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I Chicago Bulls sono tornati a fare paura in NBA: con i Big 3 guidati da Zach LaVine

Nonostante l’assenza di due titolari, i Chicago Bulls continuano a vincere e convincere. Battuti anche i Lakers a domicilio, il record dice 10-4.
A cura di Luca Mazzella
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10 vittorie, 4 sconfitte, secondo posto nella Eastern Conference, quarto miglior record NBA. Tra febbraio e l'ultima off-season hanno cambiato, lo hanno fatto in modo netto per rivoluzionare gran parte del roster e riscattarsi dal recente passato, e oggi della vecchia squadra resta poco o nulla. Non tanto nei singoli, con Zach LaVine su tutti elemento di continuità tra i due corsi, ma nell'atteggiamento, nella mentalità, in una difesa distante anni luce da quanto visto nel recente passato, i Chicago Bulls sono diventati una grande della NBA.

I Bulls hanno infatti cambiato pelle e, grazie ai giocatori giusti, si stanno rivelando una delle assolute sorprese di questo inizio di stagione NBA. Giocatori che, grazie a una serie di punti in comune, hanno cementato tra loro un rapporto molto solido che sta consentendo al team di superare anche gli imprevisti sorti strada facendo, tra l'infortunio che rischia di tenere fuori fino a fine anno l'ala Patrick Williams, nelle intenzioni del GM Karnisovas l'ancora difensiva della squadra, e il centro Nikola Vucevic entrato nel protocollo salute e sicurezza anti Covid-19 per un sospetto contagio. Il tutto con rotazioni ridotte, quintetti sperimentali e un assetto totalmente stravolto rispetto a quanto previsto almeno sulla carta prima del via della stagione 2021/2022 al quale hanno fatto da contraltare prestazioni difensive di alto livello e contro squadre decisamente più accreditate come gli Utah Jazz, i Dallas Mavericks, i Boston Celtics, i Brooklyn Nets e le ultime due vittime eccellenti, entrambe cadute allo Staples, ovvero Los Angeles Clippers e Los Angeles Lakers, nella notte appena trascorsa.

I Big 3, tra conferme e riscatti

Chicago ha prima di tutto trovato i suoi punti di riferimento in attacco, ripartendo dalla star troppe volte lasciata sola negli ultimi anni Zach LaVine, e dalla voglia di riscatto di due giocatori intenzionati a vivere la loro personalissima rinascita sportiva dopo un estate fatta di pochi corteggiamenti e scarsa considerazione dai rispettivi team di appartenenza, Lonzo Ball e DeMar DeRozan. Il primo scartato dai New Orleans Pelicans, il secondo lasciato andare dai San Antonio Spurs intenzionati ad inaugurare un nuovo corso in cui per un 32enne sembrava non esserci spazio. Scommesse di Karnisovas che, ad oggi, possono definirsi pienamente vinte: Lonzo viaggia con il 44% dall'arco su un volume di tiri elevatissimo (7.1 triple tentate a partita) e sta dimostrando di aver raggiunto anche nella metà campo offensiva la maturità tanto attesa e su cui in pochi erano rimasti a puntare, aggiungendo la solita difesa da serissimo candidato al premio di Defensive Player of The Year. DeMar sta giocando molto più semplicemente la pallacanestro più matura della sua carriera, a dispetto di chi riteneva il suo basket ormai superato e focalizzato su una conclusione, il tiro dal midrange (dalla media distanza tra area e linea dei 3 punti), anacronistica rispetto alle spaziature moderne e all'abuso del tiro da 3. Nella notte, i magnifici 3 hanno combinato per 91 dei 114 punti complessivi della squadra che ha battuto i Los Angeles Lakers in trasferta, mostrando una pallacanestro fluida in attacco e tignosa in difesa, dove anche quelli che a tutti gli effetti sembravano giocatori poco inclini a dare il massimo nella propria metà campo sembrano rinati o comunque ben schermati dall'effort difensivo del resto del team, su tutti Alex Caruso.

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Il fattore Caruso

Di Alex Caruso avevamo già precedente parlato, sottolineandone il ruolo di uomo di energia in uscita dalla panchina e specialista difensivo da accoppiare quando necessario alle star avversarie. Nelle partite giocate senza Nikola Vucevic, l'head coach Billy Donovan lo ha lanciato in quintetto titolare, optando per un assetto small con 4 piccoli puri in grado di cambiare contro ogni avversario e sfruttando la voglia di mettersi in mostra di Tony Bradley, Javonte Green e Derrick Jones Jr, che nelle defezioni di Williams e Vucevic hanno trovato una vetrina importante per dimostrare di valere minuti di livello in una squadra che, sera dopo sera, si sta guadagnando il rispetto dell'intera lega. Per quanto prevedibile sia un calo che a un certo punto seguirà più il logorio fisico di un roster che già oggi è chiamato agli straordinari, i Chicago Bulls non sono in alto per caso, e sono destinati a rimanerci per un po'. Soprattutto se, spinto dalla fiducia per quanto visto finora, Karnisovas deciderà di fare le cose ulteriormente in grande. All'orizzonte c'è l'estensione di Zach LaVine a tenere banco, ma viste le premesse l'ex Minnesota potrebbe sposare a pieno il progetto della Windy City. In più, la tentazione di provare a salire un ulteriore gradino verso lo stato di reale pretender ingolosisce e non poco la dirigenza, che già nei prossimi mesi potrebbe dare l'accelerata decisiva a un progetto decollato prima e in maniera superiore a quanto ci si aspettasse. L'entusiasmo è contagioso, la voglia di vincere anche: il giusto mix può far diventare Grande Chicago.

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