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Angelo Ogbonna a Fanpage: “Alla Juve è finito un ciclo, Conte è antipatico perché vince”

Angelo Ogbonna si è imposto in Inghilterra ma continua a seguire la Serie A e a sognare la Nazionale. Il difensore originario di Cassino, che in passato ha giocato in Serie A anche con Torino e Juventus, ha parlato in esclusiva a Fanpage.it della sua esperienza in Premier League col West Ham, delle capacità di Conte e della prima Juventus di Pirlo: “Per me ha fatto bene quest’anno”.
A cura di Fabrizio Rinelli
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Angelo Ogbonna è il difensore del West Ham, quinto in Premier League e a caccia di un posto in Europa. Il difensore originario di Cassino, che nel corso della sua carriera ha anche vestito le maglie di Torino e Juventus, ha parlato in un'intervista rilasciata a Fanpage.it, del momento dei bianconeri, lasciati per volare a Londra da campione d'Italia e oggi in piena lotta per un posto in Champions League con Andrea Pirlo in panchina. L'esperienza in Inghilterra, l'arrivo di Mourinho dal Tottenham alla Roma e il tema del razzismo, tra gli argomenti trattati. Ma anche un sogno, ovvero quello di vestire la maglia della Nazionale ed entrare a far parte dei convocati per gli Europei 2021: "Io ci ho sempre sperato e continuerò a farlo. Incrociamo le dita".

Angelo, qual è il segreto del West Ham in questo campionato? Può raggiungere l’Europa?
"La nostra annata è stata positiva, il nostro segreto è la coesione e la mancata retrocessione dello scorso anno è stato uno stimolo in più. È stata la forza del gruppo a portarci a questi risultati".

Non pensi che l’Italia ti abbia un po’ sottovalutato in questi anni?
"Il calcio è molto veloce e dinamico, difficilmente sto a guardare i mei meriti o demeriti. Posso dire che io guardo la mia carriera e se avessi potuto lasciare l’Italia l’avrei fatto molto tempo prima. Sono andato a giocare nel miglior campionato al mondo e mi riempie d’orgoglio farci parte. Non ho mai dimenticato le mie origini e la mia formazione in Italia che mi hanno dato la forza di giocare in questo campionato grazie alla fase difensiva. L’Italia mi ha aiutato tanto a migliorare la mia fase difensiva".

Hai lasciato la Juventus campione d’Italia e la ritrovi a pezzi, quasi in Europa League. Di chi è la colpa?
"Nel calcio ci sono sempre cicli. Sarei rimasto stupito se la Juventus avesse vinto il campionato quest’anno. Ricordiamo il ciclo di Conte che prese la Juve settima e portò a vincerla. Quello fu un lavoro basato sulla disciplina e penso che per molti anni la difesa con la vecchia guardia abbia costruito un ciclo vincente formato per tanti anni. Poi c’è stato Allegri. Ha sempre fatto la differenza il blocco e in quegli anni quello forte era quello italiano. L'Inter di Mourinho, ad esempio, basava le sue forze sul blocco argentino, al Milan il blocco era italiano".

Ti aspettavi di più da Andrea Pirlo?
"Io non posso criticare Pirlo perché non ha nessuna colpa da questo punto di vista, ma nemmeno la società. Ogni cambiamento ha le proprie conseguenze. Così come l’Inter in cui tutti si aspettavano che vincesse il campionato il primo anno. Con un allenatore come Conte è anomalo non vederlo vincere al primo anno. Lui ha un protocollo vincente e l’ha dimostrato alla Juve, in Inghilterra. La differenza tra Italia e Inghilterra sta nel rispetto del progetto. Klopp arrivò al Liverpool e non vinse per uno-due anni. Così come Pochettino al Tottenham. Ci sono troppe pressioni. Ogni progetto deve avere le giuste tempistiche".

Pirlo da giocatore sembrava già così pronto per poter allenare una grande come la Juventus? Ci racconti un aneddoto legato a lui in squadra?
"Una persona molto silenziosa che trasmette la sua sicurezza attraverso il gioco. Lui quando giocava era come se lo facesse con gli amici a calcetto. Ha sempre avuto questa sicurezza nel gestire la partita e sapere quando era il momento di affondare, gestire la partita e far passare il tempo. È sempre stato una persona silenziosa all’apparenza. Ma Pirlo è il peggiore sugli scherzi, ha un’ironia buffa e si fa voler bene quasi da tutti. Oggi come oggi penso che solo i suoi piedi possano creare quelle geometrie. Da allenatore penso che se la sia cavata bene, perché non è nemmeno semplice alle prime armi e non è facile rifiutare una proposta del genere. Per me il suo primo anno è stato positivo".

