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Arianna Tricomi a Fanpage.it: “Il freeride è uno stile di vita“

Non basta essere figli d’arte. Arianna Tricomi lo sa e per questo ha seguito la sua strada: lo scorso anno si è aggiudicata per la terza volta consecutiva il mondiale nel freeride, lo sci fuori pista su neve fresca: si tratta della prima italiana ad aver vinto un Freeride World Tour e l’unica ad esserci riuscita per tre volte di fila. Ai microfoni di Fanpage.it la sciatrice ladina ha parlato della sua passione per la montagna e di come si è evoluto il suo rapporto con gli sport invernali negli anni prima del successo.
A cura di Vito Lamorte
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Spesso e volentieri si possono guardare le cose anche da un'altra prospettiva per cercare di capire cosa ruota intorno ad un mondo che non conosciamo o di cui sappiamo poco. Ecco, l’incontro con Arianna Tricomi ti apre una finestra su ciò che è ancora inesplorato per molti. Grazie al trionfo nell’edizione 2020 del circuito internazionale di freeride, la sciatrice del team Red Bull originaria di Corvara in Badia (BZ) è diventata la prima atleta a conquistare per tre edizioni consecutive il titolo di campionessa del mondo.

Questa ragazza classe 1992, figlia dell'ex sciatrice alpina Maria Cristina Gravina (azzurra di discesa libera e olimpica ai Giochi di Lake Placid 1980), è una delle leader mondiali del freeride, lo sci fuori pista su neve fresca; e ai microfoni di Fanpage.it ha parlato della sua passione per la montagna, di come si è evoluto il suo rapporto con lo sport negli anni e come alcune gestioni da parte delle federazioni degli sport invernali non siano proprio in linea con il suo modo di pensare.

Cosa si prova ad essere la prima italiana ad aver vinto un Freeride World Tour e l’unica ad aver vinta per tre volte consecutive questo premio?
"Non sono una che va dietro a queste cose perché faccio sempre le cose più col cuore e con passione. Chiaramente mi fa piacere essere associata a questi primati e spero che questo sia grande motivazione per altre ragazze, perché ce ne sono davvero poche. Sono super felice di essere riuscita a mostrare il mio modo di sciare a questa piattaforma".

Ci racconti come si inizia a fare freeski? Da dove nasce questa passione?
"È un percorso, in realtà. Adesso forse le cose sono un po’ cambiate ma non si inizia a fare subito quello. Io sono partita con lo sci alpino quando avevo 6 anni, con mia madre che mi ha mostrato tutti i segreti dalla neve fresca al telemark; e dopo 10 anni ho iniziato con il freestyle, finché è diventato anche questo sport olimpico con mille regole e federazioni. A quel punto non mi è più interessato e pian piano ho deciso di provare il freeride ed è andata bene, diciamo".

In che modo ci si allena per essere al top nella tua specialità?
"È molto soggettivo. C’è chi decide di avere un allenatore e chi no. A me non è mai interessato perché mi piaceva l’idea di poter far delle cose con i miei amici. Io ho studiato fisioterapia e questo mi ha aiutato molto. Sicuramente, alla base di tutto, c’è l’attività tutto l’anno: in estate mi piace scalare, camminare in montagna, andare in bici o far qualsiasi cosa che mi possa dare input rispetto allo sport. Vado in palestra in autunno, prima della stagione, ma non è qualcosa di fisso e varia da anno a anno. L’importante è essere a posto di testa, se sono equilibrata so che il mio corpo mi segue. Se la testa non sta bene è inutile andare in palestra".

Foto Tobias Zlu Haller.
Foto Tobias Zlu Haller.

Quanto hanno inciso i tuoi genitori, entrambi atleti, sulla tue passione per la neve e per questa tipologia di sport?
"Tantissimo. Mia madre tantissimo, soprattutto all’inizio; mio padre è entrato in gioco più tardi e con l e sue parole mi ha saputo sempre tranquillizzare nei momenti prima delle finali o in quelli più tesi. È stato molto bello averlo accanto in quei momenti".

Come descriverebbe il freeski a chi non lo conosce?
"È uno sport bellissimo ma ha dei lati negativi, di cui bisogna essere consapevoli. Ti porta ad essere a strettissimo contatto con la natura, con posti e atmosfere molto particolari. Si è un po’ artisti, creativi, perché si può decidere di scendere dalle montagne quasi come fossi un pittore e ti adatti alle condizioni e alle situazioni che ti trovi davanti. È molto intenso l’approccio con la natura".

Hai seguito i Mondiali di Cortina? 
"Se capitava sì, altrimenti no. Ho delle amiche con cui gareggiavo che ora sono in Coppa del Mondo ma non ho puntato l’orologio per vedere le gare. Se ero a casa le guardavo, sennò no. Non sono una grande sostenitrice di queste cose perché la natura spesso viene messa in secondo piano. Appartengo ad un mondo molto diverso io e nel freeride abbiamo un approccio differente".

Quali sono i suoi progetti futuri?
"Al momento non ne ho idea. Seguo il flow e vediamo dove mi porta. Speriamo di fare qualche gara quest’anno, sto filmando per alcuni progetti e di viaggiare un po’ di più visto che per via della pandemia siamo tutti un po’ bloccati".

Foto Tobias Zlu Haller.
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