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L’ombra del dottor Mabuse sul ciclismo: “Parlo di digiuno col team di Pogacar. Van der Poel mi segue”

Bernard Sainz è tornato a parlare di ciclismo, ambiente che – malgrado le condanne subite – non ha mai abbandonato, anzi. Il sedicente neuropata, che per anni ha esercitato illegalmente la professione medica, ha rivelato che ancor oggi c’è chi gli chiede consigli: “Fino a poco tempo fa avevo i migliori corridori francesi. Van der Poel segue i consigli che diedi a suo nonno Poulidor e mi chiama Mauro Gianetti”, il manager di Pogacar.
A cura di Alessio Pediglieri
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Bernard Sainz non ha mai lasciato realmente il mondo del ciclismo malgrado le ripetute condanne per aver agevolato pratiche scorrette nel gestire diversi corridori, senza avere alcun titolo in medicina e consigliando l'assunzione di sostanze proibite. A rivelarlo è lo stesso 81enne naturopata francese in una recente intervista in cui sottolinea come sia rimasto in contatto, anche per vie indirette, con i campioni del momento, di primissimo livello, come Mathieu Van der Poel o lo stesso Tadej Pogacar: "Ho avuto praticamente tutti i migliori corridori francesi fino a poco tempo fa e Mauro Giannetti [Team Manager della UAE Emirates Team, ndr] mi chiede ancora oggi consigli".

La figura di Bernard Sainz è considerata all'unanimità una delle più cupe e controverse del mondo dello sport e del ciclismo in particolare, cui ha legato gran parte della propria attività, finendo ripetutamente nelle spirali dei controlli antidoping e venendo condannato, malgrado lui stesso sostenga il contrario: le sue "disavventure" con le due ruote iniziarono – dopo un trascorso intriso di polemiche anche nel mondo dei cavalli – sin dagli anni '70 tra presunti commerci di anfetamine, cortisonici, materiali dopanti, ed esercizio illegale della professione medica. Fino al primo arresto avvenuto negli '80 poi richiesto nuovamente vent'anni più tardi, nel 2008, a seguito di ulteriori processi attorno a continuate pratiche illecite sui ciclisti.

Bernard Sainz rivela: "Fino a poco tempo fa avevo ancora i migliori ciclisti francesi"

Ora, a 81 anni suonati, il "dottor Mabuse" – come venne da subito definito nell'ambiente sportivo prendendo spunto dal nome del cattivo di una serie di libri e film tedeschi – è tornato a parlare e a rilasciare rivelazioni inquietanti: "Fino a poco tempo fa avevo ancora contatti con i principali ciclisti francesi – ha spiegato Sainz in una intervista rilasciata a Ouest-france – Poi non posso negare che Mathieu Van der Poel stia seguendo i consigli che diedi a suo nonno, Poulidor e che Mauro Gianetti mi chiama ancor oggi per avere dei consigli da me". Due nomi "pesantissimi" del mondo del ciclismo moderno con quello del campionissimo olandese e del manager in UAE Emirates di Tadej Pogacar.

Sainz e il rapporto con Gianetti, dirigente della UAE di Pogacar: "Quanto sono buoni i digiuni per gli atleti!"

Proprio il nome del fenomeno sloveno ha scoperchiato un vaso di Pandora che, stando alle dichiarazioni di Sainz, non è mai stato definitivamente chiuso nel ciclismo: "Non ho mai avuto contati diretti con Pogacar" ha spiegato Sainz, che poi a raccontato l'aneddoto che lo lega da sempre a Giannetti: "Quattro anni fa, un ex corridore svizzero mi ha chiamato. L'avevo aiutato alla Française des Jeux nel 1997. Questo ex corridore è Mauro Gianetti, il manager del team UAE. Recentemente – continua Sainz – mi ha detto: ‘Quando ero ciclista, mi facevi fare i digiuni, era fantastico, ero in ottima forma, come nuovo. Mi piacerebbe rifarlo'".

Un approccio la cui pista porta diretta a Tadej Pogacar, che entra nel discorso di Sainz pur senza citarlo: "Così ho mandato a Gianetti tutti i rimedi, piante amazzoniche, tre giorni di digiuno, cinque giorni di frutta acida, una o due settimane di rialimentazione, nutriterapia". Fino alla clamorosa rivelazione finale: "Mi ha richiamato, due mesi dopo dicendomi: "Quanto sono buoni i tuoi digiuni per gli atleti!".

La difesa di Sainz: "Mi hanno perseguito ma non ho mai avuto un ciclista condannato per doping"

Pratiche che a Sainz sono sempre state contestate e per cui ha subito condanne e radiazioni, malgrado continui a insistere nella "bontà" del proprio operato: "La mia reputazione si basa soprattutto su voci, non su fatti specifici. Non ho mai avuto un corridore risultato positivo a un controllo antidoping, solo sospetti. Mai. La Federazione cerca di scoprire chi è il dopato per poterlo perseguire penalmente di fronte ad un sospetto. Io? Sono stato perseguito anche se non ho mai avuto un corridore condannato per doping."

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