Pogacar è stanco: “Non mi vedo correre a lungo. Ora voglio un po’ di caldo senza soffrire in bici”

Tadej Pogacar ha vinto ancora. È al quarto Tour de France messo in bacheca. Ma questa volta, il vero avversario non era Jonas Vingegaard o il Col de la Loze: era la stanchezza. Fisica, certo, ma soprattutto mentale. E, per la prima volta, il dominatore del ciclismo moderno lo ha ammesso senza troppi giri di parole: "Non credo che smetterò subito, ma non mi vedo a lungo. Le Olimpiadi di Los Angeles del 2028 sono uno dei miei obiettivi. Dopo, potrei iniziare a pensare al ritiro".
Un messaggio che scuote l'ambiente e preoccupa i vertici dell'UAE Team Emirates, che con Pogacar ha costruito una dinastia. A 27 anni ancora da compiere (lo farà il prossimo 21 settembre), lo sloveno ha già conquistato quattro Tour de France e, salendo sul podio per la sesta volta consecutiva, ha ribadito la propria supremazia. Ma il dubbio è tutto nella testa: quanto a lungo può ancora reggere questa pressione?

"Ho bisogno di staccare, voglio solo godermi l'estate"
Il podio, il giallo, gli Champs-Élysées. Tutto già visto. Ma stavolta il finale è stato diverso. Pogacar ha perso lo sprint finale a Montmartre da Wout van Aert e, anziché ostinarsi, ha ceduto con lucidità, evitando rischi inutili. Il segnale era già arrivato prima del via: "In realtà non avevo l'energia necessaria per motivarmi a correre oggi".
La voglia di rallentare è il leitmotiv del suo post-Tour. "Ora è il momento di festeggiare. Voglio una settimana tranquilla, godermi un po' d'estate. Abbiamo lavorato tanto per adattarci al caldo e poi non è stato nemmeno così caldo. Ora voglio un po' di caldo, ma senza soffrire in bici" ha detto nelle interviste TV dopo il trionfo in cui gli chiedevano se ha già preso la sua decisione riguardo un'eventuale partecipazione alla Vuelta di Spagna.
Poche ore dopo la passerella di Parigi, Pogacar ha rivelato a L'Équipe i suoi pensieri più intimi. Non parla più da predestinato eterno. Parla da uomo che ha già vinto tanto e che comincia a pensare alla vita oltre la bici. "Sono arrivato al punto in cui ho dimostrato a me stesso di poter ottenere grandi risultati. Ora cerco di concentrarmi su altre cose della mia vita".
Un Tour dominato senza rivali
Non c'è mai stata davvero storia. Pogacar ha controllato la corsa dal primo all'ultimo giorno, dettando i ritmi insieme alla sua squadra, UAE Team Emirates-XRG. Le strategie della Visma | Lease a Bike, le fiammate di Vingegaard, le tappe di montagna: nessun vero pericolo.
La statistica è impietosa: in tre settimane, l'unico momento in cui Vingegaard ha guadagnato terreno è stato un abbuono di due secondi nell'ultima tappa alpina. Il resto, pura amministrazione. E forse proprio questa superiorità ha generato una forma di noia da dominio.

"Il Tour è la corsa ciclistica più importante al mondo, ma è anche fonte di grande stress per i corridori – ha detto Pogacar –. Vorrei saltarla per una stagione, ma so che sarà difficile. Molto probabilmente mi vedrete di nuovo al via l'anno prossimo".
Lo sguardo al futuro: 2028 nel mirino, poi il possibile addio
Senza obiettivi dichiarati a breve termine ("Non ho un obiettivo preciso: vincere cinque o quanti Tour, non ci penso. Voglio solo godermi questi momenti" ha difatti aggiunto tra le altre cose) Pogacar ha però fissato un orizzonte: Los Angeles 2028. Le prossime Olimpiadi rappresentano il confine tra presente e futuro, tra l'oggi del ciclismo e un domani ancora tutto da scrivere.

Il responsabile delle performance della UAE, Jeroen Swart, lo sa: "Penso che sia davvero al suo apice. La domanda è: per quanto tempo riusciremo a mantenerlo a questo livello? Non è più una questione di età, ma soprattutto di motivazione".
E la motivazione, nel ciclismo, è tutto. Più ancora della gamba. Pogacar lo sa. Per questo oggi sorride, festeggia, si gode il giallo. Ma con lo sguardo già oltre. Forse non ci sarà un lungo addio. Forse, dopo il 2028, il ciclismo dovrà iniziare a pensare a un Tour senza Pogacar.