Fisichella: “Io e Alonso baravamo a scopone contro Briatore. Ferrari? Quella foto spiega tutto”

L'Italia è tornata protagonista nel motorsport, e non solo attraverso la Ferrari. La Formula 1 ha riabbracciato un pilota italiano competitivo con l'esplosione di Kimi Antonelli, mentre nelle categorie propedeutiche il movimento azzurro vive una fase di rara abbondanza: Leonardo Fornaroli campione prima in Formula 3 e poi in Formula 2, Gabriele Minì protagonista costante nelle serie junior, Matteo De Palo pronto al salto in Formula 3. Un contesto che racconta un'Italia del motorsport finalmente plurale, non più legata esclusivamente al mito Ferrari, che abbiamo analizzato con Giancarlo Fisichella, ultimo italiano prima di Antonelli a salire con continuità sul podio in Formula 1.
Il pilota romano è stato protagonista nel Circus per oltre un decennio e oggi continua a vivere il paddock da una prospettiva diversa. Accanto all'impegno nei programmi GT internazionali, ha investito tempo ed esperienza nella crescita dei giovani fondando, insieme a Marco Cioci, la ProRacing, realtà che segue piloti dall'età kartistica fino alle formule maggiori. Nell'intervista a Fanpage, Fisichella racconta perché Antonelli "si può togliere tante belle soddisfazioni in futuro in Formula 1" e apre il cassetto dei ricordi con aneddoti lontani dalle telecamere: dai rituali nel paddock con Alonso e Briatore ai tempi della Renault, fino al giorno del suo esordio in Ferrari a Monza, racchiuso in una foto che "spiega tutto". Ne è uscita una conversazione che unisce attualità, memoria e futuro, e che racconta meglio di ogni analisi perché il motorsport italiano ha finalmente ritrovato la sua voce.
Dopo tanti anni un pilota italiano è tornato protagonista in Formula 1, con due podi consecutivi. Che tipo di pilota vedi in Kimi Antonelli?
"È sicuramente un grandissimo piacere vedere finalmente, dopo tanti anni, un pilota italiano tornare in Formula 1. È un pilota con un talento incredibile: lo ha dimostrato nelle categorie minori e lo ha dimostrato subito anche al primo anno in Formula 1, facendo risultati molto importanti, podi, andando a raccogliere tanti punti importanti per la Mercedes nel Mondiale Costruttori. Quindi ha contribuito molto bene a questa stagione".
Ti ha colpito anche per come ha reagito nei momenti difficili?
"Ha avuto anche dei momenti un po' difficili, però si è sempre saputo rialzare. Lo vedo come un futuro pilota di Formula 1 per diversi anni. Con una macchina buona e con un bagaglio di esperienza più importante può avere delle belle soddisfazioni".
Ti ricorda qualcuno della tua generazione?
"È difficile paragonarlo alla mia generazione o a quella del passato, perché sono generazioni diverse, sono macchine diverse. Però è sicuramente un pilota che può fare tanta strada e ha ancora tanti anni di Formula 1 davanti a sé".

Questa nuova generazione italiana però non si ferma ad Antonelli: Fornaroli, Minì, De Palo. Oggi è più facile emergere rispetto ai tuoi tempi?
"È sempre difficile, perché è uno sport complicato per tanti motivi che ben sappiamo, a partire dai costi che affronti già dai kart e che aumentano sempre di più nelle categorie successive. È uno sport molto selettivo".
Qual è la vera differenza rispetto al passato?
"Oggi ci sono le academy delle scuderie di Formula 1, che ti danno un supporto economico e anche di immagine. Se sei un pilota veramente valido, come lo è stato Antonelli o come lo è stato Verstappen, vieni cresciuto dalle driver academy. Ai miei tempi questo non esisteva, anche allora era difficile emergere".
E oggi l'Italia cosa sta producendo?
"Stiamo vedendo piloti italiani crescere sempre di più nelle diverse categorie: Fornaroli che ha vinto, Minì, De Palo che è una nostra speranza, soprattutto della ProRacing e del mio management. Speriamo bene".

