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Pirelli possibile fornitore della MotoGP dopo Moto2 e Moto3? “Con Liberty Media rapporto importante”

Giorgio Barbier, responsabile dell’attività in pista di Pirelli, racconta a Fanpage.it il complesso mondo dei motori dal punto di vista delle gomme: “Lo pneumatico è l’unica cosa tra il pilota e l’asfalto, in una gomma ci sono decine di materiali”.
A cura di Fabio Fagnani
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Il mondo delle corse è un'evoluzione continua: motore, aerodinamica, elettronica. Spesso però viene dimenticato un piccolo particolare, "lo pneumatico. L’unica cosa tra il pilota e l’asfalto". Negli ultimi tempi, poi, è diventato sempre più performante e per certi versi estremo. Giorgio Barbier, responsabile dell'attività in pista di Pirelli, da tempo all'interno del paddock, prima con Cagiva poi con Gilera, ha risposto alle nostre curiosità sul mondo delle gomme da gara. Da quest'anno, infatti, Pirelli è diventato il fornitore ufficiale del Motomondiale di Moto3 e Moto2, sostituendo Dunlop, oltre a continuare a fornire il mondiale Superbike e, ovviamente , la Formula 1. Tra l'altro, da poco tempo, tutti campionati sotto il tetto di Liberty Media che ha recentemente acquisito i brand a due ruote di Dorna per 4,2 miliardi di euro. Gli pneumatici sono fondamentali, non solo secondo Giorgio Barbier, che sa quanto conta permettere ai fenomeni delle corse di guidare al meglio: "Il pilota è un funambolo, chiede tanto, pretende che il suo talento venga assistito".

Com’è stato il debutto nel Motomondiale dei prototipi?
“Per me è stato un ritorno. Nell’88 e 89 ero in Cagiva con Mamola e con Pierfrancesco Chili con il team Gallina, avevamo fatto un paio di stagione come Pirelli, poi sono andato in Gilera Corse nel 92 con Lavado. Era il periodo degli americani (Kenny Roberts, Eddie Lawson, Kevin Schwantz). Successivamente sono rientrato in Pirelli. E devo dirti, non c’è mai abbastanza esperienza per aspettarti qualcosa. Certo, hai un certo tipo di bagaglio di competenze, ma non sei mai davvero preparato. La cosa difficile è che queste moto – Moto2 e Moto3 – sono state sviluppate con altre gomme e quindi è difficile per il nuovo fornitore creare uno pneumatico che andasse bene. L’importante, inizialmente, era non fare disastri. Per la Moto3 è stato un ottimo inizio, mentre per la Moto2 è stato un po’ più complicato, ma è giusto così. Dobbiamo prendere ogni team nelle condizioni di andare al meglio che possono. L’obiettivo è fare tanta esperienza con queste moto, fare tanti chilometri così da fare un miglioramento importante”.

Cosa cambia da uno pneumatico e un altro? Spiegalo come se dovessi raccontarlo al classico stereotipo della casalinga di Voghera.
“Partiamo dal presupposto che un prototipo non si porta dietro tutti i test, i collaudi, la conoscenza delle moto derivate di serie. Le moto da corsa sono un’altra cosa. La potenza, la ciclistica, le sospensioni, gli stili di guida sono tutti estremizzati. Se mescoli tutto ciò in una gara o una qualifica con picchi di prestazioni, regolarità, costanza, linee non precise per via dei sorpassi. Questo causa delle perturbazioni sul veicolo e sullo pneumatico. Se la gomma è la stessa da tanto tempo, la moto è costruita su quello pneumatico mentre se cambia in corsa chi fornisce le gomme, le moto non sono esattamente settate e provate sul nostro prodotto. Quindi ogni test, ogni gran premio, ogni giro per noi è prezioso”.

Quanto incide lo sviluppo della mescola?
“È essenziale. In Superbike e in Formula 1 ci sono piloti che hanno una sensibilità estremamente importante per noi. Rimanendo nelle due ruote, in SBK, ci sono piloti di grande esperienza che arrivano in questa categoria a fine carriera – come è stato per Bautista o Petrucci – e portano con sé un bagaglio di conoscenza e di suggerimenti fondamentali per noi. Perché è vero che l’elettronica ha sconvolto questo mondo. Quarant’anni fa le sensazioni erano tutte del pilota, oggi non è più così, ma in realtà il mix delle due cose è fondamentale. Le emozioni che sente il pilota sulla moto e la sua capacità di portare la moto a certi limiti vanno al di là di tutta la tecnologia che puoi avere sulla moto. Conta che in Moto3 e in Moto2 ci sono piloti giovanissimi, inesperti, che sono ai primi anni della loro carriera e non sempre riescono ad essere precisi nelle loro comunicazioni all’azienda. Lato nostro, i tecnici devono fare un grande lavoro per tradurre le sensazioni dei piloti e poi cercare di rendere quel limite un punto di forza. E poi è importante visionare i dati e comprendere come e dove si può migliorare”.

Giorgio Barbier, responsabile dell'attività in pista di Pirelli.
Giorgio Barbier, responsabile dell'attività in pista di Pirelli.

