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Mancini sventola una bandiera della Lazio con un topo dopo la vittoria nel derby: cosa rischia

Il difensore della Roma si lascia trascinare dall’euforia e impugna quel vessillo che può procurargli una multa oppure una squalifica. Poi le scuse: “Solo goliardia, non volevo mancare di rispetto”. Il giudice sportivo ha evocato a sé gli atti e la decisione.
A cura di Maurizio De Santis
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Una bandiera della Lazio che ha sopra raffigurato un topo con tanto di drappo "anti biancocelesti". Il difensore della Roma, Mancini, la sventola a mo' di sfogo, di sfotto' sopra le righe, di esultanza sfrenata e di trofeo di guerra per aver conquistato il derby. Non è un successo come gli altri, non lo sarà mai. Alle motivazioni sportive (i giallorossi sono in piena corsa per un posto in Champions) ci sono quelle strettamente personali perché prendersi lo scettro nella Capitale è qualcosa che regala emozioni particolari, uniche, molto forti.

E forti sono le immagini dei calciatori, di Daniele De Rossi che vanno sotto la Curva Sud dopo essere tornai in campo. Vanno a prendersi l'abbraccio del pubblico, condividendo la gioia immensa per quei tre punti che valgono doppio. Mancini, sperò, si spinge un po' oltre e corre il rischio di ritrovarsi nei pasticci e sanzioni per quell'eccesso di euforia. Dopo la provocazione di Dybala verso Guendouzi accade dell'altro che accende gli animi. Cosa ha fatto il centrale? Aveva in mano quel vessillo che – se verrà un insulto o un'offesa grave – può procurargli una multa oppure una squalifica.

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Tutto dipende se la Procura federale riterrà che ci sono i margini per aprire un'indagine in base all'articolo del 4 del Codice di Giustizia Sportiva che fa riferimento al dovere di tenere una condotta generale rigorosamente ispirata "ai principi della lealtà, della correttezza e della probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva".

Il fatto che il Giudice Sportivo abbia rivendicato l'acquisizione degli atti dell'indagine, rimarcando la propria competenza a decidere sul caso, esclude un patteggiamento: sarà lui a decidere poi potrà essere presentato eventuale ricorso.

Mancini ha voluto chiarire e scusarsi qualche ora dopo, sostenendo si tratti solo di goliardia. "Non volevo offendere nessuno, ho esultato con i miei tifosi e un po' di goliardia ci può stare. Sono partite intense, ho preso la prima bandiera che mi hanno dato però sono cose che finiscono nei festeggiamenti senza mancare di rispetto a nessuno. Chiedo scusa, ma ero molto felice di festeggiare con i miei tifosi".

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Non sarebbe la prima volta che avviene una cosa del genere quando si tratta di censurare gli eccessi che caratterizzano le celebrazioni da parte dei calciatori, in particolare quelle che arrivano dopo successi di grande valore. Due anni fa finirono sotto investigazione i calciatori del Milan che, a bordo del bus, durante la festa per lo scudetto, mostrarono un piccolo striscione rivolto agli interisti sul quale c'era scritto: "La Coppa Italia mettila nel cu*o".

Il riferimento era alla conquista da parte dei nerazzurri del trofeo tricolore conquistato vincendo contro la Juve. Quello che per i giocatori e i tifosi rossoneri era solo uno sfotto' molto colorito venne invece ritenuto un atteggiamento da biasimare e punire: la vicenda si chiuse con un patteggiamento e il pagamento di ammende da parte dei calciatori e del club per responsabilità oggettiva.

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Epilogo identico ci fu anche per Zaniolo che, nel corso dei festeggiamenti per la vittoria della Conference League, impugnò il microfono mentre era sul pullman scoperto e si spinse oltre i limiti della decenza perché "intonò a gran voce un coro dal contenuto ingiurioso e offensivo verso la società Ss Lazio".

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