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“Così si uccide il ciclismo”: la dura accusa sulla montagna artificiale costruita per favorire Pogacar

Marc Madiot, responsabile di Groupama FDJ è esploso contro la deriva che ha assunto lo sport di cui l’Al Wathab – la montagna che si sta costruendo in vista dei Mondiali di ciclismo 2028 ad Abu Dahbi per favorire Pogacar – ne è emblema: “Così si uccide tutto lo sport, è la dimostrazione che CIO, UCI, FIFA, IFT sono pronti a tutto per soldi”
A cura di Alessio Pediglieri
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Durante l'off season non si smette di parlare nel mondo del ciclismo di Tadej Pogacar. Che divide anche e più di quanto non faccia vincendo sui pedali. L'ultima polemica è legata a quello che sta accadendo in Arabia, ad Abu Dahbi dove si sta erigendo una intera montagna a sua immagine e somiglianza per permettergli di poter trionfare nel migliore dei modi ai Mondiali che si disputeranno nel 2028, in cui si sta lavorando per preparare un circuito ad hoc: "Questo fatto è gravissimo, così si uccide il ciclismo. E indirettamente gli altri sport come il tennis che ha già venduto la propria anima ai soldi arabi. Ce ne pentiremo…"

La montagna per Pogacar cresce di anno in anno: obiettivo fargli vincere i Mondiali 2028

Duro e spietato è stato Marc Madiot, responsabile di Groupama FDJ che è entrato a gamba tesa sulla notizia, oramai certificata, che ad Abu Dahbi, sul percorso dell'UAE Tour che sarà molto probabilmente anche parte dei Campionati del Mondo 2028, si sta costruendo una intera montagna, l'Al Wathab dove tracciare la salita perfetta su cui Pogacar possa trionfare. Dai 1.400 metri con una pendenza media del 6% nel 2023, arriverà a 2 km nel 2026 per trasformarsi in una salita di 3,8 km al 6,5% entro il 2028. "Non so davvero cosa pensare, non sono un ayatollah dell'ecologia… ma ci sono comunque le basi e le regole di fondo da seguire. E se ciò che viene riportato dalla stampa fosse verificato" spiega Madiot nel programma televisivo "Grandes Gueules du Sport", "se arrivassimo a questo tipo di situazione, sarebbe drammatica per il nostro sport e indirettamente per gli altri, dove significa che possiamo fare qualsiasi cosa".

Lo sconcerto di Madiot: "Non oso pensare che l'UCI possa permettere una cosa del genere"

Per Madiot la deriva è diventata irreversibile, soprattutto perché i primi ad acconsentire sono le stesse Federazioni internazionali: "È una sorta di cambiamento distorto su ciò che lo sport dovrebbe essere o può ancora essere. Penso che la Federazione Internazionale e il suo presidente debbano riprendere il controllo di questo tipo di situazione. Mi dispiace, è l'UCI che assegna i campionati mondiali. Basandomi su un insieme di specifiche, non oso immaginare che l'UCI possa accettare di costruire una montagna artificiale con il pretesto di rendere la gara più difficile o addirittura per dare un vantaggio a un singolo"

Madiot: "La Federtennis ha venduto l'anima per soldi, ora tocca all'UCI"

Il pericolo che proviene dall'Arabia e che oggi si identifica nella salita dell'Al Wathab è solo la classica punta di un iceberg sui cui rischia di naufragare l'intero sport mondiale. Madiot non centellina esempi e precedenti, oramai inquietanti sulla distorsione organizzativa che ha preso lo sport internazionale, puntando il dito anche su altre discipline oramai in balia dei soldi arabi, dalle Olimpiadi, al calcio e al tennis: "Penso oramai che siamo in una situazione senza più inibizioni, dove l'Arabia Saudita vuole organizzare le Olimpiadi invernali, quindi anche in quel caso sono pronti a fare qualsiasi cosa. Organizzeranno i Giochi invernali e ho paura. Ho paura dell'UCI, del CIO, della FIFA, di tutte le federazioni internazionali, anche dell'ITF"

"Sono pronti a fare qualsiasi cosa per prendere i soldi, sono pronti a tutto. La Federtennis ha venduto la sua anima con la Coppa Davis per soldi. Ora tocca all'UCI… creeremo colline artificiali per lo spettacolo, per favorire i più forti" conclude il proprio pensiero Madiot. "Si prenderanno anche la Coppa di calcio. Si farà in Arabia Saudita ma non sappiamo solamente quando si giocherà, com'è già successo con il Qatar. Siamo più che mai servi di questo modo di vivere lo sport, in futuro possiamo davvero pentircene". 

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