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Ryan Murphy avrebbe lasciato il tag LGBT alla serie Dahmer: “Le storie gay non sono sempre felici”

Il regista della serie su Jeffrey Dahmer non è d’accordo con la decisione di Netflix di rimuovere il tag LGBT: “Non mi è piaciuta quell’idea. Mi è stato detto che le persone erano sconvolte dalla serie. Ma è la storia di un uomo gay e, ancora più importante, delle sue vittime gay”.
A cura di Giulia Turco
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Netflix ha rimosso il tag LGBT dalla serie su Jeffrey Dahmer dopo le critiche arrivate da parte della comunità in difesa dei diritti di genere. Il noto serial killer prediligeva uomini di bell’aspetto come sue vittime, ma parte del pubblico non ha gradito che la serie venisse in qualche modo categorizzata, associata al mondo gay in generale. Una scelta che il regista Ryan Murphy non ha condiviso.

Il regista non è d'accordo con la scelta di rimuovere il tag LGBT

Uomini gay, giovani, belli, spesso neri. La preda perfetta per Jeffrey Dahmer che spesso otteneva l’omertà da parte delle forze dell’ordine quando gli agenti venivano tirati in causa con richieste di aiuto. La serie lo racconta in maniera brutale. “Da questo punto di vista è stata la cosa più grande che abbia mai visto, esamina davvero quanto sia facile farla franca, se possiedi tutti i privilegi dei bianchi”, ha spiegato Ryan Murphy in un’intervista rilasciata al New York Times. “Quali sono le regole adesso? Non dovremmo più fare film su un tiranno? La regola della mia carriera è stata: più sei specifico più puoi diventare universale. Inoltre non penso che tutte le storie gay debbano essere felici”. A proposito della decisione di Netflix di rimuovere il tag LGBT dalla serie ha aggiunto:

Non mi è piaciuta quell’idea. Ho chiesto perché e mi è stato detto che è stato perché le persone erano sconvolte dalla serie, si trattava di una storia sconvolgente. Ho pensato ‘Beh, sì. Ma era una storia di un uomo gay e, ancora più importante, delle sue vittime gay.

Gli sceneggiatori hanno provato a contattare le famiglie delle vittime

Altro tasto dolente è stato quello delle aspre critiche arrivate dai familiari delle vittime, che hanno lamentato di non essere state chiamate in causa nella realizzazione della serie. “Abbiamo contattato circa 20 persone tra famiglie e amici delle vittime cercando di ottenere input, cercando di parlare con loro”, ha chiarito il regista. “Non una sola persona ci ha risposto. Quindi ci siamo affidati quasi esclusivamente al nostro incredibile gruppi di ricercatori che… non so nemmeno come abbiano fatto a trovare molte di queste cose. Ma per noi è stato un lavoro a tempo pieno cercare di scoprire la verità su queste persone”.

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