Il kickboxer ha il viso tumefatto, il cellulare non lo riconosce e ha una brutta reazione

"Nemmeno un selfie posso fare, ma almeno so che questo aggeggio funziona". Rico Verhoeven ha il viso tumefatto. Metà faccia dolente e gonfia per i colpi presi nell'incontro di kickboxing. Uno di quelli ben assestati ha rischiato di fargli perdere il titolo dei pesi massimi che stava difendendo dagli assalti di Jamal Ben Saddik. "Glory: Collision 3", era l'evento della serata che vedeva di fronte i due combattenti sul ring di ad Arnhem, in Olanda. In palio c'era molto più del titolo e il campione in carica lo ha dimostrato quando, nonostante un taglio profondo sotto l'occhio sinistro, è stato costretto a fermarsi al secondo round.
L'arbitro lo ha richiamato, gli ha parlato per qualche attimo. Lui è finito all'angolo per medicarsi, mai avrebbe rinunciato. Ha chiesto allo staff di fare il possibile per rimetterlo in sesto e consentirgli di affrontare ancora la sfida. Dentro di sé ripeteva "non fa male, non fa male" mentre gli passavano un po' di pomata sulla lesione. Ok, può continuare. Arriva il via libera e si alza dallo sgabello con più foga, voglia di battersi di prima. È una furia e al quarto round manda al tappeto l'avversario. Il titolo è ancora suo.

A fine incontro Verhoeven sfoggiava un cerotto vistoso, inzuppato di sangue. Ha risposto alle domande dei giornalisti ed è stato allo scherzo quando uno dei reporter gli ha chiesto di prendere lo smartphone e provare la funzione del riconoscimento facciale. "Rico… si attiva?". "Non lo so, ma fammi provare" e prende il cellulare. Lo posizione in direzione del viso… niente. Lo avvicina un po'… niente. "No… non funziona così". Poi, lo lancia sul tavolo della conferenza quasi infastidito ma col sorriso sulle labbra. Nemmeno un selfie può fare. Sono sei i punti di sutura applicati sul viso del campione che, proprio nel corso delle interviste, ha voluto elogiare pubblicamente il medico che è stato così bravo da permettergli di continuare il combattimento.