Renzo Arbore: “Pippo Baudo era la laurea della Tv. Lasciò la Rai per le critiche, lo aiutai a tornare”

La scomparsa di Pippo Baudo segna l'addio a un protagonista assoluto dell'età d'oro della Tv generalista. Il conduttore aveva 89 anni e se n'è andato dopo un lungo periodo di silenzio, molti sapevano che le sue condizioni di salute non fossero ottimali. A sentirlo, di recente, era stato Renzo Arbore, che ha dichiarato pubblicamente di averci parlato pochi giorni fa, capendo che le condizioni di Baudo non fossero delle migliori. In questa intervista a Fanpage, Arbore ricorda l'amico e collega, con cui ha partecipato alla costruzione del mezzo televisivo così come lo conosciamo.
Con Baudo un pezzo di storia se ne va, anche se la frase può apparire retorica.
Lo so, ma in questi casi la retorica avrebbe fatto piacere anche a Pippo, perché è la verità. Pippo è stato un protagonista della migliore televisione che era la televisione italiana di quegli anni, in cui lui era protagonista. Una televisione educativa, artistica, una televisione che aveva la bellezza di rimanere e di piacere a tutto il pubblico, compresi i palati più fini. D'altronde, quando ha iniziato non c'era ancora la corsa agli ascolti.
A proposito del del vostro rapporto, voi in un certo senso eravate considerati, complementari, l'idea che lui fosse un volto istituzionale e che tu invece cercassi sempre di essere in qualche modo l'alternativa. Era una percezione solo esterna?
No, la sensazione era proprio quella. Noi eravamo amici, ma facevamo un lavoro diverso e lui sapeva benissimo che io facevo prevalentemente Rai Due e quindi una televisione, diciamo, vispa, come la chiamo io. Però eravamo accomunati dalle origini provinciali tutti e due, venivamo dal fatto di aver studiato giurisprudenza entrambi, amavamo la musica tutti e due e avevamo cominciato con le canzoni. Incontrarci per noi era sempre una festa.
Sono tanti gli aneddoti che vi legano, come la famosa visita a Padre Pio…
Eh abbiamo tanti episodi che poi racconteremo quando sarà il tempo giusto, ora il lutto è troppo fresco per poter raccontare.
Quando andò via dalla Rai a fine anni Ottanta hai raccontato di essergli stato molto vicino.
Sì, al tempo gli veniva detto facesse una televisione nazionale popolare, con suo grande dispiacere. Diedi il mio piccolo contributo a farlo tornare in televisione segnalandolo, raccomandandolo a Biagio Agnes, allora direttore generale Rai, che aveva una simpatia per me. Insomma, tante cose di cui lui mi è stato molto grato.
Hai raccontato che una volta gli facesti uno scherzo telefonico di notte, chiamandolo insieme a Verdone, Troisi e Benigni e dicendogli che eri con un imitatore bravissimo di tutti e tre.
Sì, e lui in un certo senso ci cascò. Ma insomma, con con Pippo si si viveva di scherzi così.
Che sentimento si prova quando scompare una colonna come lui?
Grande tristezza. Con la scomparsa di Corrado, Tortora e Mike, Pippo era rimasto la rappresentazione della televisione Rai, era la Rai. Era imprescindibile. Massimo Troisi passava sempre da me, però per prima cosa andava da Pippo. La laurea della Tv era lui.