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Pierfrancesco Chili: “Con il Parkinson mi sono sentito perso, la mano vibra troppo per andare in moto”

Icona italiana del motociclismo, protagonista nel Motomondiale e della Superbike negli anni ’90, oggi Pierfrancesco Chili fa i conti con il morbo di Parkinson scoperto nel 2018: nell’intervista esclusiva rilasciata a Fanpage.it, oltre a ripercorrere la sua carriera, ci ha raccontato come dopo aver passato un brutto momento ora è tornato a prendersi cura delle sue attività gestendo uno stabilimento balneare dove fa anche da bagnino a Misano.
A cura di Michele Mazzeo
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Dici Pierfrancesco Chili ed inevitabilmente la mente torna immediatamente al motociclismo ‘vecchio stampo', quando a farla da padrone in pista erano passione, istinto e veemenza. Un motociclismo di cui "Frankie" Chili, tra Motomondiale (facendo la spola tra 250cc e 500cc) e, soprattutto, Superbike è divenuta un'icona pur senza riuscire a vincere un titolo iridato. I suoi duelli duri e leggendari con Carl Fogarty, il suo essere sempre schietto e diretto e il suo non risparmiarsi mai né in pista né fuori lo hanno reso uno dei piloti più amati dai tifosi oltre che farlo entrare nella Hall of Fame del mondiale delle derivate di serie.

Da anni però Pierfrancesco Chili ha lasciato il mondo del motociclismo e si è dedicato alle sue attività di famiglia a Misano dove oggi, a quasi 60 anni (li compirà il prossimo 20 giugno) gestisce gli stabilimenti balneari "Bagni Romina" nei quali fa anche il bagnino e alcuni appartamenti di sua proprietà che affitta durante la stagione estiva. Dal 2018 deve fare però i conti con il morbo di Parkinson: una malattia che, come ci ha raccontato nella lunga intervista esclusiva rilasciata a Fanpage.it, inizialmente lo ha fatto abbattere ma con la quale ora convive e di superare in staccata come tante volte è capitato con gli avversari in pista.

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Pierfrancesco Chili, ma per tantissimi tifosi sei Frankie, come preferisci essere chiamato?
"Quando dalla MotoGP sono passato alla Superbike i tifosi inglesi mi chiamavano sempre Frankie. Io sulla tuta avevo scritto Chili, poi però ho deciso di mettere Frankie proprio in omaggio a questi tifosi che per me sono stati molto importanti".

Riguardando indietro sei soddisfatto della tua carriera o pensi che avresti potuto vincere di più?
"Onestamente penso avrei potuto vincere di più. Però con i ‘se' e i ‘ma' la storia non si fa. Diciamo che ero più forte di quello che sono riuscito a dimostrare: quando per un motivo, quando per un altro, ma di fatto non sono mai stato assecondato e quindi mi sono sempre arrangiato e ho comunque avuto una bellissima carriera: ho portato la Suzuki alla vittoria e ho vinto spesso con moto private. Quindi non ho niente da recriminarmi anche se sono certo che avrei potuto ottenere di più".

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Tu hai vissuto un mondo fatto esclusivamente di passione, istinto e veemenza. Oggi invece sembra molto diverso. È cambiato tanto il motociclismo in questi anni?
"È cambiato! Il Motomondiale pian piano è venuto fuori dal tunnel diventando più interessante per piloti e appassionati, parallelamente lo stesso organizzatore ha però affossato la Superbike. Sono due categorie un po' diverse tra loro: in una c'è il massimo della tecnologia, nell'altra si gioca sull'estrarre il massimo da una stradale".

Cosa pensi dell’impatto che ha avuto Valentino Rossi su questo sport?
"Valentino sicuramente è stata un'icona per tutti noi. Mi dispiace solo per alcuni atteggiamenti che sono venuti fuori durante la sua carriera. La guerra che c'è stata con Marc Marquez per esempio non è stata bella soprattutto fuori dalla pista. Detto ciò però credo che Vale abbia avuto il merito di far conoscere il motociclismo a tantissima gente che prima non sapeva nemmeno cosa fosse il motociclismo".

