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Emmanuelle Girard shock: “L’allenatore ci raccontava storie sessuali. Diceva: dovresti depilarti”

Emmanuelle Girard rompe il silenzio: violenze verbali, umiliazioni e controllo psicologico nel tennis francese.
A cura di Marco Beltrami
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Emmanuelle Girard aveva un sogno, sin da piccola: quello di giocare a tennis e farne il proprio lavoro. Per realizzarlo ha dovuto sopportare qualcosa di inaudito, che ha deciso di raccontare a 360°, anche con grande coraggio. La tennista 26enne, infatti, ha parlato delle violenze verbali, psicologiche, delle umiliazioni e delle vessazioni ricevute dal suo allenatore quando era praticamente una ragazzina. Un racconto davvero crudo che ha indignato il mondo della racchetta.

Emmanuelle Girard e l'inizio shock nel mondo del tennis che conta

Emmanuelle è arrivata in Francia a 14 anni dopo essere stata vista in azione da alcuni talent scout ai campionati nazionali. Ecco allora l'approdo nel CREPS (Centro di risorse, di competenza e di performance sportiva), preludio a quello che sarebbe stata la sua carriera. Una gioia immensa per la piccola Emmanuelle che, ai microfoni de L’Équipe, ha spiegato come tutto sia cambiato in poco tempo. Arrivata nel centro federale con il papà, fu affidata subito a un coach apparentemente gentile e disponibile. Dopo un mese, però, quando Girard è rimasta sola, lo stravolgimento (Ho iniziato a vedere il suo vero volto”).

Le vessazioni del coach

Subito tutto si è trasformato in un incubo, con il coach durissimo: "In allenamento piangevo in campo. Io sono una ragazza molto rigorosa, non ho tantissimo talento, ma lavoro tanto. Appena sbagliavo qualcosa, quello mi distruggeva: ‘Sei solo una merda, come puoi fare una cosa del genere?’. Avevo 14 anni, avevo appena lasciato la mia isola… Dovevo trattenere le lacrime perché non vedesse che piangevo. Non avevamo il diritto di sbagliare in allenamento, non avevamo il diritto di piangere, non avevamo il diritto di mostrare le nostre emozioni'".

Insulti e violenze verbali a ripetizione

La routine era ormai consolidata: riunioni settimanali e puntuali sfoghi contro una delle ragazze, che poi veniva messa in punizione: "La sera dovevamo spegnere i telefoni alle 21:30. Lo aveva imposto lui. A volte chiamava la sera per controllare. Se il telefono squillava, il giorno dopo venivi sgridata in riunione davanti a tutte e ti confiscava il telefono per una settimana. Per collegarci al wifi avevamo un identificativo e dovevamo inserire il numero della stanza. Controllava ogni giorno chi si collegava e a che ora".

Atmosfera pesantissima, quasi da setta, che nulla ha a che fare con il mondo dello sport: "Non avevamo il diritto di mangiare ciò che volevamo. In torneo non avevamo il diritto di parlare con gli altri giocatori, dovevamo restare tra di noi… Era quasi una setta. Ci tagliava fuori da tutto, ci isolava, ci sorvegliava continuamente. Non potevamo avere fidanzati. Ed era iper invadente. Un giorno mi ha detto: ‘Sento che hai il ciclo. Quando cammini sento l’assorbente che si piega’. Io avevo 15 anni, lui 42 o 43. Ci raccontava anche le sue storie sessuali… A un’altra ragazza ha detto: ‘Dovresti depilarti le gambe e le ascelle’. Aveva 14 anni".

