Olimpiadi Invernali 2026

Brignone: “Dopo l’infortunio ho pensato: niente surf. Il primo giorno sugli sci è stato una tortura”

Federica Brignone, in occasione del giuramento da maresciallo dei Carabinieri, racconta a Fanpage.it i mesi del recupero post-infortunio. Tra disciplina e fragilità, la campionessa dello sci azzurro punta a Milano-Cortina 2026 vivendo il qui e ora: “Non ho avuto giorni facili, è stata una conquista”.
17 CONDIVISIONI
(foto Gastel)
(foto Gastel)
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Federica Brignone, campionessa del mondo di sci, non sta rincorrendo soltanto il cronometro: sta inseguendo la normalità, un gesto alla volta. Dopo il grave infortunio di inizio aprile, l’idea di rimettere gli sci e tornare davvero veloce è diventata una linea sottile tra prudenza e desiderio, tra lavoro quotidiano e pressione di un traguardo che questa volta ha il sapore di casa: le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026, da portabandiera. Nell’intervista a Fanpage.it, Brignone racconta il recupero senza retorica: la fatica, i dubbi, la disciplina necessaria per non bruciare le tappe e la lucidità di chi prova a restare nel qui e ora. Un dialogo che va oltre la stagione e i risultati, e mette al centro la persona prima dell’atleta.

Federica, che sapore ha oggi questa promessa fatta all’Arma dei Carabinieri, rispetto a quando sei entrata nel gruppo sportivo da giovanissima?
Per me è il continuo di un percorso. Loro hanno creduto in me quando ero una ragazzina, avevo 17 anni: è un percorso che abbiamo fatto insieme, e anche un segno di rispetto reciproco. È un ringraziamento per quello che ho fatto per lo sport e per il nostro Paese. Essere promossa così è un vero orgoglio.

Si dice che la disciplina militare e quella sportiva vadano a braccetto. C’è un valore specifico dell’essere carabiniere che ti ha aiutato concretamente nei momenti più bui di questi ultimi mesi?
Sicuramente i valori sportivi e i valori dell’Arma hanno molte cose in comune. Quello che li accomuna di più è la disciplina: il rispetto delle regole. È qualcosa che impari sia facendo la vita da militare sia con lo sport.

Federica Brignone nel giorno del giuramento con il grado di maresciallo dei Carabinieri.
Federica Brignone nel giorno del giuramento con il grado di maresciallo dei Carabinieri.

Facciamo un passo indietro a quel giorno fatidico: al di là del dolore fisico, qual è stato il primo vero pensiero quando hai capito che non era una semplice caduta?
Ho capito subito di essermi fatta male, ma così male non l’avrei mai pensato. Ci è voluto un po’ per capirlo, anche fino al giorno dopo e ancora oltre. Quando il dolore non passava, ho capito che non era una semplice frattura, non era un tibia-perone, non era forse nemmeno il ginocchio: era qualcosa di molto più lungo e più difficile. Il primo pensiero, comunque, è stato che non avrei potuto fare le vacanze che sognavo: volevo andare a surfare. Era l’unica cosa che mi interessava davvero a fine stagione.

Cosa ti sei detta quando ti hanno dato la diagnosi? E c’è stato un momento in cui ti sei sentita sola?
La diagnosi, in realtà, non me l’hanno mai detta chiaramente fino a dopo l’operazione. Il momento in cui mi sono sentita più da sola è stata forse la notte post-operatoria, ma neanche: non mi hanno mai lasciata da sola. La mia famiglia e i miei amici sono sempre stati presentissimi.

Siamo abituati a vederti come una tigre. Quanto è stato difficile accettare la vulnerabilità e dover dipendere dagli altri anche per le piccole cose quotidiane?
La dipendenza è stata una delle cose più difficili, oltre al dolore. Per me l’indipendenza è fondamentale, quindi all’inizio, quando non ero autonoma, è stato duro. È stata tosta accettare di dover chiedere aiuto. Ho avuto persone che mi hanno aiutata ogni giorno: la mia famiglia sempre presente, tanti amici. Però non poter prendere la macchina, fare le tue cose, cucinare da sola, anche solo bere un caffè o farti una doccia da sola, è stata una bella sfida.

Federica Brignone con il suo celebre casco da tigre.
Federica Brignone con il suo celebre casco da tigre.

C’è stato un momento preciso, magari una notte insonne, un pomeriggio difficile, in cui hai temuto davvero che la tua carriera fosse finita e che non saresti tornata ai tuoi livelli?
Ho avuto momenti difficili, direi quotidiani. Ho avuto giornate positive, sì, ma è stata sempre una lotta. Non ho avuto giornate facili, non ne ho vissuta neanche una da quando mi sono fatta male. Non è stato mai un regalo: è stata sofferenza e conquista. Mi dicevo sempre: “Dai, domani andrà meglio”, e ho cercato di viverla in modo positivo. Il pensiero di non essere in grado di tornare è qualcosa che mi è tornato spesso in testa, e tutt’oggi c’è ancora. Però almeno so che posso tornare a sciare anche solo per divertimento: quello lo posso fare.

Il recupero è fatto di noia e ripetizione. Qual è stata la terapia o l’esercizio che hai odiato di più e quale trucco mentale usavi per superarlo?
La terapia in sé non è stata terribile, perché ho avuto la fortuna di stare in un ambiente fantastico al J Medical, con persone che mi hanno seguita davvero ogni giorno, soprattutto Federico (Bristot, il fisioterapista che ha seguito il recupero di Federica, ndr). Però ho avuto molti problemi con alcuni esercizi, ad esempio quelli in catena aperta: il muscolo non voleva attivarsi, avevo talmente dolore che andava in blocco. È stato difficilissimo, quasi impossibile fino a poco tempo fa. Il nostro motto era: “Vabbè dai, ci riproviamo domani”. Abbiamo sempre rimandato a domani.