Se devi sceglierne uno qual è stato il momento più bello della tua carriera?
"Misano '89 è stata una vittoria molto sofferta perché gli altri avevano deciso di non correre ma io avevo già avvisato tutti che se a Misano avesse piovuto sarebbe stato molto pericoloso. Diciamo che è stata una corsa in cui ho pensato più a non cadere che a vincere. Però ho avuto tanti altri bei momenti: ho conquistato delle vittorie all'ultimo metro che ricordo molto volentieri".

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E il peggiore invece?
"Il peggior momento è stato ad inizio del 1994 quando io avevo un contratto biennale con la Yamaha e a febbraio mi hanno avvisato che il team non poteva più correre e quindi sono rimasto senza moto. A quel punto sono andato a propormi a diverse case ma a febbraio ormai i giochi sono fatti. Lì ho riflettuto molto e ho capito che quello che avevo fatto fino a quel momento non contava nulla. Quindi mi sono rimboccato le maniche, ho chiesto a Franco Farnè di farmi provare una Ducati 916, di cui sono rimasto meravigliato, e da lì ho cominciato la mia avventura in Superbike. Quell'anno mi avevano chiesto di tornare a correre nel Mondiale 250cc ma ho rifiutato perché in Superbike avevo trovato la mia dimensione".

La tua storia sportiva è legata a doppio filo alla Ducati ma non è sempre stato amore, vero?
"No! (ride, ndr) Io sono uno molto spontaneo e molto diretto, quando ho qualcosa da dire lo tiro fuori in modo schietto. E questa è una cosa che molta gente apprezzava, ma non la Ducati. Perché non le faceva comodo avere uno come me che parla così".

Ti riferisci a ciò che successe nel 1998?
"No, parlavo in generale. Ma nel 1998 io ho perso il Mondiale vincendo 5 gare mentre Fogarty vinse il titolo vincendo solo 3 gare. Ad Assen però sono stato un po' ‘piccione' io perché avevo già pianificato che dovevo stare al centro della pista nell'ultima staccata però mi sono lasciato innervosire dal fatto che aveva tentato due volte di buttarmi fuori in quell'ultimo giro guardandomi anche in faccia e sono andato a frenare in traiettoria. A quel punto quando lui si è affiancato all'interno ho dovuto ripinzare l'anteriore e sono finito a terra".

E terminata la carriera nel 2006 cosa hai fatto?
"Inizialmente ho fatto un po' il commentatore delle gare in TV e insieme a mio cugino abbiamo messo su un team nel quale abbiamo fatto correre diversi piloti che poi sono finiti nel Motomondiale come Stefano Manzi, Luca Marini, Fabio Di Giannantonio ma anche mio figlio Kevin, Samuele Cavalieri. Poi però mi sono accorto che non riuscivo più ad avere indietro le stesse emozioni che avevo quando correvo io e quindi ho lasciato per dedicarmi ad altro".

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A cosa?
"A Misano avevo due stabilimenti balneari e alcuni appartamenti e quindi, dopo aver lasciato il mondo del motociclismo, mi sono concentrato su quello".

E come è stato passare a condurre una vita più tranquilla?
"In realtà è stato molto semplice perché io faccio una cosa quando ho lo stimolo di farla altrimenti non la faccio. Ad un certo punto mi sono sentito un pesce fuor d'acqua nell'ambiente che avevo frequentato per 30 anni e quindi voleva dire che non avevo più nulla da prendere e da dare a quel mondo lì e quindi ho preferito concentrarmi totalmente sull'ottenere risultati in un altro settore".

In moto ci andavi ancora?
"No. In realtà pochissimo. Solo nelle rievocazioni storiche perché moto stradali non ne ho più da quando ho venduto tutto a 18 anni, cioè da quando mia mamma mi diede il permesso di correre. Da allora io ho usato la moto solo in pista, poi cinque anni fa ho scoperto di avere il Parkinson e ora faccio molta fatica a guidare perché mi vibra troppo la mano dell'acceleratore".

Come hai scoperto di avere il morbo di Parkinson?
"Avevo questa vibrazione alla mano e inizialmente pensavo fosse una questione di nervosismo, poi sono andato da due neurologi ed entrambi mi hanno diagnosticato il Parkinson. Il tremolio continuava e quindi mi sono convinto ad andare all'ospedale Bellaria di Bologna, lì mi sono sottoposto ad una scintigrafia cerebrale a medicina nucleare da cui è venuto fuori che alcune cellule del mio cervello non producevano più la dopamina e questo ha procurato il morbo di Parkinson".

