Sorensen: “Lo spogliatoio Juve con Buffon e Del Piero fu uno shock. Ricordo Pirlo che si arrabbiava”

Lo chiamano Ice-Man, l’uomo di ghiaccio, sia perché è l’uomo venuto dai fiordi danesi, sia perché in campo è un iceberg. Eppure, ogni tanto, anche gli iceberg si sciolgono. Soprattutto quando la vita li mette davanti a situazioni complicate. Parliamo sempre di calcio, intendiamoci, ma come lui stesso ci dirà durante l’intervista, “la gente pensa che la nostra vita sia tutta rosa e fiori, ma non è così”. Frederik Sorensen ha avuto una bellissima carriera, ha sognato il grande calcio e l’unica cosa che intende fare da qui a quando attaccherà le scarpette al chiodo, è continuare a fare quello che aveva sognato da bambino. Rincorrere un pallone. E la categoria non è un problema. Stare a casa ad aspettare una telefonata, invece, lo ha lacerato, ed è evidente quando tocchiamo l’argomento: “Devo ringraziare il fatto di avere una famiglia stupenda, una moglie che mi ha sopportato e supportato, tre figli splendidi che mi hanno tenuto impegnato. E’ stata dura, ma non ho mai mollato”. Ora, dopo mesi passati temendo di essere diventato un precoce ex-calciatore a soli 32 anni, la rinascita. La chiamata della Feralpisalò è di quelle che ti cambiano la vita. E lui, da difensore, come ripaga? Due presenze e due gol da bomber vero. Emozione pura…
Allora Frederik, partiamo dalla coda, com’è stato tornare a calcare il campo da gioco dopo così tanti mesi di inattività?
“E’ stato bellissimo, una grande emozione. Dopo esser rimasto senza contratto con la Ternana, ho sofferto molto. Vedevo passare le sessioni di mercato e quella chiamata che aspettavo non arrivava mai. Ho passato momenti non piacevoli, devo dire la verità, soprattutto dopo la chiusura dell’ultimo mercato invernale…”.
Già, perché la chiamata della Feralpisalò è arrivata a marzo, quando la stagione sembrava essere persa…
“Sì, ma io non mi sono mai arreso e mi sono fatto trovare pronto. Non è stato facile allenarsi senza avere prospettive, ma devo dire che non ho mai mollato. E in questo devo ringraziare la mia famiglia, che mi ha sopportato e supportato. Sopportato perché avermi in giro per casa tutto il giorno non è stato facile (ride, ndr), supportato perché senza di loro non so come avrei fatto…”.
La gente pensa quella del calciatore sia una vita da sogno, ma non sempre è così…
“Ovviamente siamo dei privilegiati, perché facciamo della nostra passione una professione, ma arrivare a giocare in Serie A, B o anche C non è semplice. Dietro ci sono tanti sacrifici, che spesso la gente non vede. Io, ad esempio, ho lasciato casa che ero giovanissimo, per andare in un altro Paese, pur di provare a coronare il mio sogno”.

Già, partiamo da lì: deve essere stato un bello shock quando, a 18 anni, ti hanno detto “C’è la Juve che ti vuole…”.
“Non lo chiamerei shock – ci risponde Frederik per un attimo tornato in versione Ice-Man – Direi piuttosto una soddisfazione, quello sì. Mi aveva notato Paratici quando ancora era alla Sampdoria, poi lui andò a Torino e allora capitò l’occasione della Juve. Dovevo fare la stagione in Primavera, invece dopo pochi mesi mi sono ritrovato in prima squadra. L’impatto maggiore è stato ritrovarsi nello spogliatoio con campioni come Buffon e Del Piero e dover marcare gente come Totti e Eto’o. Quello sì che è stato uno shock (ride, ndr)”.
Esordio contro il Cesena, poi subito terapia d’urto contro la Roma di Totti, Vucinic e Menez (Juventus-Roma 1-1 del 23/11/2010). Sei stato schierato terzino destro in una difesa completata da Buffon, Bonucci, Chiellini e Grosso. Non male…
“Eh sì, devo dire che ho provato sulla mia pelle quello che si dice di solito e cioè che giocare con quei compagni è come andare all’Università dei Difensori. E’ stata un’esperienza eccezionale, ma probabilmente a quel tempo non me ne rendevo neanche conto. C’è stata anche un po’ di incoscienza giovanile, forse, ma probabilmente è stata anche la mia fortuna…”.
Eppure, quella era la Juve di Delneri, che arrivò settima e non si qualificò per le coppe europee. Un po’ quello che rischia anche la Juve di quest’anno. Come te lo spieghi?
“A volte nel calcio capitano stagioni in cui non si riesce a rendere per quelle che sono le proprie qualità ed è difficile trovare motivazioni. Ad ogni modo, io credo che alla fine la Juve quest’anno raggiungerà il suo obiettivo, perché la squadra è forte…”.
C’è anche Antonio Conte che si giocherà un obiettivo importante da qui a fine stagione. Tu lo hai avuto al secondo anno alla Juve, il “primo” Antonio Conte, quello del primo Scudetto… Che ricordi hai di lui?
“Era già l’Antonio Conte di oggi, me ne rendo conto dalle dichiarazioni dei suoi giocatori. Quando leggo cosa dicono di lui, rivedo quello che rappresentava per noi già quindici anni fa. Quando sento dire che ti entra nella testa è proprio così. Lui ha il fuoco dentro. Quando sento i racconti degli allenamenti durissimi, ricordo quello che abbiamo vissuto noi. Io ho retto, ma ho visto compagni accasciarsi sfiniti. Mi ricordo quello che ha detto il primo giorno di ritiro: “Bisogna sudarsi questa maglia”. Ed era proprio così (sorride, ndr)”.

