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Tra la Juve e i suoi tifosi è successo qualcosa di anomalo a fine partita: fischi pesanti

La vittoria contro il Bologna non è bastata a smorzare la contestazione verso i bianconeri e il tecnico, Allegri. Cori e bordate di fischi hanno alimentato la spaccatura anche per quanto accaduto a fine match.
A cura di Maurizio De Santis
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La Juve batte il Bologna ma non va sotto la Curva a salutare i tifosi. Un gesto che alimenta la contestazione da parte dei sostenitori.
La Juve batte il Bologna ma non va sotto la Curva a salutare i tifosi. Un gesto che alimenta la contestazione da parte dei sostenitori.

I tifosi della Juventus si erano abituati a ben altro. E adesso che la squadra è tornata da un po' sulla terra, con tutti i vizi e i difetti delle ‘cose umane', è durissima accettare la nuova realtà. Per quasi un decennio lo Stadium era stata una roccaforte inespugnabile, l'arena dove l'avversario arrivava consapevole di trovarsi in una fossa di leoni, che prima o poi le sue difese sarebbero saltate, al massimo sarebbe uscito dal campo con l'onore delle armi.

Invece, almeno fino a quando il Bologna stesso (impalpabile) non s'è consegnato nelle mani della vecchia signora, perfino la gara coi felsinei è sembrata il gioco dell'impiccato. Una volta preso gol non ha mai avuto la sensazione di reagire, arrecare pericolo in un modo o nell'altro.

Fino alla fine non era solo uno slogan ma questione di mentalità, personalità, approccio che era stato il caposaldo di una generazione di campioni. Gigi Buffon, Giorgio Chiellini, Andrea Barzagli mancano tanto per equilibrio tattico e di spogliatoio. Uomini sui quali l'allenatore poteva contare a occhi chiusi. Chi avrebbe dovuto rappresentare il futuro (Matthijs de Ligt) è durato poco: mai a suo agio, è andato altrove senza risparmiare frecciate. Chi è rimasto della vecchia guardia (Leonardo Bonucci, Juan Cuadrado) o paga la diffidenza nei suoi confronti ("mai stato un leader e mai lo sarà", parola di ultras contro il difensore/capitano) oppure non ha più abbastanza energia in corpo da rappresentare una fonte inesauribile.

L'altoparlante annuncia il nome di Allegri, il tecnico viene subissato di fischi dai tifosi.
L'altoparlante annuncia il nome di Allegri, il tecnico viene subissato di fischi dai tifosi.

È finito un ciclo, che porta dietro con sé anche i guasti di anni difficili sotto il profilo economico, per scelte in panchina umorali (Maurizio Sarri, Andrea Pirlo, il ritorno di Massimiliano Allegri), per una spending review che porta Maurizio Arrivabene a replicare con ironia pungente a un tifoso che chiede la testa del tecnico, per equilibri di potere che ridefiniscono uomini e gerarchia decisionale.

È finito un ciclo ma gli albori di quello nuovo sembrano già ‘vecchi' nonostante la verve di Dusan Vlahovic che da quando ci sono Arek Milik (soprattutto) e Filip Kostic si sente un po' meno solo. Nemmeno Allegri sa più cosa dire per giustificare l'andazzo: la sconfitta umiliante Monza ha sconfessato anche la solita versione dei fatti e della visione di un "calcio semplice". Per lui e per la sua Juve non è più così da un pezzo.

Per lui e per la sua Juve sono tempi duri. Lo racconta la cronaca di una giornata calda che ha accompagnato a squadra fino al fischio d'inizio del posticipo. Mai a Torino avrebbero immaginato di vivere la vigilia della gara col Bologna con così tanta ansia, nervosismo, in un clima da ultima spiaggia e di contestazione prima strisciante poi rumorosa. I vuoti sugli spalti sono solo la diretta conseguenza della delusione tangibile. Il resto è scandito dai cori sotto l'hotel dei bianconeri qualche ora prima della gara, da quelli urlati allo stadio invitando i calciatori a tirare fuori gli attributi prima del match, dai fischi riservati ad Allegri e alla squadra, dai mugugni che non sono svaniti nemmeno a risultato acquisito.

C'è qualcosa che è accaduto ed è stato come spargere sale su una ferita ancora aperta. A fine gara non c'è stato alcun saluto da parte della squadra sotto la curva. Nessuno dei calciatori s'è rivolto verso il settore degli ultrà. Non c'è stata passerella né un cenno semplice. C'era stata perfino a Monza, dopo quella batosta che ancora fa male. Ma adesso il clima è differente.

Quello che poteva essere un momento di riconciliazione ha solo alimentato la spaccatura. Dinanzi alle contestazioni, alle provocazioni e ai comunicati dei giorni scorsi (in particolare quello rivolto a Bonucci) la squadra ha reagito compatta. Più che i gesti, contano i fatti e risultati. La Juve ha sempre conosciuto un solo modo: rispondere sul campo e vincere. Alla Juve arrivare secondi era da perdenti. Per questa Juve arrivare quarta e agganciare la zona Champions è l'unico obiettivo realistico che c'è al momento. Piaccia o meno, fischia (anche) il vento.

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