Alessandro Birindelli: “Il gol di mio figlio alla mia Juve emozionante quasi quanto la sua nascita”

C’è un filo sottile che lega il ragazzo di San Frediano di Cascina, che sognava Platini e Boniek davanti ai poster incollati sul muro della sua cameretta, all’uomo che oggi guida con calma e determinazione la Pianese in Serie C. Alessandro Birindelli è sempre lo stesso: sobrio, concreto, allergico alle scorciatoie. Uno che nel calcio non ha mai cercato le luci dei riflettori, ma il senso profondo del lavoro quotidiano.
Dalla scalata con l’Empoli di Spalletti alla Juventus dei trionfi, dagli anni da gregario di lusso accanto a Zidane e Del Piero alla stagione dell’umiltà in Serie B, fino al ritorno a casa, a Pisa, per chiudere il cerchio. Poi una seconda vita, quella dell’allenatore, costruita passo dopo passo, tra i settori giovanili e le esperienze all’estero — Zambia e Romania — fino a questa nuova sfida, la prima tra i professionisti. Oggi Birindelli siede sulla panchina della Pianese con la stessa serietà con cui da calciatore indossava la maglia bianconera e a Fanpage.it ha parlato di attualità e della sua lunga carriera
Mister Birindelli, partiamo dal presente: che sensazioni prova in questa nuova avventura con la Pianese?
"L’obiettivo principale è mantenere la categoria. Non vogliamo distogliere l’attenzione da quello che deve essere il nostro traguardo realistico. Prima la salvezza, poi partita dopo partita capiremo dove possiamo arrivare, ma senza stress o pressioni inutili".
Avete cambiato molto in estate. Quanto è stato difficile creare subito un gruppo coeso?
"Abbiamo rinnovato tanto, sono arrivati quindici giocatori nuovi, molti giovani. La priorità è stata costruire identità e coesione, e i ragazzi sono stati fantastici: hanno accettato ogni proposta, ogni richiesta. Per un allenatore è fondamentale".

Ha lavorato dieci anni nel settore giovanile: quanto ti è servito questo percorso?
"Tantissimo. È stato un periodo importante, ma sentivo dentro il desiderio di provare qualcosa di diverso. Ero arrivato a un punto in cui non mi bastava più. Quando è arrivata la chiamata della Pianese ho capito che era il momento giusto per mettermi in gioco tra i professionisti".
Nel suo percorso ci sono anche esperienze internazionali con la nazionale dello Zambia e con la Dinamo Bucarest. Che cosa le hanno lasciato?
"Mi hanno arricchito molto, soprattutto l’esperienza in Zambia. Ho visto situazioni difficili, ma anche tanta serenità e sorrisi sinceri. Quella gente mi ha insegnato ad affrontare la vita con leggerezza, anche quando mancano le certezze".
Ha parlato di giovani: come trova questa generazione rispetto alla sua?
"È tutto diverso. Noi finivamo la scuola e andavamo al campo, punto. La comunicazione era diretta, meritavi o no. Oggi invece bisogna capire i ragazzi, seguirli anche sul piano personale. Devi conoscere la loro vita fuori dal campo, per sapere come aiutarli dentro".

Ha avuto allenatori importantissimi. Chi ti ha lasciato il segno più profondo?
"Tutti. Ho avuto la fortuna di lavorare con Lippi, Spalletti, Capello, Ancelotti, Trapattoni, Ranieri, Deschamps… ognuno di loro mi ha trasmesso qualcosa di unico, dai metodi di lavoro alla comunicazione. È stato come un master quotidiano".
Da giocatore Birindelli è passato da ala a terzino: un’evoluzione naturale o imposta?
"Naturale direi. Nasco ala destra, ma con il tempo ho imparato a coprire tutta la fascia. Ai miei tempi il terzino era ‘tutta fascia', dovevi saper fare entrambe le fasi. È stato un vantaggio per la mia carriera".
Il salto alla Juventus è stato enorme. Come ricordi l’impatto con quel mondo?
"Io ero juventino da bambino. Avevo i poster di Platini e Boniek in camera. Entrare lì è stato come vivere un sogno. Dal primo giorno mi sono sentito a casa, grazie a un gruppo di campioni che mi ha accolto con umiltà. Ho capito subito perché avevano vinto tanto: avevano un DNA diverso".

Ha segnato pochi ma bellissimi gol. Ce n’è uno che ricordi con più affetto?
"Quello al Deportivo in Champions. Stavamo perdendo 2-0, la mia rete ci rimise in corsa. Ma ricordo anche quello in Serie B contro il Pescara: momenti che hanno segnato me e la squadra".
La stagione della Juventus in Serie B è rimasta nella storia. Che cosa si porta dietro di quell'annata?
"Un gruppo eccezionale, compatto. Ovunque andassimo ci accoglievano con affetto. È stato un anno di sofferenza ma anche di rinascita.
Perché decise di restare quando molti andarono via?
"Dopo Calciopoli decisi di rimanere alla Juventus in Serie B. A me la Juventus aveva dato tantissimo e avevo costruito una famiglia lì. Era naturale rimanere in un momento di difficoltà e rispetto comunque le scelte di chi andò via".

Dopo la Juve Birindelli è tornato a Pisa, la sua città. Che emozioni ha provato?
"Forti, anche se purtroppo quella stagione è stata complicata. Società assente, stipendi non pagati, tante difficoltà. È finita male e mi è rimasto un po’ di amaro, ma fa parte del percorso".
Il destino ha voluto che suo figlio Samuele ha segnato il suo primo gol in Serie A, manco a dirlo, proprio contro la ‘sua' Juventus: che momento è stato per la vostra famiglia?
"Un'emozione indescrivibile quasi quanto la sua nascita. Fu un'emozione forte, difficile da descrivere. Ma gli ho anche detto che dal giorno successivo avrebbe dovuto lavorare più forte di prima".
Nel 2015 mister Birindelli ha fatto parlare di se per aver ritirato la squadra dopo una rissa tra genitori. Un gesto forte…
"In realtà per me fu un gesto normale. Chi lavora coi ragazzi deve educare prima ancora di allenare. Oggi purtroppo il concetto di ‘normalità' si è ribaltato: i genitori spesso dimenticano che il calcio giovanile serve a formare persone, non solo calciatori".

Che consiglio darebbe Birindelli a un giovane che sogna di arrivare in alto?
"Curarsi, dentro e fuori dal campo. Alimentazione, riposo, vita privata, attenzione ai dettagli. Chi lavora su se stesso ogni giorno, alla lunga, raccoglie sempre i frutti".
Guardando al futuro: che Pianese vuole costruire Alessandro Birindelli?
"Voglio una squadra compatta, attenta ai dettagli. Ora che abbiamo trovato equilibrio, dobbiamo migliorare negli ultimi 20 metri, nelle scelte e nella concentrazione. La differenza si fa nei particolari, e i particolari si allenano ogni giorno".