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La strategia difensiva di Pogba sul caso doping: può evitare la stangata solo in un caso

Pogba ha chiesto le contro-analisi relative al campione di urina prelevato il 20 agosto scorso. Il 20 settembre avrà il risultato. Punta tutto sulle “circostanze eccezionali” per ottenere una riduzione o addirittura un annullamento della squalifica.
A cura di Maurizio De Santis
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Provare a convincere la procura antidoping della non intenzionalità: così Pogba prova difendersi nel caso doping.
Provare a convincere la procura antidoping della non intenzionalità: così Pogba prova difendersi nel caso doping.
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Le parole di Rafaela Pimenta nelle ore più burrascose della vicenda doping tracciano il caposaldo della strategia difensiva che Paul Pogba adotterà per evitare una sanzione durissima. "Non ha mai voluto infrangere le regole", parte da qui la tesi che il calciatore proverà a esporre e a far valere perché la squalifica non assesti una mazzata definitiva alla sua carriera, già condizionata in negativo da una lunga sequenza d'infortuni. Entro il 20 settembre conoscerà anche l'esito delle contro-analisi richieste sul campione b della provetta in cui sono state rilevate tracce di testosterone.

L'obiettivo principale è dimostrare attraverso riscontri scientifici che la sostanza trovata nelle urine non è stata assunta in maniera volontaria ma è il frutto di altri prodotti contaminati dei cui effetti era assolutamente ignaro. È il caso previsto dal regolamento della cosiddetta "nessuna colpa o negligenza" in cui il giocatore riesce a comprovare "che non era a conoscenza, né sospettava, né avrebbe potuto ragionevolmente sapere o sospettare pur utilizzando la massima cautela, di aver violato le norme antidoping".

Il calciatore e i suoi rappresentanti puntano a un forte sconto di pena rispetto al rischio di 4 anni di squalifica.
Il calciatore e i suoi rappresentanti puntano a un forte sconto di pena rispetto al rischio di 4 anni di squalifica.

In altre parole, se il francese riesce a convincere il procuratore antidoping della propria buona fede relativamente al consumo del rimedio proibito (la crema che un amico medico gli avrebbe fornito e sarebbe stata acquistata negli Stati Uniti, ndr), e che il suo è stato solo un atteggiamento viziato da superficialità, può sperare di cavarsela con una punizione meno severa.

Pogba non ha molta scelta anche perché la stessa, semplice e cruda ammissione di responsabilità non basterebbe a evitargli la stangata. Non è mera questione di collaborazione che punti a un accordo o a una sorta patteggiamento ma di evidenziare in maniera accurata e veritiera quelle "circostanze eccezionali" che gli permetterebbero di sperare in una riduzione o addirittura in un annullamento della squalifica.

Tradotto in termini: invece di restare schiacciato da un verdetto di squalifica di 4 anni, in assenza di intenzionalità potrebbe vedere decurtata la pena anche della metà (2 anni) e beneficiare anche di altre attenuanti per limare ulteriormente la sanzione. Difficile pensare che il calciatore e i suoi rappresentanti scelgano la strada della battaglia legale ricusando ogni addebito: in una situazione del genere si aprirebbe il lungo percorso tra giustizia sportiva italiana, Tribunale Nazionale Antidoping e, in caso di appello, Tribunale Arbitrale dello Sport.

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