Cosa succedeva durante i tornei di tennis

Faceva leva sulle loro paure e le sfruttava, trattandole malissimo anche durante i tornei. Lì si scatenava quando non arrivavano i risultati. Durante una tournée in Guatemala e Costa Rica, Emmanuelle si spinse fino ai quarti, dove la sua cavalcata si fermò. Nessuna parola di conforto, ma una distruzione totale: "Dopo il match mi distrugge: ‘È inaccettabile, sei davvero solo una merda! Dovrai riflettere sulle conseguenze delle tue azioni’. Dopo mi ha fatto mangiare da sola in camera per due sere di fila. Non avevo il diritto di uscire, ero punita. E per una settimana mi ha obbligata ad allenarmi da sola prima del secondo torneo, senza di lui e senza la mia amica".

Situazioni che si sono ripetute anche in altri tornei, con sceneggiate pubbliche e umiliazioni. Una volta la tennista è stata costretta a fuggire dopo una sconfitta: "Ho perso in tre set la finale. Quando ho visto la sua faccia, mi sono rifugiata nello spogliatoio. La mia amica non gli ha detto dove fossi, aveva paura per me. Se n’è andato, è tornato in hotel senza aspettare la premiazione. Mi faceva talmente paura…".

L'impossibilità di scappare e il ricorso alla psicologa

Impossibile andare avanti, anche se Emmanuelle non riusciva a far capire ai genitori la gravità della situazione. Non essendo avvezzi alle dinamiche del tennis, si “fidavano” anche dell’allenatore. Il rifugio, dunque, fu la psicologa del CREPS, che le consigliò di andarsene. Il controllo psicologico del coach era tale che Girard non riusciva a trovare il coraggio di andarsene, anche perché paradossalmente i risultati erano buoni.

Dopo una pausa in un Centro nazionale d’allenamento, la ragazza ritrovò il sorriso anche grazie a un allenatore "gentile e comprensivo". Quando provò però a spostarsi da lui, lasciando il CREPS, ecco la reazione furiosa del suo tecnico, che convocò una riunione d’urgenza con la famiglia: "È andato su tutte le furie. Ha convocato una riunione a casa sua con i miei genitori. Ci ha messo una pressione incredibile: ‘Tutto questo è grazie a me. Se mi lasci, non avrai più nulla. Senza di me, la tua carriera è finita. Invece, se decidi di restare, devi dire subito a quell’allenatore di smettere di parlarti. Non avrete più alcun contatto’. Ero persa. I miei genitori avevano paura che rimanessi senza una struttura. Come una stupida, ho chiamato l’altro allenatore per dirgli che dovevamo smettere di parlarci e sono rimasta al CREPS. La scelta peggiore della mia vita".

La fine dell'incubo e le conseguenze

Poco prima dei 18 anni Emmanuelle Girard non ce l’ha fatta più: la situazione è degenerata, con attacchi di panico e un rifiuto totale del tennis. Dopo un confronto durissimo, tra urla e insulti, ecco l’addio tra le lacrime, e non senza conseguenze: "Ho iniziato ad avere disturbi del comportamento alimentare. Sono stata anoressica per quasi tre anni. Ho perso 10 kg in due mesi, non mangiavo più, dormivo continuamente".

Quella ragazza spensierata e felice ormai era solo un ricordo, con la psicologa che ha riconosciuto in lei traumi molteplici e gravi: “Questo allenatore era così con tutte. Sono prede perfette: prendi delle minorenni, le isoli dai genitori… A 14 anni sei una bambina. Non puoi difenderti, non hai armi, sei alla mercé dell’altro. Ti fidi, credi alle sue parole. Ancora di più se è una persona che in parte idolatri. Tutto è riunito. Tutte le ragazze che sono passate di lì oggi non gli parlano più. Molte se ne sono andate perché non lo sopportavano più. I genitori di una di loro erano persino venuti a prenderla per portarla via. Molte mi dicevano: ‘È una setta!’. Io rispondevo: ‘Lo so, ma gioco bene…’. Sei tenuta da questo. Ero ingenua. Essere duri non è un problema. Servono rigore ed esigenza nello sport di alto livello. Ma è completamente diverso dalla cattiveria e dall’umiliazione. Questi comportamenti devono cessare”.

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