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La compagna di scalata di Laura Dahlmeier ha visto la sua morte: “L’ho chiamata, non si è mossa”

Marina Krauss è la compagna di scalata di Laura Dahlmeier nella tragedia del Laila Peak. Ha visto tutto svolgersi davanti a lei, senza poter fare nulla per evitare la morte dell’ex campionessa di biathlon: “L’ho chiamata, ma non c’è stata alcuna reazione e non si è mossa. Li ho capito”.
A cura di Paolo Fiorenza
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Tutta la Germania piange in queste ore una delle sue sportive più titolate e amate, l'ex campionessa olimpica e mondiale di biathlon Laura Dahlmeier, morta tragicamente a soli 31 anni dopo essere stata travolta da una frana a quasi 6000 metri di altezza, poco sotto la vetta del Laila Peak, meravigliosa e crudele montagna del massiccio del Karakorum, in Pakistan. La squadra di soccorso obbligata a operare via terra per l'impossibilità di intervento degli elicotteri a causa delle condizioni ambientali difficilissime (vento forte e scarsa visibilità) si è fermata senza raggiungere il luogo dell'incidente, rispettando la volontà espressa in vita da Laura, ovvero che "in un caso come questo nessuno dovesse rischiare la propria vita per recuperarla".

Il rischio mortale di caduta massi era ancora ben presente, e dunque "il suo desiderio era che, in tal caso, il suo corpo fosse lasciato sulla montagna". E così sarà, visto che anche la famiglia ha insistito su questo punto, riservandosi comunque la possibilità di cambiare idea in futuro. Nessuno ha dunque potuto accertare sul posto la morte della campionessa, diventata dopo il ritiro alpinista provetta, ma "sulla base delle informazioni raccolte durante il sorvolo dell'elicottero martedì e della descrizione della compagna di cordata sulla gravità delle ferite, si deve presumere che Laura Dahlmeier sia morta sul colpo", ha fatto sapere il suo entourage.

Laura Dahlmeier in una foto di giugno, sempre in montagna, la sua nuova passione di vita dopo il ritiro dal biathlon
Laura Dahlmeier in una foto di giugno, sempre in montagna, la sua nuova passione di vita dopo il ritiro dal biathlon

La compagna di scalata di Laura Dahlmeier ha visto tutto: "È stata colpita da un enorme masso e scagliata contro la parete"

Una versione dei fatti avvalorata con ulteriori dettagli dal racconto di Marina Krauss, ovvero la persona che aveva deciso di sfidare assieme a Laura il minaccioso gigante del Karakorum, vetta iconica non già per la sua altezza (‘appena' 6096 metri), ma per la sua caratteristica forma di lancia dritta verso il cielo, riconoscibile anche a grandissima distanza. Una montagna severissima con chi prova a scalarla, ci sono riusciti in pochi nella storia e qualcuno non è tornato indietro.

In un incontro con i media che si è svolto all'aperto nella cittadina montana di Skardu, a 80 chilometri dal Laila Peak, la sua compagna di scalata Marina Krauss ha parlato dell'incidente in cui ha perso la vita la Dahlmeier. Le due avevano già iniziato la discesa, dopo essersi fermate poco prima della vetta proprio per motivi di sicurezza, e lei si trovava più in basso rispetto all'ex biathleta quando si è verificata la frana. La Krauss ha raccontato "come Laura sia stata colpita da un enorme masso e scagliata contro la parete. L'ho chiamata, ma non c'è stata alcuna reazione e non si è mossa. Li ho capito. Per me era chiaro che se avesse avuto una possibilità, dato che era stata colpita alla testa, sarebbe stata solo se i soccorsi fossero arrivati immediatamente".

La conferenza stampa di Marina Krauss in Pakistan
La conferenza stampa di Marina Krauss in Pakistan

L'incidente mortale è avvenuto lunedì a mezzogiorno, poi martedì, nonostante il maltempo, un elicottero è riuscito a sorvolare il luogo dell'incidente, senza poter fare di più. L'alpinista Jackson Marwell, che era bordo, ha dichiarato: "Abbiamo sorvolato la montagna un paio di volte. Ho visto Laura nella neve ed era abbastanza ovvio che non fosse più viva".

Laura Dahlmeier e Marina Krauss stavano scalando il Laila Peak da sole, senza assistenza di portatori, e con attrezzatura leggera, insomma una sfida al massimo livello di difficoltà. La Krauss – rimasta illesa per pura fortuna, lì non c'è abilità che tenga – ha immediatamente chiamato i soccorsi e cercato a lungo di raggiungere Laura, ma è stato impossibile a causa del terreno difficile e della persistente caduta di massi. Pertanto ha deciso di abbandonare la zona, a quota 5700 metri, e continuare la discesa fino al campo base, posto nella valle di Hushe, circa 3550 metri sopra il ghiacciaio di Gondogoro.

La campionessa tedesca era un'alpinista provetta, Reinhold Messner spiega perché in casi come questi non c'è nulla da fare

Laura Dahlmeier, in qualità di guida alpina certificata e soccorritrice alpina volontaria, possedeva le qualifiche e le competenze necessarie per tali spedizioni. Del resto aveva già scalato altre montagne parecchio impegnative, l'ultima proprio in Pakistan poco prima di salire sul Laila Peak. Ma pur con tutta l'esperienza e capacità possibili, la natura può diventare un avversario imbattibile nella lotta per la vita. "Si tratta di grandi massi che si frantumano in centinaia di pezzi. Poi 50, 100, 200 metri più in basso, una pioggia di sassi si abbatte e spesso non si riesce a evitarla", ha detto al riguardo la leggenda dell'alpinismo Reinhold Messner, descrivendo il pericolo più temuto dagli alpinisti. Soprattutto su percorsi difficili e pareti ripide, non si può scappare perché si è legati alla montagna con la corda. E il Laila Peak non lascia scampo.

Poi c'è la sorte, chiamata in causa da Marina Krauss con poche parole lapidarie, quando ha raccontato la decisione di tornare indietro poco prima della vetta: "Se fossimo arrivate mezz'ora prima, saremmo scese sane e salve".

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