Ci racconti il dietro le quinte del primo giorno in cui hai rimesso gli sci ai piedi dopo l’infortunio?
Abbiamo cercato di tenere quel giorno un po’ nascosto, anche perché non era detto che sarei riuscita: magari mettevo gli scarponi e non li sopportavo. Quindi, in realtà, era una sorpresa. Avevo messo i pattini e mi era andata abbastanza bene, quindi ero positiva. Mi sono svegliata, ho fatto mobilità col fisioterapista, mezz’ora di riscaldamento, poi ho messo gli scarponi ed è andata bene. Camminare con gli scarponi è stato un disastro; mettere gli sci, infilarli, non benissimo. Però già dalla prima pista mi sono trovata bene: non avevo paura di scivolare. Avevo sci da turista, non quelli da gara, ovviamente. Scivolare mi faceva sentire a mio agio, la gamba la sentivo abbastanza bene. Poi però scivolare è un conto, provare a fare curve è un altro, sciare col mio materiale e provare a spingere è ancora un’altra cosa. È stato bello, da una parte, ma dall’altra anche una tortura: mi sono resa conto che quello che voglio fare io è completamente diverso, e spingere sugli sci mi faceva davvero male ed era davvero difficile.

Federica Brignone dopo il terribile infortunio di aprile.
Federica Brignone dopo il terribile infortunio di aprile.

Tua mamma Nina è stata una campionessa e conosce bene questo mondo: in questo frangente è stata più una madre apprensiva o una consigliera tecnica e “spietata”?
Mia mamma non è mai stata apprensiva in vita sua. Mai. Chiaramente dopo l’incidente è sotto choc anche lei, però è una persona pratica: non ti sta addosso. È super efficiente, dà una mano, è molto presente e si occupa di tantissime cose. Di recente mi ha aiutato anche a traslocare e a svuotare l’appartamento di Torino dove sono stata quasi otto mesi. È sempre disponibile, molto pratica, molto sul pezzo.

Dicono che dopo un grave infortunio si torni diversi. Tu in cosa ti senti cambiata sciisticamente? Sei più prudente, hai meno paura?
Non mi sento cambiata. Per me è stato un incidente di percorso. Al momento non ho visto grossi cambiamenti. Chiaramente non sono ancora tornata a fare la vita di prima, totalmente, quindi lo vedrò. Magari ci sarà qualcosa che cambierà nel mio atteggiamento. All’inizio non potrò essere come prima, non sarò come prima, però non mi sento cambiata come persona.

In questo periodo di stop ci sono state passioni o hobby che ti hanno “salvata”, che ti hanno tenuta occupata mentre il corpo era fermo?
Non ho riscoperto niente, nel senso che sono stata molto più impegnata a curarmi che a vivere una vita normale. Ho fatto molte meno cose di quelle che avrei voluto e ho passato quasi tutto il tempo libero a curarmi, a fare di tutto per guarire prima possibile. Mi piace lo sport, ma non è una passione che ho riscoperto: l’ho solo coltivata in modo diverso. Avendo l’opportunità di fare meno sport io, sono andata a vedere più eventi: MotoGP, Formula 1, tennis, hockey. Però, in realtà, ho coltivato molte meno passioni rispetto agli altri anni.

Federica Brignone scelta tra i portabandiera per le Olimpiadi invernali 2026.
Federica Brignone scelta tra i portabandiera per le Olimpiadi invernali 2026.

Sarai la portabandiera delle Olimpiadi di casa: quando ti hanno comunicato la notizia, dov’eri e qual è stata la prima reazione?
Mi ha chiamato il presidente Buonfiglio. Ero in macchina ed ero contentissima: tutto il percorso fatto, i sacrifici, sapevo di poter essere una delle portabandiera, di essere considerata tra i nomi possibili. Però, ovviamente, se non fossi tornata sugli sci in tempo non avrei potuto farlo. Quindi ho fatto il massimo per tornare sugli sci. Anche questo era uno dei miei sogni di carriera.

Gareggiare in casa è un sogno, ma anche una pressione enorme. Come gestirai l’aspettativa del pubblico che dopo questo recupero “miracoloso” si aspetta la favola a lieto fine?
Non ho ancora pensato a queste cose, alla pressione. Le Olimpiadi in casa sono un grande stress, ma anche un grande privilegio: non ci ho ancora pensato davvero. Io vivo abbastanza nel “qui e ora” e sto cercando di tornare. Per me sarà già un’emozione tornare a fare un tracciato, tornare ad andare veloce, e cercherò di vivermi tutte queste emozioni. Poi affronterò il problema quando sarò lì.

Se potessi tornare indietro e sussurrare una frase alla Federica che veniva caricata sull’elicottero quel giorno, cosa le diresti?
Purtroppo non si può tornare indietro, quindi non direi niente. È bello viversi le esperienze da soli e con le persone che ti stanno vicino, ma senza sapere già come andranno a finire: altrimenti ti toglieresti tutto il bello della sorpresa. Quindi non vorrei dirle niente.

Dopo il giuramento di oggi e le Olimpiadi di domani, c’è un altro giuramento o una promessa che vuoi fare a te stessa?
Non voglio farmi nessuna promessa speciale. Mi sono già promessa di essere la persona che voglio essere ogni giorno della mia vita e di cercare di migliorarmi sempre. È una promessa che ho fatto tanti anni fa. E non ho altro da promettere in questo momento.

17 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views