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Andrea Migno: “Valentino Rossi non farà mai pace con Marc Marquez. Tutti sanno com’è andata davvero”

Intervista ad Andrea Migno, dalla pista al salotto di Mig Babol: storie, aneddoti e la sua visione sulla differenza tra Valentino Rossi e Marc Marquez.
A cura di Fabio Fagnani
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In pista è sempre stato uno dei volti più amati della Moto3: sorriso contagioso e romagnolo fino al midollo. Andrea Migno, classe 1996, ha attraversato il Motomondiale con quella leggerezza che solo chi ama davvero il motociclismo sa mantenere anche nei momenti più duri. Cresciuto nella VR46 Riders Academy di Valentino Rossi, con cui ha condiviso anni di gare, allenamenti e sogni, oggi Migno è molto più di un ex pilota: è un comunicatore, un osservatore del paddock e un volto nuovo della narrazione sportiva. Dopo oltre dieci stagioni nel Motorsport ha trovato una nuova dimensione nel progetto Mig Babol, il podcast che conduce e racconta la passione per le moto insieme ad altri appassionati e colleghi del mondo racing, diventato in breve tempo uno dei più seguiti dagli amanti delle due ruote.

Nell’intervista a Fanpage.it, tra aneddoti e riflessioni, parla a cuore aperto del presente e del futuro delle corse: da Bagnaia a Marquez, da Sinner a Rossi, fino alla sua nuova vita tra paddock e microfoni. Un Migno maturo, ironico e appassionato, che non ha smesso di credere che la classe – nello sport come nella vita – non si compra.

Partiamo un po' da questo 2025 che sta per concludersi. Quest’anno Bagnaia ha vissuto pochi alti e tanti bassi. Come ti spieghi le sue difficoltà?
La MotoGP è anche questo: non esiste la perfezione. Ci sono weekend in cui tutto sembra identico, ma non lo è. Le gomme, le temperature, una piccola differenza nel telaio: cambia il mondo. È uno sport in cui anche la testa incide tanto. Quando cominci a non capire perché non vai, ti entra il dubbio che tu non sia più forte e poi è difficile uscirne. Pecco ha avuto momenti difficili, ma il fatto che sia rimasto lì a combattere dice tutto sul suo spessore. Pecco è forte e continuerà a dimostrarlo.

Le Ducati sono davvero tutte uguali, come spesso si dice?
No, non lo saranno mai. Nessuna moto è davvero mai uguale a un'altra. Anche nello stesso team. Anche tra la prima moto e la seconda dello stesso pilota. Puoi montare gli stessi pezzi, ma due moto non reagiranno mai uguale. C’è un margine umano, di sensazioni, che non puoi standardizzare. Se così non fosse, vincerebbero tutti. Poi è ovvio che la differenza la fanno anche i piloti, però, c'è qualcosa di magico e dannato che renderà sempre due moto uguali, due moto diverse.

Che voto dai alla stagione di Di Giannantonio e Morbidelli?
Un 6 e mezzo. Hanno fatto buone cose, ma il potenziale è più alto. Hanno le moto e le qualità per vincere, devono solo crederci fino in fondo. In fin dei conti abbiamo preso la paga da Gresini che ha portato alla vittoria entrambi i piloti e ha avuto una super costanza con Alex Marquez. Noi avremmo dovuto stargli davanti visto che siamo il team satellite di riferimento e invece loro sono stati più bravi.

Andrea Migno, undici stagioni in Moto3.
Andrea Migno, undici stagioni in Moto3.

Guardando al 2026, chi saranno i protagonisti?
Mi aspetto un mondiale più aperto. Aprilia ha fatto passi enormi, Honda sta lavorando per risalire. Acosta vorrà migliorarsi. Credo che il prossimo anno vedremo più sorpassi, più gare tirate. Ci sarà Marquez, certo, ma anche Bezzecchi, Martín, Morbidelli, Di Giannantonio, Acosta, Aldeguer. E spero Bagnaia. È un bel periodo per la MotoGP: ci sono tanti bravi piloti. Certo che quest'anno Marquez ha dominato. Non so se si ripeterà anche nel 2026 a livello di dominio.

