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La seconda vita di Maxcel Amo Manu dopo l’incidente in scooter: “Voglio il record mondiale”

Il 31enne azzurro, cresciuto a Milano ma bolognese d’adozione, sul tetto del mondo nei cento e duecento metri dopo l’amputazione di una gamba nel 2017. “Il mio obiettivo è battere il record mondiale, è bello vedere gli altri motivati grazie a me”.
A cura di Beppe Facchini
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Dal letto di ospedale, dove a causa di complicazioni i medici hanno dovuto amputargli una gamba in seguito ad un incidente, al tetto del mondo, con ben due medaglie d'oro e altrettanti record europei. È la parabola ascendente di Maxcel Amo Manu, 31enne atleta paralimpico tesserato con le Fiamme Azzurre e l'Atletico Francesco Francia, reduce da un mondiale di atletica, terminato a metà luglio a Parigi, decisamente da ricordare. “È stata un'esperienza molto sudata, anche perché due mesi prima avevo avuto un infortunio -racconta Max a Fanpage.it-. Però nonostante tutto abbiamo cercato di fare più gare e allenamenti possibili e buttarci. E alla fine ce l'abbiamo fatta”. Primatista nei cento e nei duecento metri T64, il velocista azzurro ha anche stabilito due nuovi record, come detto, puntando forte per il futuro a infrangere anche quello mondiale: si tratta di qualcosa di impensabile, se si pensa che fino a qualche anno fa, la vita di Maxcel era completamente diversa.

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Nato in Ghana e arrivato in Italia quando era ancora un bambino, la nuova promessa dello sport paralimpico nostrano ha vissuto per anni vicino Milano. Nel 2016, poi, dopo aver conosciuto quella che nel frattempo è diventata moglie e madre dei suoi due figli, Max si è trasferito a Bologna per amore, trovando occupazione prima come elettricista e poi come magazziniere. Il 17 agosto 2017, “giorno di riposo”, ricorda, gli viene chiesta una mano a lavoro e lui accetta. Nel tragitto, però, mentre era in scooter, un camion gli taglia la strada: finisce contro il guardrail, ma non capisce subito l'entità della ferita. Anzi, quasi ci scherza su. Scatta una foto, la manda all'allora fidanzata (che lavora in ospedale) e per fortuna, mentre l'autista del mezzo pesante continua per la sua strada, passa da quelle parti un infermiere militare che con un laccio emostatico evita il peggio, fino all'arrivo dei soccorsi.

“Mi ha salvato la vita -ammette Max-. Se non ci fosse stato forse lui sarei morto. Siamo anche rimasti amici e ogni tanto ci sentiamo”. Arrivati in ospedale, i medici cercano in tutti i modi di salvare il salvabile, ma non basta: alla fine si decide per l'amputazione dell'arto inferiore sinistro. E per lui, che per una vita ha sempre praticato sport, dal calcio al basket, dal parkour alla thai boxe, sembra l'inizio di un incubo senza fine. “Volevo starmene a casa per i fatti miei” ammette, ma quel periodo così difficile e triste non dura molto.

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Affidato alle cure del Centro Protesi Inail di Vigorso di Budrio, vera e propria eccellenza italiana nel settore, con pazienti da tutto il Paese (e non solo) e numerosi atleti paralimpici seguiti da anni, Max ritrova la voglia di tornare in pista, letteralmente, anche se l'atletica non è mai stata proprio una delle sue più grandi passioni. “Non riesco a stare senza far niente” dice ancora Max, che un po' alla volta prende confidenza con la sua nuova quotidianità, fino a quando, nel 2020, non arriva il suo esordio ai campionati assoluti della Fispes a Jesolo. “Nonostante tutti i casini che potevo combinare, e che ho combinato, sono arrivato secondo -racconta-. Sono inciampato, ho rischiato di cadere e di perdere la protesi”.

Eppure, quel giorno in tanti si sono accorti di lui: il suo potenziale non poteva passare inosservato. “Lo chiamiamo neofita in questo momento dell'attività agonistica -spiega Gregorio Teti, direttore tecnico del Centro Protesi Inail di Budrio-. Lo abbiamo instradato nella disciplina sportiva, ma deve ancora imparare a gestire sia la partenza che la falcata. E anche ad affidarsi di più al suo dispositivo protesico, che sicuramente renderà Maxcel nel proseguo un grande campione per almeno i prossimi dodici anni”.

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Nel suo mirino adesso ci sono, in vista del 2024, i giochi paralimpici di Parigi e mondiali di Kobe. “Il mio obiettivo è battere il record mondiale, ho visto che ci sono vicino” dice il giovane bolognese d'adozione. E allenarsi sei giorni su sette ogni settimana o avere una corretta alimentazione, spiega, non basta: tanto parte anche dalla mente. “Per arrivare a certi risultati dev'essere sana -conferma-. E poi bisogna togliersi l'ansia, perché comunque una volta che fai queste cose vuol dire che sei già sulla buona strada. Bisogna togliere tutte le paure e provarci, anche quando qualcosa va male. Io non mi sono mai buttato giù, ma ho sempre voluto dare il massimo e arrivare fino alla fine, nonostante tutto -conclude-. Spero di riuscire a trasmettere queste cose anche agli altri, perché mi fa davvero piacere vederli motivati grazie a me”.

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