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Servitore del popolo su La7, Andrea Salerno: “Ci aiuta a capire Zelensky, giusto proporla adesso”

Il direttore di La7 parla della serie Tv con protagonista l’attuale presidente ucraino, in onda dal 4 aprile. Al centro dell’intervista a Fanpage.it anche la linea della rete, con i talk e programmi che dettano l’agenda: “Da Formigli a Giletti in Ucraina, la pluralità è la forza di La7”.
A cura di Andrea Parrella
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Partirà lunedì 4 aprile Servitore del popolo ("Servant of the people"), la serie Tv con protagonista l'attuale presidente ucraino Volodymyr Zelensky, al tempo ancora attore comico. Verrà proposta da La7, che nelle ultime settimane ha annunciato l'acquisizione dei diritti di tutte e tre le stagioni, portando a casa una serie televisiva che ha fatto da sottofondo al racconto del primo mese di guerra in Ucraina, accompagnando la narrativa del protagonista assoluto di una guerra che si combatte sul campo, ma anche e soprattutto in termini di propaganda. Una scelta editoriale che intercetta senza dubbio l'interesse del pubblico, di cui abbiamo chiesto al direttore di La7, Andrea Salerno.

Servant of the People (Servitore del popolo) è un caso internazionale, l'idea di acquisirla esisteva già prima del conflitto?

Conoscevamo già il prodotto, che risale al 2015, ma dopo l'invasione abbiamo notato che altri network europei la stavano trasmettendo con un buon successo, così abbiamo provato a prenderla.

Come mai una rete come La7 si interessa a un prodotto che pare fuori dal suo perimetro abituale? 

La ragione è semplice, La7 informa e approfondisce e credo che questa serie sia un pezzo di approfondimento, meritevole di raccontare un fatto unico. Anche noi in Italia abbiamo un caso similare, quello di Beppe Grillo, e per noi non è così sorprendente che un comico fondi un partito politico, ma Zelensky ci è riuscito più o meno a partire da quella serie, che si chiama come quel partito che poi gli permetterà di vincere le elezioni, facendolo diventare presidente dell'Ucraina.

Cosa aggiunge al racconto del personaggio Zelensky?

Il caso vuole che la fiction racconti proprio questo, un professore di storia che diventa popolare con un video virale e da lì arriva alla presidenza. Un cortocircuito unico che ci aiuta anche ad inquadrare il personaggio e raccontare chi sia davvero Zelensky.

La prima serata sarà costruita come un evento, con contenuti in accompagnamento ai primi tre episodi.

La serata première è introdotta da Andrea Purgatori, poi manderemo in onda un'intervista con Paolo Mieli per raccontare Zelensky e la serata si chiuderà con un documentario che racconta proprio la genesi e la storia di Zelensky politico. Il senso è far conoscere al pubblico italiano la genesi del personaggio, emerso in questa situazione così drammatica che seguiamo tutti i giorni con grande attenzione. È un pezzo del racconto.

C'è chi definisce opportunista l'operazione fatta con questa serie. Che ne pensa?

Se dovessi fare la televisione in base a quanto si dice sui social network, smetterei domattina. Penso che La7 abbia la competenza e la completezza per proporre questa serie. Credo fosse giusto farlo e non ci trovo nulla di strano.

Cosa colpisce di più di questa serie?

Io personalmente ho notato una cosa e credo per me cruciale: si vede l'Ucraina, un paese come l'Italia, dove vivevano esattamente come noi. Oggi è un paese totalmente distrutto ed è questo che mi ha colpito tanto. Un paese europeo che in due mesi è stato raso al suolo. Si parla molto del fatto che ci siano altre guerre e di come queste, essendo lontane, facciano meno impressione. In parte la verità, non bisogna nasconderci dietro l'ipocrisia, anche le altre sono guerre allucinanti, ma questo è dietro le porte di casa e l'Ucraina non era un paese in guerra con nessuno, dove si facevano serie televisive e c'erano politici, se vogliamo, populisti esattamente come i nostri. Vedere la normalità dell'Ucraina fa impressione.

Un dettaglio affatto irrilevante è che si tratta di una serie comica, lontanissima dai toni con cui abbiamo conosciuto Zelensky in queste settimane.

Da qui la decisione di proporre a Luca Bizzarri il doppiaggio del personaggio di Zelensky, volevamo qualcuno che conoscesse i meccanismi della comicità e fosse consapevole di cosa che voglia dire prestare la voce a Zelensky in questo momento storico.

Il cuore di La7 sono i talk show, mai come oggi criticati. 

Il talk show non è un genere da denigrare, ma nel nostro approfondimento non c'è solo quello. Ci sono anche gli speciali di Andrea Purgatori, un direttore di telegiornale come Enrico Mentana che da un mese fa tre ore di approfondimento pomeridiano con Fabbri e Mannocchi che credo non faccia nessuno, così come c'è il lavoro di Propaganda, quello di Piazzapulita che ci ha mostrato grandi immagini, Giletti che va straordinariamente fino a Odessa. E poi Gruber, Floris. e il day time con Merlino e Panella , l’appuntamento del week end di Onda. Davanti a una cosa così grossa, ognuno ci mette le sue qualità.

Il contraddittorio è sempre stato l'essenza del talk show, mentre con il Covid e questa guerra sembra diventato vietato. Come mai?

Il talk show è un genere televisivo che si basa sul contraddittorio, in cui non vedo nulla di male. Ci siamo abituati a una classe politica che il contraddittorio non lo fa. Abbiamo conduttori che sanno gestire perfettamente opinioni differenti e tirare una sintesi. Il problema non è discutere troppo, ma discutere poco. Il rischio opposto è abbandonarsi tutti a dire la nostra su un social network come fossimo in un grande bar. Possiamo non pensarla uguale, ma l'importante è che le posizioni in campo siano plausibili. Poi possono non piacere, ma dipende da chi le espone. Io penso che persone di livello, di cultura, in grado di aiutare alla comprensione di quello che sta accadendo, siano benvenute in un dibattito.

Da Orsini a Piazzapulita a Giletti in Ucraina, i vostri programmi stanno dettando la linea del dibattito su come si possa fare Tv in tempo di guerra. 

Io credo che la pluralità e la diversità del racconto giornalistico che offre La7 sia la sua forza. Ognuno con le sue modalità, con le sue caratteristiche, con le sue scelte, con la sua libertà editoriale che è la nostra cartina più importante. Ci proviamo in tutti i modi, con il racconto filmico quando serve, con le serie Tv come in questo caso, con i documentari. Lo abbiamo fatto in pandemia e lo continuiamo a fare adesso con una guerra alle porte di casa.

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