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Gravina a Fanpage: “Il mio calcio tra sostenibilità, controllo delle plusvalenze e nuovi format”

Gabriele Gravina, presidente della Federcalcio, racconta ai microfoni di Fanpage.it la sua visione dell’immediato futuro del calcio: dal ritorno dei tifosi allo stadio, in ottica di Euro 2020, ai temi caldi dei nuovi format, il controllo delle plusvalenze e l’idea di Super Champions per contrastare i piani di Superlega.
A cura di Sergio Chesi
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Quando nell'ottobre del 2018 venne indicato in modo quasi unanime come nuovo presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina aveva una missione su tutte: riportare il movimento calcistico italiano, reduce dalla mancata qualificazione della Nazionale ai Mondiali in Russia, lì dove la storia l'aveva sempre visto protagonista. Ai vertici, nel mondo. Due anni e mezzo più tardi quell'obiettivo è già stato raggiunto, con la ritrovata dignità di un'Italia che guarda con ottimismo agli Europei in programma quest'estate, ma è l'intero contesto ad essere mutato. La pandemia ha travolto il calcio come qualsiasi altro ambito. E ora richiede un processo mirato di misure e riforme per ripartire e cambiare, se necessario. Temi che il presidente Gravina, in vista delle elezioni federali in programma il prossimo 22 febbraio, ha discusso ai microfoni di Fanpage.it.

Presidente, partiamo dal campo: possiamo dire che l'Italia è tornata?
“L’Italia ha una Nazionale di cui essere fieri, ma soprattutto una Nazionale che ha riconsegnato un grande entusiasmo ai nostri tifosi. E al di là di questo, oggi c’è una Federazione che ha recuperato la centralità mancata per tanti anni”.

Gli Europei sono dietro l’angolo. L'11 giugno a Roma, per Italia-Turchia, quante persone spera potranno riempire gli spalti dell’Olimpico?
“Purtroppo sappiamo di dover convivere con questa pandemia, ma la speranza è che possa esserci una partecipazione almeno in termini di proporzione. L’auspicio ideale potrebbe essere arrivare al 30% della capienza”.

Si è già parlato della possibilità di riaprire partendo dai vaccinati. È un’idea che abbraccia?
“Sì, assolverebbe due funzioni: quella di vedere tifosi all’interno dei nostri stadi e sarebbe un messaggio positivo. Vorrebbe dire che il vaccino va fatto: bisogna farlo e incentivarlo. Visto che ad oggi i destinatari principali sono stati gli operatori sanitari, daremmo un segnale importante nel riconoscergli la grande capacità di averci tirato fuori da questa brutta pandemia”.

Qual è la prima cosa che le viene in mente quando pensa alla sostenibilità? È una delle parole chiave del suo programma.
“È una parola molto inflazionata negli ultimi tempi. Si confonde il concetto vero di sostenibilità con un’espressione che potrebbe sembrare la soluzione a tutti i problemi. La sostenibilità richiede idee, progetti. Saper coniugare le risorse che si hanno a disposizione con un nuovo format, nuove competizioni sportive. Quando riusciremo a far conciliare questi due elementi, forse avremo capito il reale senso della sostenibilità”.

Per molti club la sostenibilità passa da player trading e plusvalenze sempre più forzate. È un fenomeno che intende regolamentare in modo più rigoroso? 
“È un tema che ci sta preoccupando. Preoccupa il mondo del calcio, il mondo dell’economia e l’assetto dei nostri bilanci. Perché purtroppo allontana l’attenzione nell’essere in grado di produrre maggiori ricavi e contenere i costi. Il player trading, o le plusvalenze artatamente costruite, sono sicuramente perseguibili, ma noi abbiamo una grande difficoltà nell’individuarle. Adotteremo degli accorgimenti che possano consentire agli organismi di controllo e di vigilanza di scoprire e perseguire chi non è in linea con il rispetto delle regole”.

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Negli ultimi tempi si stanno avvicinando diversi fondi al calcio italiano, anche alla stessa Serie A. C’è da fidarsi?
“È un tema che genera un alert, sul quale dobbiamo riflettere in modo più organico rispetto alla semplice risposta ‘Fondi sì, fondi no’. I fondi si ispirano alla finanza pura, bisogna conoscere bene i loro progetti. Sono scelte complesse che non riguardano direttamente la Federazione”.

Per costi, interesse e competitività, una Serie A a 20 squadre e una Serie C a 60 possono ancora reggere?
“Reggono se puntano sulla qualità del sistema. L’aspetto quantitativo, in termini di riduzione, genererebbe maggiori risorse a disposizione dei singoli. Ma non è il modo di fare politica sportiva. Noi dobbiamo puntare alla qualità del nostro mondo, della classe dirigente, delle società che possono sostenere un impegno finanziario importante. Sotto questo profilo la Federcalcio deve attivare tutti i meccanismi di supporto per tornare al concetto di sostenibilità, reale e non fittizia”.

Nel 4-3-3 che ha usato per sintetizzare il suo programma c’è spazio anche per la possibilità concreta di inserire i playoff in Serie A?
“C’è la possibilità di generare sicuramente un format diverso delle competizioni più appetibili, deve essere un ragionamento di sistema. Le pressioni che riceviamo dall’esterno e che sta subendo ciascuna federazione nazionale, dall’idea di mettere insieme più energie a livello internazionale, devono farci preoccupare. Rendiamo più appetibile il nostro prodotto e forse saremo meno preoccupati in futuro”.

I cambiamenti che auspica servono anche per contrastare la prospettiva di una Superlega?
“Oggi è molto concreta l’idea, da parte di tanti, di puntare oltre i nostri confini, pensando di ritrovare fuori un maggiore valore competitivo e quindi un maggiore appeal del prodotto. Una Superlega significherebbe distruggere il prodotto nazionale. Si sta studiando la Super Champions, su cui sta lavorando la Uefa: spero possa essere un muro che freni nel più breve tempo possibile le aspettative di una Superlega, che ritengo oggi poco realizzabili”.

Negli ultimi mesi diversi studi a livello mondiale hanno tracciato un quadro in cui il calcio sta perdendo appassionati tra i giovanissimi, che hanno troppi interessi e meno tempo. È preoccupato?
“Perdere i giovani significa perdere la linfa vitale del nostro movimento. Io personalmente sono preoccupato dal blocco che riguarda il nostro settore giovanile. I ragazzi, non potendo praticare il nostro meraviglioso gioco, si dedicano ad altro. Sappiamo benissimo che quando la passione viene veicolata ad altre attività, il rischio è che l’interesse verso il calcio si possa disperdere. Dobbiamo fare in modo che un’accelerazione in tempi rapidi possa portare a riaprire quanto prima la possibilità delle competizioni sportive per tutti questi ragazzi che oggi non riescono più a giocare a calcio”.

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