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Opinioni

Paola Egonu ci ha ricordato cosa sta diventando l’Italia e per questo abbiamo bisogno di lei

Il volto, le lacrime e le parole di Paola Egonu dette al suo procuratore, Marco Raguzzoni, non devono restare immagini labili. Devono servirci per parlare di una Paese orribile, dove vogliamo che perdano sempre gli altri, mentre noi tutti sprofondiamo più in basso.
A cura di Jvan Sica
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Il volto, le lacrime e le parole di Paola Egonu dette al suo procuratore, Marco Raguzzoni, non devono restare immagini temporanee conficcate a forza nel tritacarne digitale in cui siamo immersi, quel tritacarne che ci da un leggerissimo dolore passeggero per una città ucraina bombardata per poi passare velocemente ad altro. Queste immagini di vero dispiacere, di sconforto totale di fronte a una situazione diventata insostenibile devono parlarci di noi, del nostro Paese, di quello che stiamo diventando o forse siamo sempre stati, senza saperlo solo perché le questioni razziali, di genere e tanto altro non ce l’eravamo nemmeno mai poste.

L’Italia è il Paese in cui perdere deve avere un solo colore e non è quello della maggioranza delle persone.
L’Italia è il Paese in cui a perdere sono le persone che scelgono strade non accettate dalla maggioranza per quel che riguarda la loro vita sessuale.
L’Italia è il Paese in cui a perdere devono essere quelli che sono deviati e non tutti gli altri che sono invece nella correttezza di una moralità innalzata a manifesto politico.
L’Italia è il Paese in cui lo sport deve uniformare e non imparare a pensare in maniera laterale.
Quando si perde questa è l’Italia che scopriamo in atlete come Paola Egonu. Lei ha perso perché è diversa e non ci rappresenta, non siamo noi.

Le lacrime di Paola Egonu
Le lacrime di Paola Egonu

A questo gioco al massacro Paola Egonu non vuole più starci e alla fine di una partita meravigliosa, vinta contro un avversario fortissimo come gli Stati Uniti, che ci ha portato un bronzo mondiale e non la coppa di latta del torneo parrocchiale, deve sfogarsi con una persona che non può capirla, come lei stessa dice all’inizio, ma che deve ascoltarla, perché non può più tenersi tutto dentro. Dopo averla sentita, viene istintivo gridare: "Brava Paola!" Fai bene a non voler più rappresentare un Paese che ti sputa in faccia quando perdi, oltretutto quasi mai, e invece ti cerca e ti adula quando vinci. Un Paese del genere non merita il tuo sforzo e il tuo sacrificio, le tue estati passate alla ricerca della forma perfetta e dell’alloro che possa dare poi a tanti che oggi ti insultano il privilegio dal divano di essere contenti.

Senza Paola Egonu saremmo una squadra che perde il 50% del nostro potenziale e anche se sono pochissimi coloro che oggi insultano la Egonu, il loro rimbombo si sente forte e la sua assenza alle prossime Olimpiadi di Parigi 2024 sarebbe un grido terribile verso l’intero Paese che nella sua maggioranza troppo silenziosa magari non la giudica, però allo stesso tempo non sa sostenerla. Il suo addio direbbe tanto anche delle istituzioni del volley italiano, un po’ troppo sciatte su queste questioni.

Perché non scovare chi insulta e denunciare? Quando si tocca il portafogli gli agnellini iniziano a belare.
Una parte di noi però, quelli che sanno che il mondo è necessariamente in cammino verso il cambiamento e che nessuna chiacchiera da bar può farlo guardare indietro, così come le valanghe di voti alle elezioni, non vogliono perdere Paola Egonu. Vogliono che resti lì, salda, anche nelle sconfitte prossime che arriveranno di sicuro. Se Paola resta lì, con la maglia azzurra addosso, noi abbiamo un’atleta a cui guardare con l’orgoglio che lei sa darci.
Ti chiediamo di restare Paola, anche se adesso è difficile. Resta per un Paese che c’è anche se sembra scomparso, anche se sembra nascosto, anche se sembra impaurito. Può essere proprio il tuo restare una molla per farlo tornare a essere vivo.

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