E come vedi la corsa Scudetto di quest’anno? Antonio Conte ce la farà a strappare il titolo all’Inter?
“Non mollerà fino alla fine. L'Inter poi avrà gli infrasettimanali di Champions, sarà dura. Il Napoli ha ottime chance…”.
A proposito di allenatori: chi è quello che ti ha lasciato di più?
“Ne ho avuti tanti, a partire da Conte, appunto, ma quello dal quale ho imparato di più, è sicuramente Stefano Pioli. L’ho avuto al Bologna, ancor prima che andasse ad allenare le big (stagioni 2012/2013 e 2013/2014, ndr), ma già allora si vedeva che aveva idee innovative. E, poi, riusciva a instaurare un ottimo rapporto con i calciatori”.
Si parla di un suo ritorno in Italia, in particolare alla Roma: come lo vedresti?
“Ovviamente bene, perché è un grande allenatore. Lo ha dimostrato al Milan e secondo me potrebbe farlo ancora su qualsiasi panchina”.
Torniamo all’amarcord. In quegli anni hai affrontato grandissimi attaccanti: quello che ti ha fatto soffrire di più?
“Ce ne sono tanti, uno di questi era Cavani, ma devo dire che ogni partita con Ibrahimovic era una vera e propria battaglia. Fisica ma anche nervosa, perché in partita ti diceva davvero di tutto (ride, ndr). Tu dovevi essere bravo a restare calmo. In Germania, invece, ho giocato contro Lewandowski, uno degli attaccanti più forti mai visti…”.
Alla Juve hai giocato con tanti campioni, alcuni dei quali – come Buffon, Bonucci, Chiellini, Del Piero, Grosso – li abbiamo citati prima. Chi era il più leader?
“Per me, il più carismatico in assoluto, non l’hai nominato. Per me Pirlo in quegli anni era semplicemente “ingiocabile”. Giocarci insieme era un qualcosa di eccezionale. Parlava poco, ma faceva parlare il pallone. Ricordo come si arrabbiasse quando, anche se marcato da tre giocatori, non gli davi la palla. “Tu dammela e non ti preoccupare – ti diceva – poi ci penso io”. Ed era davvero così”.

Nei tuoi anni in bianconero in quel centrocampo si sono alternati giocatori anche un po’ fuori dalle righe: il primo anno Felipe Melo, il secondo Vidal…
“Mamma mia (ride, ndr). Di Felipe non posso dire nulla: a parte qualche entrata folle in allenamento, è stato uno di quelli che mi ha aiutato di più. Mi ha dato un sacco di consigli e cercava di aiutarmi in tutti i modi. Non è scontato trovare compagni così quando sei un giovane che si affaccia per la prima volta al grande calcio. Di Vidal, ricordo quanto corresse! Era incredibile, noi annaspavamo con gli allenamenti di Conte, lui arrivava e non sembrava nemmeno avesse sudato. Poteva continuare per tutto il giorno”.
E questo nonostante le “notti brave”…
“Beh, a lui piaceva divertirsi, diciamo così (sorride, ndr), ma quando si scendeva in campo, allenamento o partita, era impeccabile, una macchina”.
Torniamo al presente e buttiamo un occhio al futuro: dopo mesi di inattività e brutti pensieri, dopo esser tornato a giocare, quali sono i tuoi obiettivi a breve e lungo termine?
“Questa esperienza mi ha insegnato che è inutile fare programmi, perché tutto può cambiare in un attimo. Per adesso mi godo questo finale di stagione con la Feralpisalò senza pormi troppi obiettivi: per me sarà la prima volta di un play-off di Serie C e voglio giocarlo al meglio, poi vedremo…”.