Cosa pensi della scelta di contare solo i titoli MotoGP nei dati storici?
È una follia. Il Motomondiale è sempre stato fatto di più categorie, e ognuna ha avuto la sua importanza. Cancellare la 125 o la 250 significa cancellare la storia. È come dire che Nieto o Biaggi non hanno valore. Bisogna rispettare il passato, non riscriverlo.

Cosa hai imparato di nuovo in questo ruolo che ormai ricopri da un paio di stagioni nel team VR46?
Allora, di nuovo nuova da dire "wow, questo non lo sapevo" niente (ride). Però, dai, diciamo che da pilota vedi solo il tuo mondo, ma da fuori capisci quanto è complesso far funzionare tutto. Quando corri, pensi che tutto ruoti intorno a te; quando sei dall’altra parte, vedi che serve un lavoro enorme di squadra. E impari anche che non devi prenderti troppo sul serio: il talento conta, ma l’umiltà di ascoltare fa la differenza.

Chi vedi come futuri campioni, i veri successori di Marquez, Bagnaia o Martín?
Credo che nei prossimi anni non è detto che arrivi un nuovo fenomeno che oggi non conosciamo. Nel senso che ci sono ancora tanti talenti in MotoGP, già conosciuti, che vinceranno ancora o emergeranno di più. Ad esempio, Acosta e Aldeguer sono il futuro più immediato secondo me. Pedro ha quel talento naturale che ti cattura: lo vedi in sella e capisci che fa cose che agli altri non vengono neanche in mente. Aldeguer invece, ma è molto forte anche lui. Poi c’è una generazione che sta crescendo bene: Rueda, Moreira, Holgado… ma per diventare campioni servono anche testa, continuità, equilibrio.

A proposito di equilibrio, ti sembra che la MotoGP sia diventata troppo “scientifica”? Troppi dati, troppa elettronica?
Sì, un po’. È inevitabile, ma ha tolto qualcosa all’improvvisazione. Una volta dovevi sentire la moto con il corpo, oggi spesso te la raccontano i numeri. Ma non tutti sanno tradurli in sensazioni. Pecco, per esempio, è bravissimo in questo: interpreta i dati, ma poi decide col suo istinto. Per questo i nuovi regolamenti che ridurranno elettronica e aerodinamica mi piacciono: rimettono il pilota al centro. Dal 2027 secondo me qualche cambiamento lo vedremo. Me lo auguro.

Migno con i piloti della VR46 Riders Academy.
Migno con i piloti della VR46 Riders Academy.

Quindi le moto meno elettroniche aiuteranno i più talentuosi?
Assolutamente sì. È un ritorno alla guida vera, di sensibilità. Gli abbassatori e le appendici hanno reso tutto più standardizzato: prima c’era chi sapeva “domare” la moto, ora è più una questione di setup.

Se dovessi scegliere tre piloti che oggi hanno ancora quella “guida sopra la moto”, chi nomineresti?
Tralasciando Marquez, che è fuori categoria. Ti dico Bagnaia, Acosta e Quartararo. Pecco per la lucidità e l’intelligenza tattica, Acosta per il talento grezzo, e Fabio perché ha quel modo di guidare tutto cuore e rischio, che ricorda un po’ la vecchia scuola.

Passiamo al tuo secondo lavoro, quello di conduttore del podcast: come va il tuo progetto “Mig Babol”? Ti vedo molto attivo.
Sta andando bene! È impegnativo, più di quanto sembri. Dietro un podcast c’è lavoro vero: scrittura, montaggio, idee, sponsor, logistica. Con Cupra e Caffé Pascucci, per citarne alcuni, abbiamo trovato dei partner fantastici, ma è sempre una sfida. Mi piace perché non è solo un format di interviste, è un modo per raccontare la passione, per dare spazio a storie che nei media tradizionali non trovano posto. Però, ti dico la verità: è devastante.

