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Andrea Agostinelli e la morte del figlio: “E se non lo avessi lasciato solo quella notte? Perché a me?”

Andrea Agostinelli racconta come la morte del figlio Gianmarco a 33 anni per droga sia un lutto che non è riuscito a elaborare, per quanto sia possibile: “È un fatto innaturale, una parte del cuore va in necrosi. Il tempo non cancella niente”.
A cura di Paolo Fiorenza
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Andrea Agostinelli e il calcio sono un binomio inscindibile fin da quando quel ragazzo biondo nato ad Ancona iniziò ad inseguire un pallone nelle giovanili della Lazio, debuttando poi in Serie A a 18 anni il 19 ottobre del 1975 contro il Perugia. Oggi Agostinelli di anni ne ha 68 e dopo una carriera lunghissima da giocatore e poi tecnico, continua ad allenare: nell'ultima stagione ha ottenuto la promozione nella massima serie con il Flamurtari in Albania, "però ho deciso di andare via per divergenze di programmazione con la società". La vita di Agostinelli è stata segnata in maniera indelebile dal dolore forse più grande che un uomo possa provare: la perdita di un figlio. Gianmarco è morto nel 2014 a 33 anni, in circostanze legate all'uso di droga. Un lutto che Andrea non è riuscito a elaborare del tutto, continuando a farsi domande che non possono avere risposta: "E se non lo avessi lasciato solo quella notte? Perché a me?".

La morte del figlio di Andrea Agostinelli a 33 anni: fu trovato morto in albergo

Gianmarco Agostinelli fu trovato senza vita la mattina del 24 agosto 2014, in una camera d'albergo a Montecatini Terme. Il corpo privo di vita fu scoperto dal personale delle pulizie. Il primo referto medico indicò l'arresto cardiocircolatorio come causa probabile del decesso e nella stanza furono rinvenute alcune dosi di cocaina, in piccole confezioni, alcune già consumate. "Tutto quello che si è letto purtroppo è vero", conferma oggi il tecnico marchigiano a proposito dell'uso di cocaina.

Agostinelli racconta quando suo figlio cadde nella dipendenza che gli sarebbe costata la vita: "Ha iniziato a farne uso nel 2003, mentre allenavo il Napoli. E pensare che in casa mia non era mai entrato nulla, neanche una sigaretta. Quando io e mia moglie lo scoprimmo, si giustificò: ‘Lo fanno tutti'. Lo abbiamo mandato in comunità, attraverso le mie conoscenze si è fatto strada nel calcio. Aveva anche esordito in C2".

Andrea Agostinelli sulla panchina del Varese nel 2013
Andrea Agostinelli sulla panchina del Varese nel 2013

Il dolore senza fine di Agostinelli: "Una parte del cuore va in necrosi, il tempo non cancella niente"

La carriera sportiva non è bastata a distogliere Gianmarco dalla droga, oggi quello che resta è il dolore inestinguibile di Andrea: "Quando vivi una tragedia simile, per metà muori anche tu, non ti risollevi più – spiega Agostinelli al ‘Corriere della Sera' – È un fatto innaturale, una parte del cuore va in necrosi. Il dolore si può imparare solo a gestirlo. Il tempo non cancella niente. Mi sono colpevolizzato anche delle cose più piccole. Più volte mi sono chiesto: ‘E se non lo avessi lasciato da solo quella notte?'. Non me ne facevo una ragione. ‘Perché a me', mi domandavo. Non c'è un momento della giornata in cui non lo pensi. È ancora dura".

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