi. Non ci vedo niente di strano. I ragazzi son tutti diversi e hanno tempi diversi".

Ti ha stupito la scelta di Djokovic di saltare Roma?
"Non più di tanto, vista la condizione di Monte Carlo e Madrid. Se lui non è al cento per cento non compete. Sono giocatori che partecipano solo se si sentono di poter vincere il torneo".

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