In che senso?
Che ci sono sempre tantissime idee, ma poco budget per realizzarle e si finisce per non farle e quindi per non innovarsi. All'inizio mi ero detto che avrei fatto solo una stagione. Poi il podcast è piaciuto, è andato molto bene e nella seconda stagione ho intervistato anche ospiti che non erano nella mia cerchia, diciamo. Adesso mi piacerebbe fare qualcosa in più, qualcosa di diverso, ma è molto complesso gestire tutto. Anche perché sono sempre in giro con il team VR46 e incastrare il calendario della MotoGP con quello di Mig Babol non è semplice.

Tra gli ospiti, chi ti ha colpito di più?
Diciamo che mi hanno colpito molto quelli che non sono dentro il mondo della MotoGP. Ad esempio, Cremonini mi ha impressionato tantissimo: super coinvolto, curioso, uno che ascolta e risponde davvero. Pensavo se ne sarebbe voluto andare dopo mezz'ora, invece era preso bene e sarebbe andato avanti tutto il giorno a parlare di moto. Questa cosa mi ha gasato parecchio. E poi Capirossi, tornando al nostro mondo: ha una memoria incredibile, ti tira fuori aneddoti che nessuno ricorda più. Anche Manzi, che era un po' che non lo sentivo, con la sua vittoria nel Mondiale Supersport, è stato emozionante da ascoltare: si percepisce quanto ha faticato per arrivarci. È stato molto bello.

La puntata di Mig Babol con Valentino Rossi ospite da Migno.
La puntata di Mig Babol con Valentino Rossi ospite da Migno.

Senti, molti hanno criticato la scelta di mettere a pagamento l'ultima parte dell'intervista a Jorge Lorenzo, quella relativa al 2015…
Dai, hanno ragione. Diciamo che è stata un po' una bastardata, ma dovevamo provare anche il mondo degli abbonamenti. Alla fine con un euro, con un caffé come dicono quelli bravi, ti ascoltavi l'opinione di Lorenzo. Se non ti interessa, amen. Sicuramente dobbiamo capire meglio come gestire questa parte del canale. Una figura importante come Jorge ci poteva permettere di cercare di lanciarci in questo progetto. Però, capisco le critiche.

Adesso anche Dorna ha fatto il documentario su "Sepang Clash" a dieci anni di distanza. Tu cosa ne pensi?
Penso che le cose sono andate in un certo modo e tutti lo sanno. Talmente evidenti che dire il contrario vuol dire essere in malafede.

Faranno mai pace?
Tu faresti pace con qualcuno che ti ha fatto del male? Tanto male? Secondo me no. Non c'è nessuna possibilità che Valentino perdoni Marc. Poi, è un mio parere, magari tra altri dieci anni faranno pace.

Restano due leggende. 
Diverse. Ti faccio un paragone: per me Rossi è come Federer o Jordan. Hanno reso popolare uno sport, diventando più grandi dello sport stesso. Marquez è come Djokovic o LeBron. Grande, grandissimo, ma in modo diverso. È una questione di classe, non di numeri. La classe non la compri: o ce l’hai, o no. Per me Marc ha i numeri e Rossi la classe. Ci sono piloti che vincono tanto, ma altri che lasciano un segno nell’anima. Rossi è come Federer per eleganza, visione, amore per lo sport. Marquez è più Djokovic: macchina perfetta, ossessione per la vittoria. Entrambi grandissimi, ma, ripeto, diversi. Un po' come scegliere tra Messi e Ronaldo, per citare anche il calcio. Messi è Rossi, Marquez sicuramente Ronaldo.

A proposito di Federer e Djokovic, so che sei appassionato di tennis.
Sì, adoro il tennis. Quando posso gioco, mi piace, mi diverto. Sinner mi ha riacceso la passione. È un ragazzo pulito, educato, un esempio. Mi piace perché vince senza fare rumore. In un mondo dove spesso si urla per farsi notare, lui dimostra che si può arrivare in cima con classe. Giusto per tornare al punto di prima.

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