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Cosa significa correre alla Parigi-Roubaix: i segni del dolore nelle mani dei ciclisti

La Parigi-Roubaix 2024 dominata da Mathieu Van der Poel è stata ancora una volta una autentica tortura per tutti i corridori che vi hanno partecipato. Molti di loro hanno voluto testimoniare con immagini forti i segni lasciati sul proprio corpo dalla “corsa delle pietre”
A cura di Alessio Pediglieri
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Più di 250 chilometri totali di cui ben 53 di pavé, mai così tanti in oltre 120 anni di storia: la Parigi-Roubaix 2024 è stata archiviata con questi numeri oltre all'epocale impresa di Mathieu Van der Poel che ha vinto in solitaria con una straordinaria fuga-record di quasi 60 chilometri che gli ha permesso l'arrivo in solitaria per la seconda volta di seguito. Una prova monstre dell'olandese, mentre tutti gli altri hanno pagato dazio alla "corsa delle pietre", mostrando i devastanti effetti a fine gara con foto impressionanti sui vari social.

L'Inferno del Nord ha regalato un'altra pagina straordinaria di ciclismo, che ha riconciliato con la paura e le polemiche divampate tra impressionanti e pericolose cadute e deviazioni di tracciato ai limiti dell'assurdo. Alla fine è finita come doveva finire: Mathieu Van der Poel senza rivali, con il campione dell'Alpecine che a 60 km da Roubaix ha deciso di fare la storia, lasciando i suoi compagni di avventura e vincendo per dispersione, nella Roubaix più veloce della storia.

Ennesima prova monstre di MVDP che aggiunge così un'altra perla in un palmares sempre più ricco, che sta incastonando l'immagine di uno dei campioni più forti e completi di sempre in grado di fare la differenza in strada come sullo sterrato, prendendosi la scena nel cross o nelle corse in linea, più forte di tutto e di tutti. Anche della scemenza di alcuni pseudo tifosi che ha trovato anche sulle strade del Nord.

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Ma la grandezza di Van der Poel è testimoniata anche dai suoi avversari, soprattutto per le condizioni in cui molti si sono ritrovati al traguardo. La "corsa delle pietre" non ha lasciato scampo a molti di loro. C'è chi ha dovuto accettare di fare letteralmente un'altra gara, arrivando a quasi 50 minuti di ritardo da Van der Poel e chi ha testimoniato l'impatto impressionante che i 53 km di ciottolato hanno lasciato sul proprio fisico. Come Tom Pidcock che una Roubaix pur l'ha vinta, anche se tra gli juniors nel lontano 2017.

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O Kasper Asgreen, fuoriclasse danese che nel Nord ha già dimostrato di saper correre, soffrire e vincere alla grande, infilando nel 2021 un doppio successo tra E3 Harelbeke e il Giro delle Fiandre. Che si è ritrovato nelle medesime condizioni di un debuttante assoluto, il norvegese Jonas Abrahamsen o come il 25enne connazionale di Van der Poel, Jules Hesters. Campioni e carneadi, tutti uniti da un unico comune denominatore. Tutti con i segni ineluttabili della dura prova tra Parigi e Roubaix: mani devastate da piaghe e rovinate da vesciche aperte. Simbolo del dolore e della sofferenza, che solo una Parigi-Roubaix e i suoi 29 settori di pavé ti costringono a sopportare.

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