Perché le squadre europee stanno faticando così tanto contro le sudamericane nel Mondiale per Club

Il Mondiale per Club ha confermato un trend particolare che premia il lavoro delle squadre non europee: sono loro le vere regine della competizione dove fin qui i giganti europei non hanno ancora brillato. È un caso la sconfitta del PSG contro il Botafogo, o anche il pareggio del Real Madrid contro l'Al-Hilal di Simone Inzaghi, due partite che mostrano il percorso differente che si segue nei vari continenti. Finora i club provenienti dall'Europa hanno vinto soltanto la metà delle partite giocate contro le non europee e le sorprese più grandi arrivano dal Sudamerica, con le sue squadre pronte a dare tutto per arrivare agli ottavi di finale.
Per loro il Mondiale per Club rappresenta un'occasione irripetibile per misurarsi contro l'élite del calcio mondiale, un modo per misurare il proprio valore e mettersi in mostra. La nuova versione allargata a 32 partecipanti non è visto solo come un impegno in più ma come una vetrina importantissima che non va presa sottogamba. Il ragionamento opposto rispetto alle squadre del nostro continente che, provate da una stagione lunghissima conclusa da poco, hanno preso il torneo come una tournée estiva redditizia in cui fare esperimenti.
Perché le squadre sudamericane vanno così bene al Mondiale per Club
È l'osservazione principale nata dopo la prima settimana del nuovo format che ha cambiato totalmente gli equilibri. Le grandi squadre europee non sempre riescono a vincere con facilità, mentre quelle non europee stanno trovando risultati importanti con le sudamericane che sono più in forma di tutte: le sei rappresentanti della zona Conmebol (quattro brasiliane e due argentine) sono rimaste imbattute nella prima giornata del Mondiale per Club, con Palmeiras e Botafogo che sono prime nel girone dopo due partite giocate. L'inversione di tendenza è particolare e ha diverse spiegazioni che vanno dalla preparazione fisica fino all'approccio mentale.

Per fare un esempio, il Real Madrid ha giocato 62 partite dal mese di agosto mentre il Boca Juniors solo 21 dalla ripresa del campionato a gennaio, un concetto che però non è universale dato che le squadre brasiliane hanno giocato molto di più. L'intensità imposta dalle latino-americane è differente perché i giocatori sono più freschi, hanno le gambe più leggere e non risentono della stanchezza fisiologica dovuta dal termine della stagione dato che per loro ne è trascorsa appena la metà. È uno dei fattori fondamentali, oltre che dei più visibili in campo: argentine e brasiliane sono preparate e si trovano al massimo della forma e questo compensa il possibile divario tecnico con le più ricche cugine europee che hanno una rosa sicuramente più profonda ma poca forza fisica.
L'approccio mentale fa la differenza
C'è inoltre un altro aspetto in cui si crea un abisso tra squadre europee e non europee, un concetto che non abbraccia necessariamente soltanto le sudamericane. Per i club del nostro continente il Mondiale è visto come una sorta di preparazione estiva ricchissima. Spesso in panchina ci sono allenatori nuovi che provano le loro strategie e non sempre le rose sono complete, nonostante sia stata aperta una finestra di mercato in più dedicata a questa competizione. Per le non europee invece il Mondiale per Club è l'occasione della vita: possono misurarsi contro i colossi del calcio, dare il massimo per trovare il risultato e magari mettere in mostra i giocatori migliori anche in vista di possibili plusvalenze, così da autofinanziarsi e sfruttare al massimo questa opportunità.

Il concetto di esprime meglio pensando al percorso delle sudamericane che da sempre buttano un'occhio all'Europa e non vedono l'ora di sfidare le rivali del Vecchio Continente per mostrare la loro forza. E le europee a volte tendono a sottovalutarle, non pensando alla storia e alla tradizione che si portano dietro: si parla di club che hanno vinto tanto e che sono abituati a competere ad alti livelli, ritenuti da tutti dei giganti della Copa Libertadores che è equiparabile alla nostra Champions League. Per questo non è azzardato pensare che una tra le sudamericane possa davvero arrivare alla finale del 13 luglio del MetLife Stadium, un sogno che non sembra più solo utopia.