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Perché non ci sarà più un altro Pallone d’Oro come quello vinto da Fabio Cannavaro

A 15 anni dall’ultima vittoria di un difensore, Fabio Cannavaro nel 2006, giusta una riflessione sul Pallone d’oro, premio che ha trasformato il suo valore e il suo senso.
A cura di Jvan Sica
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Il Pallone d’Oro è un premio che viene assegnato al miglior giocatore di una determinata stagione. Fino al 1994 il calciatore doveva essere europeo, poi fu possibile premiare i calciatori di ogni parte del mondo. Facciamo questa brevissima sintesi del motivo e del senso del Pallone d’Oro perché negli ultimi anni sembra essersi completamente perso sia il primo che il secondo. Da marchio di eccelsa qualità a una determinata stagione di uno specifico calciatore, il Pallone d’Oro è diventato molto altro, allargando il suo spettro semantico senza il motivo di cui sopra, enunciato nelle frasi iniziali di questo articolo.

Alla fine degli anni ’80, in particolare gli uffici di comunicazione delle squadre italiane zeppe di Palloni d’Oro in serie, hanno esteso il valore prettamente stagionale del premio, riconoscendogli un marchio di qualità perenne da far indossare a un calciatore. Quando Josef Masopust vinse il Pallone d’Oro nel 1962 fu un premio alla sua stagione soprattutto con la Nazionale, con la quale arrivò in finale mondiale perdendo solo dal Brasile di Garrincha.

Quando invece nel 1987 lo vinse Ruud Gullit, la base motivazionale della sua vittoria fu comunque la grande stagione milanista che aveva fatto, ma la valenza riguardo al calciatore fu differente. Da quel momento in poi quando un calciatore vinceva il Pallone d’Oro voleva dire che “era uno Pallone d’Oro”, ovvero un calciatore che poi per tutto il resto della carriera poteva farsi riconoscere, grazie al fatto che aveva vinto il premio, come uno fra i migliori calciatori al mondo, anche se magari non era più così. Da qui iniziarono a nascere le squadre che non volevano tanto costruire un assetto equilibrato, ma che dovevano essere solo degli ammassi dorati di calciatori/palloni, come abbiamo visto nel Milan berlusconiano dei primi anni ’90 e con il Real Madrid dei vari Zidane, Owen, Ronaldo, Figo e così via.

Negli ultimi 15 anni poi il valore e il senso del Pallone d’Oro è cambiato ancora una volta, ribaltandone le prospettive. Ora non è più il Pallone d’Oro a marchiare qualitativamente la stagione di un calciatore o per estensione un calciatore e la sua carriera, ma deve essere il calciatore a dare valore al premio, è l’iconicità del calciatore a poter far riconoscere che quel determinato premio abbia un senso e davvero un valore nel calcio contemporaneo.

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Per questo dal 2008 in poi hanno vinto il premio 6 volte Messi e 5 volte Cristiano Ronaldo, con un piccolo intermezzo di Luka Modric (giocatore del Real Madrid) nel 2018, dopo la cavalcata favolosa della Croazia ai Mondiali di Russia. Sembra lontana un’era geologica in questo senso la scelta del Pallone d’Oro nel 2006: Fabio Cannavaro, un difensore, premiato proprio il 27 novembre di 15 anni fa. Oggi sembra davvero un’utopia. Dire che un premio del genere abbia sempre preferito gli attaccanti rispetto ai calciatori che giocano in altri ruoli è lapalissiano. Chi fa gol eccita la folla, l’immaginazione, i sogni e il portafogli ed è da sempre stato giusto premiarli. Nel passato però questa pratica impossibilità dei difensori di vincere il titolo non era così evidente e praticamente dichiarata come oggi.

Abbiamo già scritto che nel 1962 vinse il cecoslovacco Masoupust, per premiare quella Nazionale e anche per sottolineare come i direttori di orchestra in campo, cosa che faceva meravigliosamente Masoupust, erano da tenere in grande considerazione. Terzo in quella edizione del premio si piazzò Karl-Heinz Schnellinger, terzino all’epoca del Colonia e poi del Milan e della Germania Ovest. L’anno successivo vinse addirittura un portiere, il mitologico Lev Jascin della Dinamo Mosca, mentre nel 1965 si piazzò secondo Giacinto Facchetti. Nel 1970 secondo fu il libero della Nazionale inglese, Bobby Moore, negli anni ’70 due volte il premio è andato a Franz Beckenbauer, ma anche il campionissimo polacco Kazimierz Deyna riuscì ad arrivare secondo nel 1974. Dagli anni ’80 in poi fu molto più difficile per centrocampisti, difensori e portieri piazzarsi nelle parti alte della classifica, anche se i vari Baresi, Maldini e Oliver Kahn hanno trovato comunque posto. Nel 2005 era stato premiato il genio di Ronaldinho al suo massimo nel Barcellona, insieme ai dioscuri di centrocampo della Nazionale inglese, Lampard e Gerrard.

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Il 2006 della nostra Nazionale lo conosciamo tutti e sappiamo quanto contarono Gigi Buffon, secondo nella classifica finale, e Fabio Cannavaro, primo, per il nostro successo in Germania. Fu un premio già al tempo discusso perché era giusto premiare uno degli uomini che avevano creato l’Italia campione del mondo, che si fondava sulla difesa e che dalla difesa trovava anche chiavi tattiche importanti per sorprendere gli avversari, anche se per tanti voleva dire non premiare il migliore calciatore al mondo, capace di dare spettacolo con i gol.

Da qui in avanti infatti, i difensori non sono stati più presi nemmeno in considerazione e sono nate delle storture inspiegabili. Come non premiare ad esempio Virgil van Dijk nel 2019, così come sembra impossibile non aver premiato i vari Xavi, Iniesta e finanche Busquets negli anni d’oro del Barcellona. Anche nel 2010, dopo il triplete interista, altra vittoria di Messi, ma quanto lo meritavano Lucio o Maicon? Invece niente vittoria e anche per il Pallone d’Oro di quest’anno sembra difficile che lo vinca un centrocampista, un difensore o un portiere. Alcuni nomi ci sono tra i candidati, come Azpilicueta, Bonucci, Ruben Dias, N’Golo Kante, Simon Kjaer, ma è già praticamente stabilito che non si dovrebbe uscire dal trio Messi-Ronaldo-Lewandovski, con quest’ultimo che fa da nome nuovo solo perché lo avrebbe dovuto vincere facilmente nel 2020, quando il premio non è stato assegnato per il Covid. Oggi che è il premio a dover avere una sua accettazione planetaria e quindi serve collegarlo a un calciatore-brand noto in tutto il mondo, le speranze sono molto poche, ma in un’altra epoca e con altre idee, il Pallone d’Oro 2021 a N’Golo Kante non lo avrebbe tolto nessuno.

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