Burgos via dalla TV dopo la frase shock su Yamal: oggi può raccontare cosa è successo davvero

Germán "El Mono" Burgos è una vera e propria istituzione per il calcio argentino. L’ex portiere, allenatore e collaboratore di Simeone all’Atlético Madrid ha spesso fatto discutere per i suoi atteggiamenti e per alcune dichiarazioni sopra le righe. Le ultime, quelle su Lamine Yamal, gli costarono il posto sull’emittente Movistar. Il classe 1969 è tornato a parlarne in un’intervista, spiegando cosa è successo dopo.
Il caso Burgos e la frase infelice su Yamal
"Occhio, se le cose non gli vanno bene finirà a un semaforo". Così parlò qualche mese fa l’ex portiere di Atlético Madrid e Real Mallorca alla vigilia del match di Champions tra PSG e Barcellona. Una dichiarazione che sollevò un polverone, stando a quanto confermato dallo stesso Burgos, che ha spiegato come i due club decisero di boicottare Movistar, l’emittente titolare dei diritti della Champions League, dopo la partita, rifiutandosi di concedere interviste.
L'incontro con il Barcellona
In un’intervista con Josep Pedrerol, Burgos ha voluto chiarire il senso delle sue parole: "Sono un elogio sotto forma di battuta. Dove si vede il vero talento? In strada". L’ex portiere ha poi tirato in ballo anche il suo soprannome, che significa "scimmia": "Ma la cosa bella di tutto questo è che mi chiamano ‘Mono'. Non c’entra niente. Ho mandato un messaggio alla famiglia, ho mandato un messaggio a tutti, finché non mi sono incontrato con Laporta".
Che atmosfera ha trovato il tecnico in casa blaugrana e con il presidente? Questo il suo racconto: "Mi presento: ‘Ciao, sono Germán Burgos'. E lui mi dice: ‘Mono, caro'. ‘No, presidente, non mi chiami Mono'. Allora, ti rendi conto? E lui mi dice: ‘Io sono un uomo di calcio'. ‘Anch’io'. ‘È andato tutto fuori misura', mi dice. Molto affettuoso, mi invitò all’allenamento a vedere Flick".
Burgos lascia la TV, nessun licenziamento
Burgos ha poi chiarito che non è stato licenziato, ma che è stato lui a farsi da parte: "Ho ricevuto un affetto che non mi aspettavo. Si è capito subito. Nella tua azienda no. Ma se ho chiamato per uscire, sono stato io a chiamare. Vedendo quello che si era creato. No, vedendo che l’azienda paga una fortuna perché ci siano i giocatori con il microfono a fare la conferenza stampa della vigilia, e non c’erano. Ho detto: ciao. Dicevano che non avrebbero parlato se ci fossi stato io. Non è mai diventata una cosa personale, ma c’era movimento. Il giorno dopo chiamo i ragazzi e dico: mi tiro fuori per non creare problemi né malumori, perché volevano cacciare tutti. Questo lo abbiamo già visto".