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Massimo Ambrosini: “Baggio aveva aura pure imitando Fantozzi. Chi sparla di Maldini non ha capito”

Massimo Ambrosini, ex calciatore del Milan e oggi talent di Prime Video, prova a fermare il tempo nell’intervista a Fanpage.it. La sequenza videoclip dei ricordi racconta la carriera in rossonero: “Sono arrivato che ero un ragazzino di 18 anni a cui avevano dato le chiavi del più bel Luna Park dell’universo”.
A cura di Maurizio De Santis
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Parlare con Massimo Ambrosini è come aprire il libro dei ricordi e vedere un pezzo di storia del calcio, quella del Milan, che ti passa davanti agli occhi come una sequenza videoclip. La Serie A, la Champions… sembra ieri. La tentazione di fermare la pellicola, e con essa il tempo, c'è. Nell'intervista a Fanpage.it ci proviamo con l'ex calciatore che oggi è apprezzato opinionista e seconda voce in tv anche per Amazon Prime Video. Paolo Maldini, Carlo Ancelotti, Massimiliano Allegri, Davide Ballardini che lo prese ragazzino e ancora Roberto Baggio, Gattuso-Seedorf-Pirlo: la dissolvenza sposta il piano dei ricordi dal campo alla prospettiva di chi il football adesso sa guardarlo anche con occhi diversi.

Quanto è difficile raccontare il calcio in telecronaca col rischio di sembrare poco empatici o troppo entusiasti?
"Bisogna considerare che in un momento specifico di una partita, come può essere una bella azione da gol, c'è da mantenere la concentrazione e non cedere all'emotività così da trovare le parole giuste o il concetto migliore da esprimere anche in attimi di esaltazione. Serve essere lucidi anche per valorizzare meglio il gesto tecnico, restando obiettivi e credibili".

Nell'epoca dei social di "pancia" questo rende più difficile parlare di calcio e aumenta anche la responsabilità delle parole.
"Ho sempre massimo rispetto per tutte le opinioni ma credo che la cosa veramente importante è tenere la giusta equidistanza. Poi è chiaro che ci sarà sempre chi vede di cattivo occhio un'espressione, un commento o un giudizio. È normale che sia così. Ma se scegli di fare questo mestiere devi metterlo in conto".

Cosa significa aver indossato la maglia del Milan?
"Sono stato giocatore del Milan per 18 anni ed è stato un enorme privilegio, un enorme orgoglio che mi porterò per tutta la vita".

Lei è stato un “senatore” in uno spogliatoio di “senatori”, deve essere stata dura.
"Sono grato perché ho avuto la fortuna di imparare dai migliori. Sono arrivato che ero un ragazzino di 18 anni a cui avevano dato le chiavi del più bel Luna Park dell'universo e ho avuto il privilegio di apprendere tante cose, oltre ad aver vissuto momenti bellissimi per la mia carriera. Ho avuto poi la possibilità di provare a far capire quello che avevo assorbito in tanti anni e cosa ha significato stare a contatto con personalità di altissimo livello".

Ambrosini con Pirlo e Seedorf al Milan.
Ambrosini con Pirlo e Seedorf al Milan.

A proposito di personalità di un certo calibro, che fine ha fatto Maldini? Se ne sentono di ogni tipo…
"La trovo una cosa assurda nel vero senso della parola. Penso che in giro per il mondo, di fianco al rosso e al nero, ci sia la faccia di Paolo Maldini che è cuore e bandiera del Milan. Chi prova a nominare Paolo accostandolo al Milan in maniera negativa non sa cosa Paolo è stato per il Milan e cosa il Milan è stato per Paolo".

Nel Milan di oggi c'è Ricci, qualche accostamento azzardato lo vede come suo erede.
"Abbiamo caratteristiche diverse. Lui è più un organizzatore di gioco, io facevo un po' più casino nel campo… diciamo così. Lui è più bravo di me a organizzare una manovra d'attacco, io ero un po' più fisico".

Questo Milan può competere per lo scudetto?
"Certo, perché ha un allenatore che ha esperienza e conoscenza anche di come gestire momenti difficili. Oltretutto non ha le coppe, e questo è un vantaggio estremamente assodato".

Cosa è successo l'anno scorso? Lo stesso Ibrahimovic sembra un po’ più defilato e meno “boss”.
"Parlo solo da osservatore esterno e al massimo si può dire che sono state fatte scelte sbagliate. Forse è mancata un po' di alchimia in tutto il contesto, a tutti i livelli. La conseguenza di quello che emerge, se non c'è alchimia, è che la squadra e la società danno l'impressione di non essere uniti. Di non essere un'unica forza".

Ambrosini e Ibrahimovic a colloquio.
Ambrosini e Ibrahimovic a colloquio.

Le piace questo nuovo format della Champions?
"A me piaceva più quella precedente, nonostante l'anno scorso sia stato avvincente perché fino alla fine ci potevano essere sorprese soprattutto nelle ultime partite della prima fase. Adesso ci sono grosse possibilità di recupero, cosa che prima non c'era".