Oggi però sei anche pilota GT e manager. Com'è cambiata la tua vita rispetto alla Formula 1?
"Dopo la Formula 1 ho intrapreso il percorso dell'endurance: dal 2010 faccio queste gare, dopo aver fatto Mondiali, Le Mans e tutto il resto".
E parallelamente è cresciuta anche ProRacing…
"Oggi sono concentrato sia a correre, quattro o cinque gare l'anno, sia a dedicarmi moltissimo alla società di management che ho fondato con il mio socio Marco Cioci. In poco tempo ci siamo distinti e oggi siamo considerati tra i management più importanti".
Che tipo di struttura è diventata?
"Seguiamo quasi 15 piloti e collaboriamo con coach di grande esperienza come Tonio Liuzzi, Luca Filippi e altri. Mettiamo a disposizione tutta la nostra esperienza dando un servizio a 360 gradi. Io faccio da supervisore: quando vado alle gare o ai test posso dare consigli".

Con ProRacing puntate a rendere i piloti completi. Quando valuti un ragazzo, cosa guardi per primo?
"Guardiamo un po' tutto. Le giornate Top Gun servono a far fare il salto dal kart alle formule e a capire il carattere, i pregi e i difetti dei piloti".
Quanto conta oggi saper comunicare con la squadra?
"Conta tantissimo. Insegniamo come parlare con l'ingegnere, come spiegare i problemi della macchina. Non siamo più all'era del kart: servono termini corretti come sottosterzo e sovrasterzo".
Non tutti però crescono allo stesso ritmo…
"C'è chi si adatta in tre giri e chi ha bisogno di più tempo. Il nostro lavoro è portarli tutti allo stesso livello, lavorando su aspetto fisico, mentalità e preparazione tecnica".
Matteo De Palo è uno di quelli che si adatta subito?
"Lo seguiamo fin dai kart. È cresciuto tantissimo: all'inizio era timido, poi ha tirato fuori il carattere. In ogni categoria si è adattato subito ed è sempre andato forte."

C'è stato un momento che ti ha convinto definitivamente?
"Nel rookie test con la Ferrari 296 di AF Corse in Bahrain: ha stupito tutti. In ogni categoria in cui corre va subito forte. Siamo molto orgogliosi di averlo con noi e di aver firmato un contratto importante con la McLaren".
Oggi però i giovani vivono anche sotto la pressione dei social.
"È cambiato tantissimo rispetto ai miei tempi. Bisogna dedicare tempo anche a quello".
Come li proteggete?
"Cerchiamo di evitare distrazioni e mettiamo a disposizione un social management. È il presente e sarà il futuro. Anche se io sono contrario ai social".
Ferrari resta un capitolo speciale della tua carriera.
"Per un pilota italiano correre in Ferrari è un sogno. Quando sono stato chiamato nel 2009 per sostituire Massa nelle ultime cinque gare non stavo nella pelle".
C'è un'immagine che riassume tutto?
"Una foto della mia prima visita a Maranello, durante il seat fitting: guardavo la macchina con gli occhi estasiati. Quella foto spiega tutto".

E Monza?
"A Monza 2009 ho capito cosa significa essere un pilota Ferrari. Mi hanno fatto sentire subito uno di loro, uno di famiglia. Era un periodo pazzesco, tutti i media erano concentrati su di me".
Anche il rapporto umano fece la differenza?
"Mi sono sentito subito a mio agio, nonostante fossi arrivato a fine stagione. Era strano per me parlare in italiano con i meccanici, quando ero abituato a correre con team inglesi"
C'è un ricordo che ti lega in particolare a quell'ambiente?
"Erano meccanici che vedevo durante tutte le altre gare, spesso ci scambiavamo delle parole. Andavamo anche a giocare delle partite di pallone che organizzavamo con Michael Schumacher. Il fatto di essere uno della loro squadra rendeva tutto ancora più bello".
C'era una differenza tra Ferrari e i team anglosassoni?
"Ogni team ha il suo metodo di lavoro, ma alla fine non c'è tanta differenza: programmi, strategie, tutto viene pianificato prima come fanno tutti".

Un momento vissuto nel paddock che oggi sarebbe virale?
"Le partite a scopone scientifico con Alonso, Briatore e il nostro fisioterapista, anche poche ore prima della gara. Anche se oggi non credo sarebbe stato possibile".
Chi vinceva?
"Di solito io e Alonso… perché "baravamo" un po' (ride, ndr)".
Il più grande rimpianto?
"Non tornerei indietro. Ho realizzato quasi tutti i sogni, tranne quello di vincere il Mondiale".
Un consiglio ai giovani?
"Dedicarsi al 100% e fare la scelta giusta al momento giusto, quando c'è l'opportunità".
Guardando avanti, cosa vedi nel tuo futuro?
"Voglio continuare a correre e seguire i ragazzi della ProRacing. Rimanere in pista: è il mio mondo da quando avevo otto anni".