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Olimpiadi Tokyo 2020

Italbasket, altro che débâcle: gli Azzurri vanno solo ringraziati

Nel marasma di opinioni del giorno dopo, in tanti stanno sgomitando per usare il termine più forte per qualificare come negativa la spedizione olimpica Italbasket. Una squadra partita senza aspettative, senza star, nella bolgia di Belgrado a giocarsi l’unico posto disponibile proprio contro la Serbia, e uscita dopo 40 minuti di battaglia contro una sicura candidata a medaglie.
A cura di Luca Mazzella
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Il giorno dopo, si dice in questi casi, è ancora più bello. Vale naturalmente nei successi, non può dirsi lo stesso per le sconfitte, soprattutto per quelle cocenti in cui dai tutto e sventoli bandiera bianca solo nel finale. Eppure, certe sconfitte, oltre a essere uno step necessario e spesso formativo da scontare lungo la strada che porta alla vittoria, hanno un sapore diverso, positivo, ben lontano da come gran parte della stampa tricolore si è affrettata a definire "débâcle" e a paragonare ad altre cadute (nello specifico quella dell'Italvolley contro l'Argentina), scomodando addirittura come termine di paragone la spedizione del 2004 conclusa con l'argento ad Atene.

Alla Nazionale italiana di basket, a poco più di 24 ore dalla partita persa solo nel finale contro una delle favorite all'oro olimpico, la Francia di Rudy Gobert, Evan Fournier e Nando De Colo, si deve dire solo grazie. Parlare oggi è molto semplice, ma nessuno avrebbe puntato un singolo centesimo su un percorso del genere a Tokyo, anche perché nessuno avrebbe mai previsto che questo gruppo potesse arrivare in Giappone scalando una montagna chiamata preolimpico, per giunta in casa della peggiore e più forte avversaria del girone, la Serbia di Milos Teodosic e Boban Marjanovic. Una squadra battuta davanti al caloroso pubblico di Belgrado senza nemmeno disporre della star del roster azzurro, Danilo Gallinari, che nel frattempo era ancora impegnato con gli Atlanta Hawks nei Playoffs NBA. E che, pur distrutto da una stagione fisicamente estenuante per un calendario compresso e strozzato casa covid, si è subito reso disponibile per la spedizione olimpica. Pagando a caro prezzo le fatiche della stagione NBA, con una distorsione rimediata nella prima partita contro la Germania che l'ha costretto a un lavoro extra nell'ultima settimana.

Ricordiamo inoltre che il percorso azzurro è partito senza due dei condottieri più attesi, Marco Belinelli e Gigi Datome, bandiere e simboli degli ultimi 15 anni di Nazionale, alle prese con età, usura e infortuni da recuperare. E quindi, con il solo Nik Melli spendibile come nome "pesante" – peraltro anche lui in pessime condizioni fisiche per la stagione oltreoceano – e guidati da un ragazzo del 2001 come Nico Mannion, da un 1999 come Alessandro Pajola e da un giocatore diventato Gigante negli ultimi 45 giorni e in uno stato psico-fisico che ha fatto addirittura vacillare le certezze di chi lo vedeva "solamente" di livello Eurolega come Simone Fontecchio, l'impresa di questa squadra vale praticamente una medaglia.

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Si aggiunga inoltre che, sin dal girone di qualificazione, le due rimonte per nulla semplici concretizzatesi negli ultimi minuti contro la Germania e la Nigeria hanno ulteriormente convinto il gruppo di avere valori prima di tutto umani e psicologici sui quali fare quadrato, e che hanno reso possibile giocarsela a viso aperto contro un'altra semifinalista come l'Australia (che ha asfaltato la nazionale argentina con un sonoro +38), e in subordine regalare di fatto l'unico quarto di finale realmente equilibrato del torneo, dopo i netti successi dei Boomers appunto, ma anche della Slovenia di Luka Doncic sulla Germania e degli Stati Uniti contro un pur coriacea Spagna. Insomma, più che sforzarsi di vedere il bicchiere mezzo pieno, la vera fatica sta nel trovare elementi negativi in una spedizione del genere. Che ha ricreato entusiasmo trasversale (anche al di fuori degli appassionati di basket, si vedano i tanti cinguettii su Twitter di personaggi dello spettacolo notoriamente lontani dalla palla a spicchi), che ci ha fatto scoprire una serie di ragazzi terribili dai quali ripartire, che ha cristallizzato una volta di più laddove ce ne fosse bisogno la leadership di giocatori come Danilo Gallinari e Nicolò Melli dei quali non siamo ancora pronti a fare a meno, e che oggi, 24 ore dopo, ci trova ancora in piedi nel tributare convintamente un applauso a Meo Sacchetti e ai suoi ragazzi.

Ci sono sconfitte e sconfitte, e pur nella narrativa ormai tossica del gradino più alto del podio come unico risultato ritenuto accettabile, l'ultimo mese e mezzo di pallacanestro italiana ha il sapore della più dolce delle vittorie. Ripartendo dalle certezze e con la fiducia di poter ancora inserire tanti giovani talenti nel motore, si tratta solo di scoprire quanto l'Italbasket metterà al collo una medaglia. Con buona pace di chi, cercando il colpo a effetto, non ha esitato un attimo nel bollare come disfatta l'impresa di questi ragazzi.

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