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Maifredi racconta la sua Juventus: “Mi sentivo il Papa seduto alla destra di Dio, che era Agnelli”

A 75 anni Gigi Maifredi è pieno di offerte: “Mi vuole la Major League Soccer ed anche il Marocco, fra poco devo prendere una decisione”. Il tecnico bresciano si volta indietro e torna sul fallimento alla Juventus: “Io sono uno geniale, non ci piove. Ma mollai”.
A cura di Paolo Fiorenza
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Gigi Maifredi a 75 anni ha tanti progetti per il futuro, ma in attesa di scegliere tra Miami e il Marocco l'ex tecnico lombardo – che non allena dal 2000, a parte un breve interim nel 2013 al Brescia, di cui allora era direttore tecnico – si volta indietro e racconta come andarono le cose alla Juventus. Maifredi ebbe la grande chance della sua carriera nel 1990, dopo aver colpito tutti col gioco spumeggiante del suo Bologna, portato prima in Serie A e poi alla qualificazione alla Coppa UEFA. Quei risultati, ma soprattutto le modalità con cui li aveva ottenuti, convinsero Luca Cordero di Montezemolo – in quel momento vicepresidente esecutivo del club bianconero – a portarlo a Torino, dove tuttavia le cose andarono male fin da subito.

L'umiliante sconfitta ad inizio stagione nella Supercoppa italiana al San Paolo contro il Napoli, un 5-1 in cui dettarono legge Maradona e Careca, fu l'avvisaglia di come sarebbe andata tutto l'anno: il crollo nel girone di ritorno fece precipitare la squadra bianconera al settimo posto finale, negando alla Vecchia Signora la qualificazione alle coppe europee dopo avervi preso parta ininterrottamente per 28 anni. Inevitabile il benservito dato a Maifredi, il cui calcio champagne – mai visto a Torino – è rimasto un ricordo mitologico, oggetto negli anni a venire di parecchie ironie. La carriera ad alto livello del tecnico bresciano finì di fatto in quel momento: gli anni a venire ne segnarono il declino.

"Fu un flop? Sì, alla fine sì, ma giocammo anche partite da cineteca, 4 gol all'Inter, 5 al Parma – ricorda oggi Gigi, chiacchierando in trattoria a Brescia con l'inviato di Repubblica – Io sono uno geniale, non ci piove. La zona l'ho inventata io, con Zeman. Sacchi viene dopo, a parte che Arrigo a Parma giocava a cinque. Immodesto? Attenzione a non scambiare la presunzione con la personalità. Sono geniale ma non ho grande volontà. Sono uno che dà tutto e subito. La presunzione sta lì, poi mi brucio, come Icaro. Chi va alla Juve è il Papa, io che oltretutto sono cattolico e vado a messa la domenica, mi sentivo così. Seduto alla destra di Dio, che era l'avvocato Agnelli. Solo che son stato Papa Luciani, con tutto il rispetto naturalmente. Voglio dire che sono durato pochissimo".

Gigi Maifredi compirà 76 anni il prossimo 20 aprile
Gigi Maifredi compirà 76 anni il prossimo 20 aprile

"Il mio problema fu che avevo dimostrato a Bologna di essere il più bravo, e andai a Torino senza preparare nulla, convinto che bastasse – spiega Maifredi – Pensavo di aver già dimostrato, ma lì ogni mattina c'erano trenta giornalisti e venti televisioni. Non ci ero abituato. Era la mia prima vera occasione, magari mi sarebbe servita, dopo Bologna, un'altra esperienza. Avrei dovuto lavorare diversamente, incidere sul campo. Che poi attenzione, ero alla Juve, ma per molti aspetti quel club era parecchio indietro rispetto per esempio al Milan o all'Inter. Penso a Milanello, ad Appiano Gentile. Noi ci allenavamo al Combi, c'era una strada, via Filadelfia, da attraversare per spostarci al Comunale, pensate a Baggio che per muoversi aspetta che passino le auto. Andava così".

Il tecnico racconta che nonostante il fallimento di quella stagione sarebbe potuto restare alla Juventus se avesse fatto una scelta diversa, e forse le cose sarebbero andate in un altro modo negli anni successivi: "L'avvocato Agnelli avrebbe voluto farmi firmare un triennale quando sono arrivato e io gli dissi di no, che un anno sarebbe bastato, che io ero fatto così, lui non capì che era un atto d'amore verso il club. Se gli avessi dato retta sarei ancora lì, avrei vinto molto prima dei cinque anni che occorsero (Scudetto nel 1995 con Lippi, ndr). Ma ci furono anche momenti belli, la squadra prese a giocare benissimo".

Maifredi nel 1989 ai tempi del Bologna: l'anno dopo sarebbe andato alla Juventus
Maifredi nel 1989 ai tempi del Bologna: l'anno dopo sarebbe andato alla Juventus

Poi però accadde un episodio che segnò la stagione della Juventus e probabilmente l'intera carriera di Maifredi, un rigore concesso alla Sampdoria di Mancini e Vialli contro la Juve a metà febbraio del 1991: "Mi girano i coglioni. Mollai. Invece avrei dovuto tener duro. Sarebbe servita la società, ma Montezemolo non c'era mai, veniva solo la domenica, per un allenatore la società è determinante, ti dà forza, sicurezza. Prima del derby dissi alla squadra che sarei andato via a fine stagione, che avevo deciso io".

Oggi Maifredi ha tante richieste sul tavolo: "Ho mia moglie, due figli, Christian che fa il procuratore e mi ha dato due nipotine, e Paolo che fa l'assicuratore alle Generali. Qui sto benissimo, e questa Smart si parcheggia dappertutto in un secondo. Da un po' mi ha cercato la MLS, vogliono che vada a Miami, a creare un'Academy. E mi vorrebbero anche in Marocco, stesso motivo. Di idee ne ho. A Miami andrei da solo, senza mia moglie, con un paio di collaboratori. Ma son restio. Miami sono oltre 12 ore di volo, è troppo. Il Marocco è molto più comodo. Fra poco dobbiamo prendere una decisione. Pensi che oltre vent'anni fa andai in Spagna, all'Albacete. Appena finiva la partita prendevo la macchina per tornare qui a Brescia, 1600 km. Sono fatto così".

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