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Spalletti alla Juve non è un tradimento ma un’ovvietà: solo i soldi possono battere i soldi

Spalletti alla Juve è un matrimonio win-win scritto da tempo e che nemmeno “Don Rodrigo De Laurentiis” è riuscito ad evitare.
A cura di Jvan Sica
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Nel candore più atroce di questo inizio autunno, c’è o sembra esserci qualcuno da entrambe le parti che si impressiona per l’arrivo di Luciano Spalletti alla corte della Juventus. C’erano state mezze parole, una rivalità immaginaria con Allegri, addirittura un tatuaggio che descrive sulla pelle una stagione calcistica vincente e questo avrebbe dovuto far pensare che Spalletti e la Juventus non dovevano mai incontrarsi. Beh, l’ingenuità o la speranza di chi pensa a una cosa del genere sono servite in dosi massicce.

Chi è professionista di qualsiasi cosa nell’epoca dell’ipercapitalismo deve scegliere la strada più remunerativa e allo stesso tempo quella che in poco tempo faccia aumentare il proprio valore sul mercato. Non esiste l’impossibile che soldi e prospettive non possano superare e, non so se ve ne state rendendo conto, non esiste nemmeno un termine alla possibilità di crescere in quel valore a cui abbiamo accennato; si è sempre alla ricerca del progetto che faccia migliorare e arricchire di più fino a che il corpo regge anche solo per venti minuti suonati.

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Luciano Spalletti alla Juventus è un’ovvietà che Aurelio De Laurentiis conosceva alla perfezione e addirittura ha cercato di frenare sul nascere, anzi in base a un’ipotesi, inserendo una penale nel contratto del suo allenatore affinché andasse ovunque ma non ai bianconeri. Nel regno dell’ipercapitalismo questo è l’unico modo per spingere un professionista a non volere un contratto e dei soldi da qualche parte, ovvero mettere nero su bianco che una parte di quei soldi poi deve pagarli in ammanchi contrattuali. Solo con i soldi si battono i soldi, questa è la realtà e l’acqua in cui nuotiamo.

Se andiamo poi a vedere il caso specifico, Spalletti non poteva scegliere un progetto migliore della Juve: squadra senza identità, mercato farraginoso da alcuni anni, allenatori precedenti o invisi fin da subito o con il “cuore Juve” ma considerati non all’altezza, un gruppo di giocatori buoni per fare il suo calcio e per raggiungere il traguardo possibile con questa rosa, la Champions League, a cui aggiungere anche un discreto stipendio per non stare a spasso senza introiti veri. Insomma Spalletti poteva, voleva e doveva andare alla Juventus e il matrimonio perfetto si è consumato.

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Chi urla “traditore!” da Napoli dovrebbe lamentarsi anche dei Mondiali per club in USA o di mille altre sciocchezze che ci propinano, ma che noi tranquillamente guardiamo e quindi paghiamo e iniziare a destabilizzare il calcio di questi tempi per poter puntare il dito contro un professionista del settore.

Chi urla “nemico!” da Torino (diciamo, dall’Italia bianconera) dovrebbe continuare a farlo appena Spalletti vincerà le prime tre partite consecutive. Cosa che non avverrà, possiamo serenamente controllare a posteriori. Spalletti alla Juve è un matrimonio win-win scritto da tempo e che nemmeno “Don Rodrigo De Laurentiis” è riuscito ad evitare.

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