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I 6 mesi di inferno di Aron Baynes, dalla paura di non camminare più al nuovo sogno NBA

Un articolo uscito in questi minuti su ESPN racconta del tremendo calvario passato dall’ex centro di Celtics e Suns (ma non solo) dopo la partita olimpica contro l’Italbasket.
A cura di Luca Mazzella
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L'ultima volta che abbiamo visto in campo il gigante barbuto australiano Aron Baynes è ormai datata 28 luglio 2021 e noi italiani in particolare dovremmo ricordarla benissimo: 14 punti e 14 rimbalzi, a fare la voce grossa sotto i tabelloni. Si, perché Aron è fino a quel momento uno dei migliori giocatori di quella Nazionale che vincerà da lì a poco la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Tokyo e noi abbiamo la sfortuna di trovare i "Boomers", questo il soprannome dei nazionali australiani, sul nostro percorso di qualificazione. Un osso duro, con stelle come Patty Mills e Joe Ingles e proprio il suo fisico roccioso sotto canestro a sgomitare. D'altronde, oltre 500 partite in NBA non si giocano per caso.

Tra il terzo e il quarto quarto di quella partita che l'Australia vincerà poi nel finale, il lungo ex Raptors e Suns si dirige verso gli spogliatoi per andare in bagno. Tutto quello che avviene da quel preciso momento in poi è stato rivelato solo oggi in un articolo a firma Brian Windhorst uscito su ESPN. Dopo diversi minuti di assenza dal campo, alcuni membri dello staff di squadra vanno a richiamare Aron per farlo rientrare almeno in panchina e la scena che trovano davanti ai loro occhio è scioccante: Aron è steso sul pavimento con alcuni tagli all'altezza delle braccia che sanguinano sporcando copiosamente la canotta.

Facciamo un passo indietro. Nel riscaldamento della partita giocata 3 giorni prima contro la Nigeria, Baynes era caduto rovinosamente a terra portando tutto il peso su testa e collo dopo un tentativo di schiacciata nel riscaldamento: aveva ancora le mani umide e bagnate per il disinfettante, non riesce ad aggrapparsi bene al ferro e perde l'appoggio fino a crollare sul parquet. La paura è tanta ma non sembrano esserci conseguenze diverse dalla cautela che spinge lo staff medico a tenere il lungo a riposo.

Torniamo allo spogliatoio durante la partita contro l'Italia: i due tagli che Aron ha all'altezza del braccio sembrano causati dai ganci sui quali erano riposti degli asciugamani, ma la dinamica non appare ancora chiarissima. Forse il giocatore, svenendo quasi, ha urtato con la spalla i ganci finendo per tagliarsi. Al risveglio, Aron è in stato confusionale e non riesce a muoversi, costringendo i medici a trasportarlo in barella. Nel tentare di rialzarsi da solo, cade di nuovo e senza avvertire minimamente la spinta e la resistenza delle gambe, praticamente immobilizzate.

Mentre viene trasportato in ospedale per una sospetta commozione cerebrale, Baynes avverte dolori, scosse, calore e formicolio agli arti inferiori e il primo esito dopo la risonanza magnetica fa emergere un'emorragia interna che rende urgentissima l'operazione per alleviare la pressione sulla colonna vertebrale, dato che il midollo può uscirne irrimediabilmente compromesso. Nel frattempo, essendo in piena pandemia, nessun membro dello staff della Nazionale è in sala con lui e parlare con le infermiere che nemmeno sanno l'inglese è tremendamente complicato. Gli unici contatti li ha con il suo agente, a cui manda le foto dei tagli (parla proprio di "fori") sulle braccia, mentre un secondo letto viene affiancato al primo per poter stendere anche le gambe, visto che in ospedale non ne hanno uno delle sue dimensioni. In quel preciso momento il suo unico pensiero, nonostante le condizioni, va al campo e a quando e se potrà tornare a giocare. Magari proprio in una delle partite che metteranno in palio la medaglia per i Boomers.

La lunga riabilitazione

Dopo l'operazione in realtà il rientro è molto più lungo e complesso del previsto: per le prime due settimane i movimenti sono limitati a mani e piedi, con il supporto di infermieri e specialisti e la tv sempre accesa sulla gesta dei suoi compagni che nel frattempo conquistano uno storico terzo posto. Proprio i due più vicini ad Aron ovvero l'ex Cavs Matt Dellavedova e Nathan Sobey sono i primi a fargli visita per portargli la medaglia di bronzo, assieme al medico della squadra per il quale si fa uno strappo alla regola concedendo 15 minuti giornalieri di colloquio-esercizi con il giocatore. 11 giorni dopo quella visita Baynes per la prima volta riesce ad alzarsi sulle sue gambe per iniziare la seconda fase del recupero. Solo in quel momento riesce a farsi rivedere dai figli con una videochiamata, proprio poco prima di tornare in Australia per l'ultima fase della riabilitazione. Un volo speciale sul quale viene prima immobilizzato e poi sedato lo porta a Brisbane, dove negli ultimi mesi il cestista ha completato il suo percorso rieducativo, passando dalla carrozzina alle stampelle fino addirittura a correre dopo diverse settimane. Addirittura, pochi giorni fa Baynes ha preso nuovamente un pallone tra le mani per un tiro e la sua prima apparizione pubblica non poteva che arrivare proprio per una partita di basket, tra Brisbane Bullets e Melbourne United. Gara nella quale il compagno Matt Dellavedova segna 16 punti.

Gli allenamenti di Aron durano circa 8 ore al giorno, ancora oggi, con il nuovo sogno NBA nel cassetto. Quella in cui negli ultimi anni, lavorando sodo, era riuscito a sopravvivere tecnicamente grazie a un tiro da 3 sempre più fluido per adattarsi ai cambiamenti del basket moderno e alle sempre più abilità richieste ai big-men. Quella in cui non vede l'ora di tornare per misurare il suo gioco fisico con il nuovo e più permissivo metro arbitrale introdotto quest'anno. A quasi 7 mesi da quel buio, già solo sognare di tornare tra i giganti americani a fare la voce grossa la dice lunga sui progressi fatti dal ragazzo australiano.

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