Cosa pensava davvero Pietrangeli su Sinner, Panatta racconta: “Ma se lo dicevi così non era meglio?”

"Accidenti all’età, che distrugge le parti migliori di come siamo stati". Così parla Adriano Panatta nel suo bellissimo ricordo di Nicola Pietrangeli. Un rapporto vero quello tra le due leggende del tennis, cresciuto anche a suon di confronti (non solo in campo), spesso duri ma sempre rispettosi come accade proprio nei legami più sinceri e indistruttibili. Non ha mai perso occasione Panatta per far notare al suo ex capitano come alcune sue dichiarazioni, anche su Sinner, risultassero spesso "stonate". Anche perché in realtà Pietrangeli voleva dare soprattutto un consiglio per il suo bene a Jannik.
Panatta ricorda Nicola Pietrangeli
Questo perché, come spiega Panatta nel suo tributo sul Corriere della Sera all'amico scomparso, entrambi condividevano "una dote rara", ovvero quella di non provare invidia per nessuno. Nemmeno per un brillante campione a tutto tondo come Jannik Sinner. Ecco perché quelle uscite spesso considerate a vuoto di Nicola, con tanto di confronti "meno comprensibili, a volte stonati, altre inutili", erano figli, a detta di Panatta, di "un umanissimo bisogno di non sentirsi superato dalla Storia". In questo scenario vanno inserite anche le ultime, quelle sull’assenza di Jannik in Coppa Davis. Pietrangeli, recordman assoluto del trofeo, non riusciva a darsi pace sulla scelta di Sinner, sperando fino all'ultimo in una sorpresa.

Cosa pensava Pietrangeli di Jannik Sinner
E il discorso Sinner è stato affrontato spesso da Panatta e Pietrangeli, a giudicare dalle parole dell'ex giocatore romano: "‘Co’ te bisogna avé pazienza', non so quante volte gliel’ho detto. ‘Ma come ti va di metterti a confronto con Sinner, ti ha superato, e allora? Non sei contento? Datti pace…'". E cosa rispondeva Pietrangeli? In quei momenti la leggenda del nostro tennis si apriva: "‘Non mi hanno capito', si lamentava, ‘quel ragazzo è fortissimo, una meraviglia, io volevo solo dire che la strada resta lunga, perché così è nello sport, e non voglio che Sinner lo dimentichi mai'".
Parole che inevitabilmente spingevano Panatta a una domanda: "‘Eh, d’accordo, ma se lo dicevi così non era meglio?'". Niente, "co’ Nicola bisogna avé pazienza". Insomma, dichiarazioni uscite spesso un po' male ma che nascondevano un'ammirazione notevole per un ragazzo esemplare.

D'altronde Panatta descrive così il monumento del tennis italiano: "La verità è che uomini come lui appartengono a categorie particolari, forse speciali, e non sono mai identificabili con una sola parola, anzi, ne esigono molte, perché rappresentano più cose insieme ed entrano nella vita degli altri da protagonisti. Ti possono piacere o meno, puoi condividerli o respingerli, ma ignorarli mai, non è possibile".