Simoncelli: quando la morte è il segno estremo di una vita di passione

A volte la morte può essere l’estremo segno di una vita di passione. È questo il caso del Sic, quel ragazzone di 24 anni che apriva la manetta del gas sulla sua moto prima di tutti per sentire il brivido della vita scorrergli tra le mani e che domenica scorsa ha avuto la “sfiga” di un incidente davvero anomalo che lo ha ucciso in Malesia.
Chi corre a 330 all’ora su due ruote e fa le curve sfiorando l’asfalto pensa che la morte sia qualcosa che non lo riguarda. Mette in conto qualche frattura e molti scivoloni, ma la morte, un pilota tende ad allontanarla da sé imbottendosi di protezioni, convinzioni di immortalità e superstizioni. Il patto è sempre quello di non parlarne e di anestetizzarla gustando fino all’ultima goccia la vita, attraversando i giorni con fare da guascone tra belle donne e giochi da ricchi adolescenti.
È, ancora una volta, l’antica favola greca di Icaro che si ripete: il giovane che volava con delle ali di cera, ma che arrivato vicino al sole le vide sciogliersi sotto il calore dei raggi. Se si cerca di superare il limite, il prezzo da pagare può essere alto, anzi altissimo; ma proprio per questo nel superamento del limite c’è la massima espressione dell’essere umano.
Grazie Sic per averci ricordato che essere uomini significa cercare di superare i propri limiti inseguendo fino in fondo le proprie passioni e senza avere paura di perdere tutto. La cera delle tue ali, forse, lascerà la scia su qualcuno facendoci vivere con più passione e convinzione il nostro quotidiano.