
Lo scorso anno, di questi periodi, non c’era persona che non parlasse di Nobody Wants This, la serie Netflix con protagonisti Adam Brody e Kristen Bell, chissà che anche stavolta non accada la stessa cosa. Dal 23 ottobre la seconda stagione arriva in piattaforma per dare risposta ai quesiti inevasi della prima romantica tranche della storia tra il rabbino Noah e la podcaster Joanne.
Eppure, in dieci episodi, più che trovare risposte, emergono nuove e cruciali domande, ma soprattutto un finale che, seppur appagante, ha il sapore del già visto e, forse, ci saremmo meritati qualcosa di più.
Ma, andiamo per ordine. La prima stagione si era conclusa con Noah e Joanne decisi a stare insieme sebbene lei non fosse ancora pronta a convertirsi all’ebraismo. Una decisione presa sull’onda dell’emotività che, però, col passare del tempo diventa il vero e proprio elefante nella stanza. I due ci girano attorno, ma il grande problema della loro relazione è proprio lì: se Joanne non si converte Noah non potrà essere il rabbino che desidera e la libertà di scelta, per quanto inviolabile, inizia ad essere limitante. Nel 2025 sentir parlare di conversione e anche di religione è un qualcosa che sembra lontano anni luce da un mondo in cui si tende a dare valore alla materialità, piuttosto che alla spiritualità, e questo è un aspetto che serpeggia in maniera sottile nella serie, ma assume una valenza davvero significativa.

Il concetto stesso di fede, oggi, è mistificato ed è meno ampio di quanto potrebbe essere, guardare Nobody Wants This, in alcuni momenti, fa riflettere sull’importanza di avvicinarci a qualcosa in cui crediamo davvero, in cui sentiamo soddisfatta quella parte di noi che spesso non torna e sentiamo manchevole.
L’amore, però, è come sempre al centro di ogni episodio, stavolta declinato anche su altre coppie, sebbene Noah e Joanne non perdano la centralità del racconto. C’è Morgan che finalmente pensa di aver trovato la strada per felicità, per poi accorgersi che non è quel tipo di felicità che sta cercando, ma ben altro. C’è Esther a cui non basta più essere quello che è sempre stata: una madre, una moglie, sempre meno una donna e mostra i primi segnali di insofferenza, desiderando di andar via. È una stagione rivelatrice, in cui emergono non detti e dove si fanno i conti con le prospettive di vita che cambiano perché, in fondo, anche se è facile dimenticarlo, più tempo passa, più le persone si stratificano, mutano e magari ci si rende conto che quello credevano facesse al caso loro, in realtà, non è ciò che desiderano davvero.

A rendere bella una serie come Nobody Wants This era il fatto che si raccontasse un amore sano. Una chimera, o forse no, ma guardando le interazioni di Noah e Joanne saranno davvero in pochi a non riconoscersi, a non rivedere quei meccanismi che nella serie vengono sviscerati, mentre il più delle volte nella realtà rimangono silenti, bloccati dal timore di distruggere tutto, dalla paura di rimanere soli. Anche in questa seconda stagione resta la costruzione di una relazione sana il punto nevralgico del racconto, strutturato su dubbi e incertezze che fanno parte dell’umano e che determinano l’andamento di una storia d’amore. Noah e Joanne si amano, sono compatibili, stanno cercando di intrecciare i loro mondi, ma il vero intreccio che perde vigore è quello che dovrebbe vederli uniti.

Le insicurezze sulla solidità di un futuro insieme vacillano: “Tu sei una che si arrende? Per me il matrimonio è davvero per sempre, non siamo a liceo che puoi cambiare scuola quante volte vuoi per essere felice” dice Noah a Joanne che, però, prontamente risponde: “Ho passato l’adolescenza a fuggire perché non ero felice, ora che ho trovato la stabilità credi davvero che mi arrenderei così facilmente?”. Siamo figli dei traumi interiorizzati, che riemergono anche quando non si vorrebbe, che fanno tentennare, e che fanno chiedere se sia davvero quella che stiamo calpestando la strada giusta da seguire.
Noah e Joanne se lo chiedono, spesso, forse anche troppo e questo li porta a confrontarsi, a porsi domande, a guardarsi dentro, come accade quando due persone hanno davvero voglia di trascorrere il tempo insieme e di costruire. Da buon rabbino, Noah sottolinea fortemente questo aspetto, la necessità di non cedere al primo intoppo, ma di resistere, di trovare soluzioni. Il bello di questa serie, leggera, divertente, sarcastica, paradossale in alcuni momenti, che di fatto ha un andamento circolare perché finisce per ritornare su sé stessa, si racchiude proprio qui, nella fiducia che instilla nell’amore, nella voglia di esserci con e per l’altro, nella consapevole incoscienza di darsi quella chance che oggi sembra non meritare o non volere nessuno, ma non è così. “Fidati del tuo istinto” dice la madre a Morgan, quando è sul punto di lasciare il suo futuro sposo, “tu vuoi qualcuno che veda i tuoi difetti e che li accetti” continua, semplicemente qualcuno che sia lì ad accogliere e per il quale tu possa fare altrettanto.

Nessuno vuole questo, è il titolo letterale della serie, ma è evidente che si tratti di una parodia, perché sfiderei chiunque a non desiderare qualcuno con cui star bene, sentirsi al sicuro e sentirsi amati essendo meravigliosamente se stessi.