Luciano Castellini svela il suo passato: “Contrabbandavo dalla Svizzera all’Italia, sacchi di 20 kg”

Luciano Castellini per tutti era, ed è ancora oggi, il Giaguaro, per la sua straordinaria agilità, la prontezza di riflessi e la capacità di compiere parate spettacolari. Il soprannome lo ha accompagnato per tutta la sua carriera di portiere, fin dai tempi del Torino negli anni '70 e poi ancora nel Napoli fino al 1985, anno in cui ha appeso i guantoni al chiodo e ha iniziato una lunga esperienza da allenatore dei portieri (e anche talora tecnico ad interim in panchina) nell'Inter. Oggi, a 79 anni, Castellini lavora ancora per il club nerazzurro: "Come me la passo? Benissimo. Sono in continuo movimento, faccio ancora qualcosa con l'Inter, studio, osservo. Poi sport, sono un grande sciatore. Ma da solo, tutti i lunedì, quando non c'è nessuno".
Castellini racconta la sua attività di contrabbandiere: "Giù in picchiata sul versante italiano"
Adesso che sono passati tanti anni, oltre mezzo secolo, Castellini può raccontare la sua attività – davvero incredibile a sentirla adesso – di contrabbandiere: "Facevo lo spallone. Ci portavano con le auto sulla montagna, dall'altra parte, in Svizzera. Ci mettevano degli zaini di paglia intrecciata, sacchi di 20 chili, pieni di sigarette, le famose ‘bionde', sulle spalle e giù in picchiata, di notte, sul versante italiano. Mi davano 20mila lire a viaggio".

"Era faticoso – spiega Luciano alla ‘Gazzetta dello Sport' – Di giorno mi allenavo nel Monza in Serie B (è stata la sua prima squadra, dal 1965 al 1970, quindi dai 20 ai 25 anni di età, ndr) e di notte facevo lo spallone. Lo facevo perché guadagnavo poco? Rimborso spese di 20mila lire. Prendevo il battello (viveva con la famiglia a Menaggio, sul lago di Como, ndr), poi il treno per Monza. Un paio di panini e una bibita e me ne partivano 19mila. Mia mamma voleva che studiassi. Mio padre era preoccupato: ‘Sarà minga un mestee giugàa al balon'. Insomma, in casa c'erano discussioni".

"Ho fatto una bella vita e pochi sacrifici. Io non ho mai lavorato: ho fatto il portiere"
E invece giocare a calcio ha cambiato la vita di Castellini: "La più grande soddisfazione è stata quella di non essere mai andato in fabbrica: ho fatto una bella vita e pochi sacrifici. Quando ero ragazzo dicevo a papà: ‘Io non vado a lavorare, faccio il portiere', e lui si arrabbiava: ‘Non è un lavoro quello, hai capito?'".
E non lo è stato neanche quando è entrato nello staff tecnico dell'Inter dopo il ritiro da calciatore: "Sono stato bene, era la mia squadra del cuore fin da bambino, lo è sempre. La squadra dei miei secondi 40 anni. No, non è mai stato un secondo lavoro. Io non ho mai lavorato: ho fatto il portiere".