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L’alpinista Barmasse rinuncia all’impresa in Nepal: “Vento a 250 km/h, ma ora so per cosa lottare”

Hervé Barmasse, alpinista italiano classe 1977, ha deciso di rinunciare alla scalata in invernale del Dhaulagiri, una vetta in Nepal che arriva a 8.167 metri di quota. A Fanpage.it racconta le condizioni estreme in cui si è ritrovato e i progetti per il futuro.
A cura di Valerio Berra
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Gli ultimi messaggi di Hervé Barmasse arrivano mentre sta prendendo uno dei voli che dal Nepal lo riporteranno in Italia. “In questo momento sono su un aereo dove tutti si lamentano di tutto. Ecco, ora penso alla pace del campo base. A come la vita, priva di confort, ti regala comunque una serenità profonda”. L’alpinista valdostano, classe 1977, ha scelto di rinunciare all’impresa per cui aveva investito tutta la stagione invernale: arrivare sulla cima del Dhaulagiri (8.167 metri) in stile alpino. Niente ossigeno, niente corde fisse e niente aiuti esterni.

Un’impresa che si muove ai limiti delle capacità dell’essere umano, come Barmasse ha raccontato a Fanpage.it quando era ancora al campo base del Dhaulagiri, una manciata di tende fissate nella roccia a 4.600 metri di quota. Alla fine hanno vinto il vento e la neve, impossibile trovare anche solo uno spiraglio di un paio di giorni per tentare la salita alla vetta del Dhaulagiri.

A scriverlo è lo stesso Barmasse: “Quest’anno ci siamo dati 55 giorni di tempo. Ma il meteo non cambia e ora le forti nevicate metterebbero a rischio anche la permanenza al campo base”. Maltempo a quelle altitudini vuol dire molto più che qualche fiocco di neve e un po’ di freddo la sera. Quando l’alpinista italiano ha lasciato la spedizione le rocce del Dhaulagiri erano colpite da scariche di vento oltre i 100 km/h e gli accumuli di neve superavano anche i due metri. In quota il vento arrivava anche a 250 km/h.

La missione sul Dhaulagiri: “Chissà se è possibile”

Negli ultimi anni le salite in invernale sulle montagne che superano gli 8.000 sono diventate l’ultima frontiera dell’alpinismo. Quelle stesse vette durante la stagione estiva sono piene di turisti e spedizioni commerciali, come dimostrano le foto pubblicate ogni estate con code di alpinisti che aspettano di scattarsi una foto sull’Everest. In invernale invece ci sono ancora pareti inviolate da affrontare, soprattutto se si sceglie di scalarle in stile alpino, come spiega Barmasse a Fanpage.it.

FANPAGE.IT | Il campo base del Dhaulagiri
FANPAGE.IT | Il campo base del Dhaulagiri

“In inverno tutto è più bello e più difficile. Il freddo, la neve, le giornate più corte regalano pochissime possibilità di riuscire nella scalata, ma allo stesso tempo ti sembra di vivere un’avventura d’altri tempi”. Lo stile alpino non prevede nessun aiuto esterno: “Questo stile viene anche chiamato stile pulito perché non avremo campi pre allestiti, nessun aiuto dall’esterno, niente ossigeno, niente corde fisse. Nessuno ci è mai riuscito nell’inverno astronomico. Dunque è una grande sfida. Chissà se è veramente possibile…”.

I rischi di una missione come questa sono parecchi. Anche prima di tornare a casa Barmasse ha vissuto per diversi giorni in condizioni difficili al campo base della spedizione: “In inverno si aspettano le prime luci per alzarsi. A volte anche il sole perché di notte il freddo raggiunge i meno 15/18 gradi. Poi si fa colazione e a seguire, anche se sembrerebbe assurdo, ci si allena. Può essere una camminata, una corsa, degli esercizi. Poi si pranza e ci si abbandona all’ozio. Un po’ di stretching, yoga, lettura e pianificazione dei giorni successivi in base al meteo. Ovviamente anche di giorno la temperatura è sempre sotto zero”.

Il senso dell’alpinismo invernale: “Ciò che per altri è pericolo, per me è vita”

Nonostante i nuovi materiali tecnici, la preparazione calibrata fino all’ultima settimana e il cibo studiato nel dettaglio, una missione del genere è ancora piena di rischi. Affrontarli resta comunque una scelta: “Ciò che per altri è pericolo per me è vita. Ma se mi alzassi con alcuni dubbi su ciò che faccio, o se capissi che non ne vale la pena cambierei attività. Inoltre l’alpinismo mi ha permesso di conoscermi a fondo, punti di forza e debolezze. Mi ha fatto capire per cosa vale la pena lottare nella vita, per cosa vale la pena investire il proprio tempo che ricordiamo è per tutti limitato”.

FANPAGE.IT | Le vette nella zona del Dhaulagiri
FANPAGE.IT | Le vette nella zona del Dhaulagiri

Il ritorno a casa, e la prossima missione

Con quasi cento story pubblicate su Instagram, Barmasse ha provato a rispondere a tutti i messaggi che gli sono arrivati in queste ore. Per l’alpinista italiano è la seconda stagione in cui deve tornare indietro, l’anno scorso, sempre per il meteo, aveva rinunciato alla vetta del Nanga Parbat. A chi gli ha chiesto cosa farà il prossimo anno, per ora ha risposto così: “Ora devo riflettere. Ho promesso alle mie figlie un Natale con loro. Se lo meritano”.

HERVÉ BARMASSE | Dentro la tenda nella spedizione per il Dhaulagiri
HERVÉ BARMASSE | Dentro la tenda nella spedizione per il Dhaulagiri
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