E oggi come stai?
"Oggi sto prendendo delle pasticche per una terapia che mi dicono essere soft però ancora devo fare i conti con i sintomi del Parkinson e ogni anno devo andare all'Istituto Neurologico ‘Carlo Besta' di Milano per fare un controllo. Io mi sento di star bene anche se ovviamente faccio molta più fatica a fare tutto ciò che facevo prima. Però non mi lamento perché so che c'è tanta gente che sta peggio di me".

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Qual è stato il momento più difficile nell'assimilare una nuova condizione di vita?
"Appena l'ho scoperto non ho avuto una bella reazione. Mi sono sentito perso e mi sono lasciato andare. Poi però dopo un paio di anni ho reagito, mi sono detto: ‘Non ha senso stare così in attesa di morire'. A quel punto sono tornato a fare tutto quello che facevo prima".

Cioè? Cosa fa oggi Frankie Chili?
"Oggi oltre a gestire gli stabilimenti balneari e adoperarmi in spiaggia, ora faccio anche il bagnino di salvataggio, e mi occupo di tutto ciò che riguarda gli appartamenti che affittiamo nel periodo estivo. In questi giorni sto già cominciando a sistemare gli stabilimenti così a maggio siamo già pronti per cominciare la stagione. Ora quindi sono impegnatissimo, quando arrivo ad ottobre sono stanchissimo".

Nella tua carriera ci sono state tante rivalità ma anche tante belle amicizie, con quali piloti sei ancora in contatto?
"In realtà con nessuno perché io non voglio rompere le scatole a nessuno, però ce ne sono tanti che vedo molto volentieri quando ci ritroviamo agli eventi o alle rievocazioni storiche. Per farti capire, d'estate vivo a Misano, a due passi da Tavullia, però non mi sono mai permesso di andare a disturbare Valentino Rossi. Io sono fatto così".

Qualche tempo fa però sei stato in Australia e hai rivisto Troy Bayliss…
"Sì, ma anche in quel caso ero lì per una rievocazione storica alla quale partecipava anche Troy Bayliss. Ci siamo trovati lì e ci siamo anche divertiti molto. Troy è una persona che mi somiglia molto: parliamo la stessa lingua e vediamo il mondo allo stesso modo. Quando ero commentatore in TV mi fece alcune confidenze ma io non le rivelai mai. E non intenzione di farlo nemmeno adesso (ride, ndr)".

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Ma oggi segui ancora le corse?
"Sì, seguo più la MotoGP che la Superbike perché con un gruppo di amici faccio il Fanta MotoGP che tra l'altro ho già vinto tre volte".

Cosa pensi della MotoGP attuale: Marquez in Ducati e l’arrivo di Pedro Acosta sembrano aver dato una piccola scossa…
"Marquez sta guidando ancora con le briglia tirate e appena si sentirà a posto e guiderà libero la Ducati ne vedremo delle belle. Pedro Acosta invece è già andato oltre le mie aspettative, mi aspettavo un anno di ambientamento alla categoria e invece ha subito dimostrato di saper guidare anche oltre i limiti della sua moto – che comunque sta progredendo bene – e di poter stare lì con i migliori. Poi la KTM sta puntando molto sulla MotoGP e probabilmente stanno usufruendo molto del fatto di aver preso tanti tecnici dalla Ducati e che lì non avevano più stimoli".

E della Superbike invece? C’è tanta Italia quest’anno non solo per le moto ma anche a livello di piloti…
"Onestamente quello che mi ha meravigliato di più è Andrea Iannone. Dopo uno stop così lungo non pensavo andasse così forte. Spero gli duri a lungo questo momento magico perché se lo merita. Secondo me, se ha voglia, tre anni fatti bene ancora li può fare".

Per Iannone addirittura si parla di un possibile ritorno in MotoGP. A tal proposito ti chiedo quali sono le principali difficoltà che potrebbe incontrare eventualmente?
"Secondo me in MotoGP c'è molta più elettronica. Guarda Marquez: è passato dalla Honda alla Ducati e sta commettendo degli errori dovuti al diverso funzionamento degli strumenti che deve attivare mentre sta guidando. Una volta si correva utilizzando solo gas, freno, e via. Adesso invece ci sono un sacco di strumenti da azionare e se per esempio sbagli il momento in cui azionare l'abbassatore ti ritrovi per terra".

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