Cosa ne pensi delle critiche fatte da alcuni piloti nei confronti di Michelin?
“Difficile che non accada in un mondo così competitivo come quello del Motorsport. Aggiungici che poi lo pneumatico è l’unica cosa tra il pilota e l’asfalto. È l’elemento che permette quella magia, è quel centimetro che ti tiene agganciato in piega. Il pilota è un funambolo, chiede tanto, pretende che il suo talento venga assistito.

In quanti anni pensate di essere pronti a diventare fornitori in MotoGP?
“Difficile dirlo. Sicuramente dobbiamo aspettare il regolamento ufficiale per il 2027. Da lì in poi capiremo meglio come entrare e se entrare, di certo dovessero limitare l’uso dell’elettronica e dell’aerodinamica. L’esperienza che abbiamo dal 2004 sulle derivate di serie, Superbike per intenderci, è un vantaggio non indifferente. Certamente il mondo dei prototipi è molto diverso, ma abbiamo una buona base di know-how e di esperienza”.

Con l’arrivo di Liberty Media avete una chance in più per diventarlo.
“Oggi come oggi le relazioni sono importanti. Se il fornitore di pneumatici ti mette in condizione di non essere performante, di non essere pronto per una gara, per delle condizioni atmosferiche particolari, allora ti distrugge lo show che vuoi creare. Conseguentemente devi avere una fiducia nei fornitori tecnici e una concordanza negli obiettivi da raggiungere. Sicuramente è importante per noi avere una relazione con un promotore di questo tipo”.

Come la tecnologia ha modificato la produzione dello pneumatico: dell'artigianalità all’intelligenza artificiale?
“Allora, i prototipi vengono realizzati ancora artigianalmente per il motorsport, processi lenti, c’è molto di manuale. Noi facevamo i prototipi manualmente fino al 2000 e potevi davvero divertirti mettendo dei materiali esotici, particolarissimi e impiegavi un tempo davvero infinito e il costo era pazzesco. Tutto il contrario di quello che accade per il prodotto industriale che è stato da tempo robotizzato per l’efficienza e i costi. Dal 2003, con il contratto di SBK, più o meno, siamo passati da un prodotto totalmente artigianale a qualcosa di più massificato. Abbiamo dovuto adeguare la nostra ingegneria a delle esigenze produttive di un certo tipo. Ed è stata una grande sfida”.

Di quanti materiali è composto uno pneumatico?
“Decine tra mescole, ferro, tessuti trattati. Sono diversi elementi. La struttura è complessa. Il materiale più presente è sicuramente la gomma”.

Se il pilota dice una cosa e i dati dicono il contrario, a chi si dà ragione?
“Io ho sempre diviso i piloti in due categorie (ride, ndr). Chi scende dalla moto e ti dà mille dettagli, ti spiega dove performa meglio, dove peggio, ti spiega cosa sente, le motivazioni, mostrando una capacità di analisi e una chiarezza incredibile e ti stupiscono e poi ci sono quelli che salgono sulla moto e ti fanno dei tempi spaventosi. A chi mi affido? È difficile. Per fortuna abbiamo una mole di dati impressionante per cui puoi fondare delle teorie fondate e un pilota non può fare la differenza, esagerata, nel pensare una cosa diversa”.

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A favore o contro il monogomma in campionato?
“Ero contro, prima. Quando ce lo proposero, da tecnico, pensavo che fosse la morte della competitività, della sfida tra aziende, la concorrenza pensavo che fosse la montagna da scalare. Dovevi battere gli altri, sempre. Invece, mi sono ricreduto. È molto più difficile lavorare con dei limiti dettati dai regolamenti e fornire un elemento che performa a grandi livelli. La competizione tra gommisti non fa bene allo sport. Avere un punto fermo su cui si costruisce una moto è fondamentale”.

Un pilota che in questi anni ti ha stupito più di altri?
“In 40 anni di carriera ne ho visti davvero tantissimi, non solo per le capacità di guida, performance, per il loro carattere, ma anche e soprattutto per il modo di comportarsi nel paddock. Molti di questi sono ancora nel paddock, non hanno solo vinto delle gare, non solo hanno vinto mondiali, ma sono stati capaci di costruirsi una carriera diversa. Quella capacità lì, è quella dei veri campioni. Quando passano dalla pista al paddock e sono capaci di aiutare i piloti, di gestire un team. Quelli sono i piloti che mi piacciono".

Allora, la descrizione potrebbe portare anche a Valentino Rossi. Poi non so se volessi indicare lui o meno, ma ti chiedo, visto che a distanza di anni si parla ancora del “gommino” che aiutava Valentino. Ti chiedo, ma una azienda che vantaggio può avere a fare una cosa del genere?
“Non ha nessun senso. O il costruttore, il promotore, la casa motociclistica si mettono d’accordo e decidono chi vince a tavolino e se uno segue le gare sa che è impossibile perché le gare sono imprevedibili e tutti viaggiano al massimo. Magari a un certo punto del campionato c’è un calcolo, ma non si decide nulla e non esiste una cosa del genere. È ovvio che alcuni piloti attraggono di più gli sponsor, ma dal punto di vista di un fornitore l’obiettivo è creare degli pneumatici che vadano bene per tutti i piloti”.

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