Kristian Ghedina invoca cambiamenti dopo la morte di Matteo Franzoso: “Sci di oggi troppo veloci”

Una tragedia che lascia sgomenti, difficile trovare le parole di fronte alla morte di un ragazzo di 25 anni. Matteo Franzoso non ce l'ha fatta: due giorni dopo la caduta in allenamento in Cile, lo sciatore della squadra azzurra è deceduto nella clinica di Santiago dove era stato ricoverato. Per i medici non c'è stato niente da fare, troppo grave il trauma cranico riportato, con conseguente edema cerebrale. La nota della Federazione italiana che dà conto della dinamica dell'incidente fornisce lo spunto a Kristian Ghedina per invocare cambiamenti importanti negli attrezzi degli atleti, ovvero gli sci, ritenuti oggigiorno troppo veloci.
La dinamica della morte di Matteo Franzoso in allenamento: "È stato sbalzato in avanti verso le reti"
"Franzoso ha affrontato male il primo, piccolo salto del tracciato di allenamento, finendo sbalzato in avanti verso le reti. Ha oltrepassato due file di reti e ha sbattuto contro la staccionata posizionata 6-7 metri fuori dal tracciato", recita il comunicato della FISI. È chiaro che per essere "sbalzato" per un "piccolo salto", Matteo andava molto veloce in quel punto, sulle nevi cilene di La Parva. Del resto andare veloce, il più veloce possibile, è l'obiettivo di tutti gli atleti che si cimentano in discesa libera e supergigante, come faceva il ragazzo genovese, che proprio domani avrebbe compiuto 26 anni.

Kristian Ghedina punta il dito su sci "troppo veloci" e "piste di allenamento estive, le più pericolose"
Ghedina, che nelle prove veloci ha fatto la storia dello sci italiano con tre medaglie ai Mondiali e 13 vittorie in Coppa del Mondo, sa dove puntare il dito, in primis gli sci: "Se facessi ancora discesa libera oggi, confesso che non vorrei mai che i nuovi sci venissero cambiati, danno l'adrenalina della velocità – premette il 55enne veneto all'Ansa – ma la verità è che sono troppo veloci, specie in curva. Ed è ora di cambiarli. Impattare un muro o un albero può essere mortale già a 40-50 all'ora. In allenamento si arriva anche a 120 km/h: eliminare del tutto il rischio non è possibile, ma bisogna fare qualcosa".
Nel mirino di Ghedina non solo gli sci, ma anche le piste, in particolare quelle di allenamento: "Non so cosa sia successo a Matteo, su quelle piste mi sono allenato anche io in passato. Forse ha preso una traiettoria sbagliata uscendo dal salto, non so… Ma bisogna aumentare le via di fuga e lavorare sulle piste di allenamento estive, le più pericolose. Già preparare una pista di Coppa è impegnativo, comporta settimane di lavoro. Ma in allenamento, in qualsiasi pista, ci pensano allenatori e qualche addetto locale".

Il ricordo di Franzoso da parte di Ghedina è toccante: "Ci avevo parlato qualche volta, si capiva subito che era un ragazzo solare e intelligente. Si era laureato, fare sport agonistico e studiare in Italia è dura. Alla notizia della sua morte ho provato una profonda fitta di dolore".