Vuelta, tappa neutralizzata per le proteste ProPal. Il team di Israele: “Non siamo assassini”

Non ci sarà alcun vincitore nell'undicesima tappa della Vuelta a España 2025. Una decisione inevitabile per gli organizzatori a causa delle manifestazioni di attivisti pro-Palestina presenti in numero consistente (anche) al traguardo di Bilbao. Il rischio che la situazione possa degenerare per le proteste nei confronti della Israel Premier-Tech hanno costretto la direzione della corsa a cambiare tutto: non c'è stato alcun traguardo valido né per decretare il successo del ciclista più bravo e forte né per annoverare i tempi in classifica come abitualmente avviene.
Cosa succederà? La soluzione adottata è stata considerare terminata la frazione del giro spagnolo a tre chilometri dalla conclusione: lì saranno presi i tempi per la graduatoria generale. E Jonas Vingegaard e Thomas Pidcock, che erano scapptati sull'ultima salita, guadagnano sui rivali.
Il clima ostile verso Israel Premier-Tech: "Sì, abbiamo paura"
Un atto necessario alla luce di tutto quanto sta accadendo. La Israel Premier-Tech non ha alcuna intenzione di ritirarsi dalla Vuelta di Spagna ma adesso ha paura per i tentativi di aggressione, gli assalti continui che mettono a repentaglio la sicurezza e per il brutto clima di tensione che s'è formato intorno ai ciclisti. Vivono gli eventi sportivi blindati e scortati ma quel che accade lungo le strade non lo si può prevedere, né arginare del tutto: le proteste contro l'intervento militare che la maggior parte della comunità internazionale considera il genocidio di Gaza. "Essere chiamato assassino o figlio di puttana è qualcosa che ti fa male – le parole di Oscar Guerrero, manager del team -. Quello che è successo a Figueres lungo il tragitto per Larra Belagua ha alimentato tensione. E sì, il gruppo è spaventato perché non possiamo controllare quello che può succederci là fuori".
Il manager spagnolo del team: "Mi chiamano assassino ma io che c'entro con la guerra?"
Nonostante la squadra si sia evoluta, tanto da annoverare appena 3 ciclisti israeliani su un totale di 30 che hanno nazionalità diverse da quella ebraica (c'è anche l'italiano Marco Frigo), non c'è tappa che non rischi d'essere caratterizzata da tentativi di blocco o, addirittura, imboscate tese ai ciclisti della Israel-Premier Tech. "Siamo qui perché ne abbiamo il diritto, ce lo siamo guadagnato sulla strada. I ciclisti sono molto provati. Non dobbiamo nasconderci perché nulla c'entriamo con la guerra", ha aggiunto Guerrero che racconta anche la grande apprensione che gli è rimasta addosso dopo la Cronometro.
"Figueres ha rischiato grosso. Se non avessimo reagito in fretta, la caduta sarebbe stata rovinosa. Rispettiamo tutte le proteste, ma non vogliamo attacchi contro la squadra o i corridori perché non hanno nulla a che fare con quello che sta succedendo a Gaza. Ieri siamo passati attraverso la Navarra (la tappa Larra Belagua, ndr), quella è casa mia, ma ricevo molti insulti da persone che nemmeno mi conoscono. Sono un dirigente da 35 anni, ho lavorato sodo per tutta la vita, e sentirmi definito assassino o figlio di p… mi fa ancora più male".