Calvarese: “La qualità media dei VAR non è sempre all’altezza, serve un salto di qualità vero”

Si chiama "announcement" e a partire dalla prossima stagione arriverà anche in Serie A. Cos'è? Gli arbitri spiegheranno le decisioni del VAR in diretta allo stadio. Dopo la prova fatta al Mondiale per Club, questo nuovo elemento di trasparenza sarà introdotto anche nel campionato italiano. Basterà per fare chiarezza e a spazzare via polemiche, veleni e illazioni che – anche nell'ultimo torneo – sono entrate nel corredo accessorio delle critiche rivolte ai direttori di gara e ai loro vertici?
A parlare a Fanpage.it della novità prefigurata da Rocchi, designatore della Can A-B, è l'ex arbitro internazionale, Gianpaolo Calvarese, adesso commentatore arbitrale che ha nel know-how anche l'esperienza diretta nella VAR room. E oggi la mette al servizio del pubblico sia in tv (quale voce della Var Room su Prime Video nella scorsa edizione della Champions League) sia attraverso le spiegazioni che condivide sui social tramite i suoi profili e il sito ufficiale Calvar.it.
La novità annunciata da Rocchi sul VAR spiegato allo stadio: come giudica l'esperienza già vista al Mondiale per Club?
"La reputo un’esperienza molto positiva. In realtà era un percorso inevitabile: il calcio e l'arbitraggio, soprattutto con l'arrivo del VAR e della tecnologia, non potevano più prescindere da una comunicazione più partecipativa verso il pubblico. Questo è un primo passo importante, ma c’è ancora da migliorare sotto diversi aspetti, soprattutto tecnologici. Ad esempio, allo stadio spesso si sente male la voce dell’arbitro e a casa l'audio risulta poco chiaro. Sarebbe utile che l'audio dell'arbitro entrasse direttamente nel flusso del broadcaster e nella regia televisiva, così da essere percepito con chiarezza sia dagli spettatori sugli spalti che da quelli a casa".
Finora in Italia c’è stato OpenVAR. Tentativo interessante, ma che bilancio fa alla luce delle polemiche?
"OpenVAR rientra in questo percorso di comunicazione ‘moderna' dell’arbitraggio e, sulla carta, è un progetto molto valido. Tuttavia, credo che finora non sia stato sfruttato al meglio. L'idea è ottima, ma la gestione non è stata all’altezza delle potenzialità: in alcuni momenti della stagione è sembrato più uno strumento per giustificare le decisioni degli arbitri anziché per offrire una chiave di lettura tecnica degli episodi. OpenVAR dovrebbe essere soprattutto uno strumento tecnico e divulgativo, capace di far capire al pubblico le motivazioni di una decisione, senza sembrare un atto di difesa corporativa. Anche nella scelta degli episodi da mostrare, soprattutto nella fase finale del campionato, ho notato qualche passo falso: talvolta sono stati trascurati casi significativi, perdendo l'occasione di fare chiarezza. È un percorso partecipativo importante, ma va sfruttato in un modo diverso e più efficace".
Football Video Support: crede che questa novità possa essere un ulteriore passo verso il VAR a chiamata?
"Sì, credo che questa possa essere considerata un'ulteriore tappa verso il VAR a chiamata, uno strumento di cui sostengo da tempo l’utilità e che ritengo assolutamente positivo, pur nella consapevolezza che vada ancora sviluppato e sperimentato. Sono tutte migliorie che vanno nella direzione di rendere il VAR sempre più efficace: ricordiamo che parliamo di una tecnologia nata offline nel 2016 e poi diventata operativa online solo due anni dopo, quindi relativamente giovane e in continua evoluzione. Il fatto che si stia pensando di introdurre una forma di ‘VAR a chiamata' già in Serie A femminile e in Serie C, attraverso un modello ‘low cost' — il cosiddetto Football Video Support — è un segnale importante. Proprio in questi giorni, al raduno della CAN C, il neo-designatore Orsato ha tenuto uno stage per spiegare e implementare questo nuovo sistema. A mio avviso, tutto questo rappresenta un passaggio propedeutico a ciò che vedremo presto anche in Serie A, forse già dalla prossima stagione".
C’è qualcosa che può o deve cambiare anche nel meccanismo delle designazioni?
"Credo che il meccanismo delle designazioni, nel complesso, funzioni bene: non può che essere affidato a un leader, un designatore che conosce lo stato di forma degli arbitri e sa scegliere chi mandare in campo. Per certe partite di vertice — quelle più delicate e mediaticamente esposte — il numero di arbitri realmente candidabili è molto ridotto. Tanto che, anche senza essere un designatore, non è difficile intuire chi possa essere destinato a dirigere un Napoli–Juve o un Roma–Lazio. Detto questo, qualche attenzione in più nelle scelte si può e si deve avere. Penso, ad esempio, alla designazione di Marco Guida come AVAR in Inter–Lazio lo scorso anno: a mio avviso è stata una mossa controproducente, forse frutto di un po' di superficialità. Sono dettagli, ma nel mondo arbitrale i dettagli possono fare la differenza".
Sfatiamo uno dei tabù che piacciono ai ‘complottisti': la selezione delle immagini mostrate all’arbitro in OFR può essere manipolata?
"Sul tema delle immagini mostrate all’arbitro durante una on-field review bisogna essere chiari: è assolutamente normale che, in una partita ripresa con 26, 28 o addirittura 30 telecamere, alcune inquadrature trasmettano una sensazione mentre altre offrano una percezione completamente diversa. È una questione di prospettive, di angoli di ripresa e di percezione visiva. Avendo fatto il VAR ed essendo stato presente anch'io in quella sala, posso dire che il compito del VAR è proprio quello di individuare e mandare all’arbitro l’immagine più chiara e più esplicativa dell’episodio. Ciò dipende anche dalla bravura e dall'esperienza del VAR stesso. Su questo aspetto, credo che in Italia ci sia ancora margine per migliorare. La qualità media dei VAR, purtroppo, non è sempre all'altezza: spesso si tratta di arbitri che non sono riusciti a raggiungere livelli di vertice sul campo e che poi sono stati dirottati al ruolo di VAR. È un'area in cui, a mio avviso, serve un salto di qualità vero e strutturato".
Cosa ancora non funziona e cosa si può migliorare nell’utilizzo dello strumento?
"Sul fronte tecnologico, un miglioramento immediato sarebbe l'adozione del fuorigioco automatico, già sperimentato al Mondiale per Club e in altre competizioni, che mi aspetto possa essere introdotto prima o poi anche in Serie A. In questo sistema l’operatore non deve più scegliere il frame giusto: tutto è gestito in automatico grazie all’integrazione di sensori nel pallone e a un tracciamento istantaneo delle posizioni dei giocatori. Sarebbe un passo importante, soprattutto in Serie A, dove il margine di errore sui fuorigioco può ancora incidere molto. Consentirebbe anche all’arbitro e agli assistenti di non dover attendere la fine dell’azione in caso di offside nette, una circostanza che aumenta il rischio di infortuni o incidenti ai giocatori. Sul piano umano, invece, c'è forse ancora più da fare. Io credo fortemente nella formazione e nella crescita del valore tecnico dei VAR. Basta guardare i numeri: la maggior parte dei VAR italiani ha diretto appena una manciata di gare in Serie A. Questo dato racconta bene quanto margine di crescita ci sia e quanto si possa e si debba lavorare nella formazione. La tecnologia può aiutare, ma senza competenza ed esperienza dietro lo schermo non si farà mai il salto di qualità definitivo".