Perché le preferiva di più la vecchia edizione?
"Se in Champions sbagliavi una partita e mezza eri fuori, questo secondo me era una difficoltà maggiore rispetto a quello che accade adesso. Soprattutto nelle partite iniziali hai la sensazione che chiunque possa sbagliare come il Paris Saint-Germain, che poi l'anno scorso ha vinto la Coppa. La prima parte mi toglie molte emozioni”.

Se le dico il nome Ballardini cosa le viene in mente?
"Dal punto di vista corporativo è stato l'allenatore più importante per me, hai la fortuna di farti seguire da un allenatore che in una fase importante, come quella dai 15 ai 18 anni, ti aiuta ad apprendere tante cose e in modo definitivo. Mi ha insegnato molte cose che avrei messo in pratica negli anni dopo".

Ancelotti una volta le disse “non ti cambio e gioca”: è vero che voleva uscire perché aveva paura di farsi male?
"Si, è successo anche questo, è stato un periodo particolare e avevo bisogno anche in certi momenti di essere spaventato".

Foto d’annata con Ambrosini accanto a Ancelotti, Berlusconi e Galliani.
Foto d’annata con Ambrosini accanto a Ancelotti, Berlusconi e Galliani.

E Ancelotti com'è come allenatore?
“Ha una sensibilità e una competenza uniche. E non è solo un gestore. Quando c'era da allenare e da dare le indicazioni mi faceva sentire importante".

Allegri era al Milan nella serata del gol di Muntari poi è andato proprio alla Juve, che effetto le ha fatto?
"Sono cose normali, che fanno parte del calcio. Non c'è nulla di strano né da stupirsi".

Che sensazioni le ha lasciato?
"È un allenatore bravo, capace, molto furbo, con delle intuizioni da un uomo scaltro. Con noi ha dimostrato come sia in grado di maneggiare una delle cose più importanti del calcio, la personalità dei grandi calciatori".

Ambrosini con Allegri allenatore al Milan.
Ambrosini con Allegri allenatore al Milan.

Che succede ai calciatori? La sequenza degli infortuni è incredibile… basta guardare il Napoli di Conte.
"Secondo me non c'è un motivo unico, quando ci sono tante situazioni del genere una riflessione probabilmente va fatta, oltre a tirare in ballo la sfortuna che pure conta. È indubbio che rispetto all'anno scorso il doppio impegno ha cambiato molte cose. Ma in realtà ci sono anche aspetti che possono essere legati ad elementi strutturali, campi, la continuità delle partite ".

E lei di infortuni ne sa qualcosa.
"Direi proprio di sì (ride, ndr)".

C’è chi sostiene che l’aspetto mentale può essere pericoloso: hai paura di farti male e ti capita.
"L'aspetto psicologico è sempre fondamentale e non solo nel momento in cui hai bisogno di recuperare. Oltre che prevenire, è un motore per poi guarire. Sì, l'aspetto psicologico conta ma di più nel momento in cui hai paura di rifarti male, allora cerchi di avere un atteggiamento un po' più conservativo. Che è peggio".

Gattuso, Pirlo, Seedorf e poi c'era Ambrosini: cosa voleva dire trovarsi davanti questi mostri sacri.
"Non è stato facile nell'arco della carriera accettare di essere non sempre protagonista, è stato il conflitto più grande che ha fatto parte della mia vita di calciatore. La fortuna è che avevi la percezione di avere a che fare con delle eccellenze. E quindi avevi anche un po' la serenità di sapere che non è che stavi fuori perché c'era chi non lo meritasse".

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Ha mai pensato di lasciare e andare altrove?
"Nella vita bisogna sempre avere un po' di equilibrio nelle valutazioni. Non è stato facile perché ripetutamente ho provato a capire se era giusto per me cambiare. Però mi sentivo molto legato al Milan per il quale avevo un amore viscerale. In quei momenti lì il solo pensiero di poter cambiare per me era una cosa inconcepibile. Ha sempre vinto il voler restare in quell'ambiente".

Cosa le è rimasto di Roberto Baggio?
"L'umanità. Nonostante io avessi 18 anni e fossi giovanissimo, quando scherzava nello spogliatoio sentivo di avere vicino una persona genuina come un bambino. Che ha vissuto in un certo modo la sua carriera. Piaceva anche fare le battute dei film cult italiani, scherzavamo su quelle di Fantozzi… Nonostante la sua aura divina in tutti i sensi, Roberto è sempre stato un uomo, una persona estremamente normale".

Lei è appassionato di NBA e la commenta anche, facciamo un giochetto: scelga quattro compagni di squadra e formi un quintetto di pallacanestro.
"Io nasco con Michael Jordan e quindi non posso che prendere lui. Poi prendo Stephen Curry, quello che più di tutti mi esalta in questo momento. E c'è anche LeBron James perché ha fatto parte della mia vita".

Ne manca uno.
"Ci manca un centro, io le prime partite di NBA le guardavo quando c'era Kareem Abdul Jabbar e ancora Magic Johnson. Erano i Lakers di metà anni Ottanta, quindi ti dico questo".

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