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Playoff NBA: gli Hawks vincono gara 7 e approdano in finale, nel segno di Danilo Gallinari

Danilo Gallinari è sontuoso nel finale e mette lo zampino decisivo nel successo di Atlanta in gara 7, che vale l’accesso alla Finale di Eastern Conference contro i Milwaukee Bucks. Per l’azzurro e per tutto il roster degli Hawks la gioia è doppia viste le critiche e le difficoltà di inizio stagione. Per Philadelphia, invece, è il momento dei processi.
A cura di Luca Mazzella
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Dal record di 14-20 alla finale di Conference. La stagione incredibile degli Hawks può già riassumersi così, ricordando la pessima partenza con tanto di licenziamento di coach Lloyd Pierce e la nomina di Nate McMillan, col quale si è assistito a una crescita graduale e costante di tutto il roster, su tutti quelli della coppia di esterni Young-Bogdanovic e di un John Collins prima protagonista di frizioni coi compagni, poi diventato fondamentale negli equilibri offensivi e difendivi della squadra.

Il tutto senza dimenticare il ruolo del nostro Danilo Gallinari, che nella decisiva mette la ciliegina della torta (finora) a un’annata in crescendo, partita tra infortuni e tanto scetticismo e salita di colpi fino alla solidissima serie giocata contro i 76ers e vinta stanotte grazie anche a una sua giocata decisiva a 50 secondi dal termine.

Con gli Hawks sopra di 4 e Joel Embiid a giocarsi l’attacco più importante dei suoi, Danilo si è trovato accoppiato al centro dopo un cambio difensivo e dopo aver tenuto i suoi primi 2 palleggi ha letto il momento migliore per toccare la palla da dietro, dopo la virata del camerunese, facendola schizzare nelle mani di Huerter che l’ha subito lanciato in contropiede per una schiacciata a 2 mani che ha consegnato ad Atlanta il +6 e chiuso praticamente i giochi. Danilo conquista così la sua prima finale di Conference in carriera, e diventa il secondo italiano in assoluto a riuscirci. Dopo le tante critiche su una scelta fatta solo ed esclusivamente per soldi e le accuse di essere un mercenario senza ambizioni sportive, una bella soddisfazione su chi oltre a un contratto importante ha scelto anche la bontà di un progetto tecnico che oggi sta maturando partita dopo partita grazie a un roster giovane e ben allenato.

Una squadra che può permettersi un Trae Young da 5/23 e un Bogdanovic da 2/8 dal campo e vincere comunque sul campo di Philadelphia, tradita ancora una volta da Ben Simmons (0 tiri tentati nei quarti periodi delle ultime 4 partite della serie, 3 in totale includendo i primi episodi) e oggi davanti a grosse incognite sul futuro del mancino, scaricato di fatto anche da Embiid e da coach Rivers nelle interviste post-gara. In una annata così particolare, per i Sixers è un’occasione persa che lascerà enormi strascichi e porterà a uno scossone non indifferente nella off-season.

Uno scossone che dovrebbe partire con al centro il big-man di certo (anche stanotte 31-11 per lui) ma anche Seth Curry, giocatore forse più cresciuto durante l’anno e ormai lontano dall’ombra del più rinomato fratello (16 punti nella notte con 6/10 al tiro) e Tobias Harris, stanotte impreciso (8/24 dal campo per 24 punti) ma decisamente rinato grazie a Doc Rivers, che gli ha ridato fiducia e consapevolezza rimettendolo al centro di un gioco che ora sa sfruttarlo nel migliore dei modi.

Atlanta si gode una meritatissima soddisfazione grazie a un supporting cast che oltre al nostro Gallo (17 punti in uscita dalla panchina) sopperisce con un grande Kevin Huerter (27 punti), MVP del match, e con la doppia-doppia di John Collins (14 più 16 rimbalzi) alla serata complicata al tiro dei suoi due esterni. Un ulteriore argomento a favore della maturità raggiunta da questi ragazzi e della profondità di un roster al quale mancano comunque diversi giocatori attualmente ai box, su tutti il talentuoso De’Andre Hunter. E ora, per continuare a sognare, l'ultimo ostacolo prima delle Finals si chiamavano Milwaukee Bucks. Una corazzata di certo, partita con il dichiarato obiettivo dell'anello, ma che fa comunque meno paura dei Brooklyn Nets, al completo proibitivi per chiunque. Ma in un'annata così folle e dove a vincere sarà una franchigia senza anelli NBA o con anelli datati almeno 40 anni (Bucks nel 1971, Hawks nel 1958, Suns e Clippers mai vincitori), tutto è possibile.

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