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Hai rivisto nell'Inter di Conte qualcosa della tua Juve?
"Il modello di Conte è un modello vincente e antipatico. Antipatico perché è duro, schietto, genuino, non solo lui, ma il suo modello. Il suo modello vecchio stile, attraverso il lavoro e la meritocrazia e a distanza di anni, difficilmente si può recriminare una cosa del genere. Non dimentichiamoci l’Europeo del 2016 in cui all’Italia non fu dato nemmeno un centesimo. L’Italia cambiò con soli 20-25 elementi che erano anche criticati nel loro club. Ma attraverso questa coesione che ha creato negli anni, Conte ha creato un modello vincente. Nella vita quando si vince si è antipatici".

Sei stato per molto tempo capitano del Torino, ti sorprende che Cairo non sia più riuscito ad allestire una squadra che possa lottare per qualcosa di importante?
"Il calcio è imprevedibile e devo dire che negli ultimi due anni la Serie A è diventata più competitiva. Nessuna società punta a fare una squadra per retrocedere o per far male al club. Io penso che conoscendo Cairo lui abbia sempre voluto il bene della società. A distanza di anni penso che abbia fatto cose importanti salvando il Torino da una condizione precaria, portandolo in Serie A e per tanti anni l’ha fatto competere in massima serie. Poi sono sempre i giocatori che vanno in campo. È una buona squadra che poteva competere poi è normale che nessun tifoso vuole vedere la sua squadra retrocedere. Ma gli anni con Mazzarri e Ventura sono stati bellissimi. E rivedere Nicola con il quale ho giocato e che mi ha dato sempre tanti consigli è anche motivo di orgoglio. Il Toro si deve salvare poi l’anno prossimo si vedrà".

Cosa ha in meno la Serie A rispetto alla Premier? Sembra che giochiate a velocità doppia
"Da difensore posso dire che c’è grande differenza, meno tatticismo, che in Inghilterra viene compensato con la qualità. Una squadra non teme la pressione dell’altra, cerca sempre di affrontarla, qualsiasi sia la sua posizione in classifica e il suo valore sulla carta. La velocità e il dinamisimo, l’intensità, sono tutte cose che fanno la differenza. La qualità è molto alta".

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Mancini e la Nazionale, credi ancora nella convocazione per i prossimi Europei?
"Io ci ho sempre pensato e creduto perché ho sempre fatto il mio campionato, specie quest’anno perché è stato un torneo fuori le righe, molto competitivo e in cui potevamo dare anche molto di più. Devo dire che ogni volta che vengo convocato mi inorgoglisce e in Nazionale non ho mai fatto male e mi porto sempre dietro l'azzurro. Inizialmente pensavo che quando la tua squadra fa male difficilmente vai in Nazionale. Pensavo pure che giocando all’estero difficilmente venissi visionato e invece penso di aver detto la mia quest’anno. Se dovessi scegliere, sceglierei sempre il meglio per me e rispetto qualsiasi tipo di decisione. Vorrei far parte di quel numero di convocati, non posso dirti di no".

Con Mourinho alla Roma c’è qualche possibilità che Ogbonna possa vestire la maglia giallorossa il prossimo anno?
"Nel calcio tutto può succedere, ma io ho ancora 2 anni qui al West Ham dove mi trovo bene. Mou è un ottimo allenatore e non mi aspettavo che venisse esonerato prima della finale di coppa, è stato scioccante. Ma ognuno ha il proprio percorso. È giusto rispettare le posizioni di oggi".

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Tema razzismo: c’è qualcosa che hai notato in Inghilterra e che manca da noi?
"Il razzismo è un tema particolare. Per me il razzismo ha molte sfaccettature. In Italia in alcuni casi si tratta soprattutto di ignoranza. C’è discriminazione sull’individuo che possa essere alto, basso, ricco, povero, più bravo, più cattivo. Secondo me il problema in Italia è la libertà di parola, la libertà di social. L’Inghilterra ha fatto un grande passo stoppando i social network, ma per stopparlo esistono molti macchinari per individuare chi è il cretino di turno quindi basta solo stare alle regole, seguirle, soprattutto all’interno di uno sport. Lo sport non vede differenze, non vede un colore quando c’è di mezzo una palla".

Perché hai detto che la pandemia da Covid-19 è stata gestita male in Inghilterra?
"Inizialmente penso che l’inglese per salvaguardare l’economia sia stato un po’ scettico e questo ha fatto in modo che i casi salissero e la gestione non è stata ottimale secondo me. Alla lunga oggi può sembrare che sono stati più organizzati. Quando hai un introito economico superiore agli altri è più facile fare le cose. Secondo me invece la sanità italiana ha un suo valore anche superiore, poi il fatto è che non tutti seguiamo quello che può essere un ordine e a volte siamo anarchici. Io non metterei mai in dubbio la santità italiana. Oggi come oggi abbiamo combattuto un nemico che nessuno sapeva come sconfiggerlo e comunque con i vaccini nessuno ci dà la certezza che qualcosa possa cambiare".

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